Homepage - Accesskey: alt+h invio
Editore: Bottega editoriale Srl
Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.

Privacy Policy

Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Direttore editoriale: Mario Saccomanno
A. XVIII, n. 199, aprile 2024
Sei in: Articolo




Civiltà letteraria (a cura di Angela Galloro)

Zoom immagine Le atmosfere fiabesche
della tradizione popolare
e della cultura contadina
portate sul palcoscenico

di Rosina Madotta
Edito da Abramo il canovaccio teatrale con Giufà come protagonista,
lo scaltro plebeo capace di innamorarsi della luna riflessa nell’acqua


Una fredda sera d’inverno, un caminetto acceso: un nonno racconta ai suoi nipotini delle storie fantastiche. Il protagonista è Giufà, personaggio nato dalla tradizione narrativa popolare e sedimentato nel corso dei secoli fino ad arrivare ai giorni nostri nei racconti degli abitanti del Mediterraneo.

E Antonello Antonante, regista e autore teatrale, ha dapprima portato Giufà sulla scena (con uno spettacolo che da più di 10 anni replica in tutta Italia e che, sebbene sembrasse destinato ad un pubblico di nicchia, ha coinvolto e interessato larghe fasce di spettatori) e poi ha pubblicato la trascrizione della rappresentazione in un libro piccolo e maneggevole, intitolato Giufà e il mare (Abramo Editore, pp. 64, € 5,00), che rientra nella collana Teatro in tasca, diretta dalla professoressa Vincenza Costantino.

La rappresentazione scenica è incentrata sulle avventure di Giufà, lo “scemo” del villaggio, lo stolto, l’ingenuo, caratterizzato, però, anche da astuzia e scaltrezza.

 

L’origine e le caratteristiche di Giufà

Si pensa che i racconti di Giufà siano arrivati ai giorni nostri attraverso la tradizione orientale araba o indiana. «Jugale è in effetti patrimonio comune di tutti i popoli che si affacciano sul Mare Nostrum – scrive l’autore in una nota a fine testo –, è un forte punto di incontro tra le religioni (cristiana, musulmana ed ebraica) che, secondo l’etnologo siciliano Pitrè, trae origine da racconti indiani. Quindi un vero “globalizzatore” culturale». Precisamente, la figura di Giufà è conosciuta, seppur con qualche tratto differente ma sempre con le stesse tematiche di sottofondo, in più regioni e con diversi appellativi: Jugale in Calabria, Giufà in Sicilia, Nasreddine in Algeria e Marocco, Giaffà in Sardegna e Gihanè a Malta. Il suo radicamento nell’oralità è stato talmente permeante che, per esempio, nel cosentino definire qualcuno con l’appellativo di Jugale equivale a dargli dello sciocco, dello stupido.

La Prefazione di Achille Greco delinea una panoramica dei contenuti del libretto e, quindi, dello spettacolo teatrale, approfondendo per il lettore-spettatore i temi e le interpretazioni possibili rintracciabili nella figura di Giufà.

Il primo personaggio a entrare in scena è, come nelle favole d’altri tempi, il cantastorie, che svela il suo desiderio di volare, di guardare il mondo dall’alto e la fatica nel percorrere a piedi le sue innumerevoli strade; egli narra le disavventure di Giufà e nello stesso tempo lo interpreta, in un duplice ruolo di narratore-protagonista. Il cantastorie lo introduce in dialetto calabrese, ma questo ambito localistico viene subito spazzato via da una dimensione multietnica e più globale nell’evocazione delle origini geografiche di questa figura popolare ma a tutti gli effetti anche teatrale.

Le diverse scene, intitolate Il racconto del minareto, Giufà e il giudice, Giufà e le stelle, Giufà e la statua di gesso, Il chiodo, rivelano i tratti caratteriali, addirittura contrastanti tra loro, di Giufà sulla scena: astuzia nel danneggiare il prepotente e l’avaro, ma anche ingenuità e leggerezza nel tentare di salvare dall’annegamento la luna riflessa in un pozzo, oppure nel seguire pedissequamente i consigli della madre quando, interpretando alla lettera il linguaggio, cucina “due ceci” di numero e all’ordine ricevuto di «tirare la porta» la scardina. Con Il racconto degli animali immaginari e Cavalli e cavalieri Giufà viene trasportato in una dimensione epico-cavalleresca che rievoca don Chisciotte e l’Orlando furioso, quasi a chiudere il cerchio e battezzare il personaggio con un’aurea di eroicità e immortalità che vive nella memoria collettiva.

 

Chiavi interpretative della messa in scena

Una chiave interpretativa di tutta la messa in scena teatrale e del personaggio di Giufà è il suo rapporto con il linguaggio. Spiccano, oltre al dialetto calabrese in primis, quello romano, pugliese, napoletano e romagnolo, in una mescolanza di suoni e lemmi diversi; le espressioni, inoltre, sono destinate a essere interpretate alla lettera, e, escludendo completamente il loro uso comune nella prassi, diventano grottesche, fonte del ridicolo: il significato figurato delle frasi non rientra nell’esperienza di Giufà e attraverso la parola, anziché nominare le cose, le crea.

Un ulteriore interessante spunto di riflessione è dato dal titolo stesso del volumetto: Giufà e il mare. Si potrebbe pensare che il mare sia da intendersi come il Mediterraneo, terra natale di questo personaggio; invece il mare nella messa in scena teatrale è rappresentato da un annaffiatoio e da qualche secchiata d’acqua che, rendendo visibile la macchina teatrale, in particolare nel preludio ad una scena dedicata alla Commedia dell’arte, denotano la volontà di sottolineare un meta-linguaggio e una meta-teatralità propri del genere “teatro nel teatro”. Inoltre, fanno parte della macchina teatrale burattini, pupazzi, giochi di luci e ombre, accorgimenti spesso artigianali come l’uso della lavagna luminosa o un pannello alle spalle dei teatranti sul quale vengono proiettate figure e immagini, costituendo un allestimento che corre parallelo ai dialoghi, alle musiche, alle azioni in scena.

 

Riscoprire la tradizione

Le vicende contenute in Giufà e il mare, sia come rappresentazione scenica o trascrizione di una sceneggiatura, sia come racconto nella memoria orale o raccolta pubblicata sotto forma di volume, sono una valida proposta per riaprire quei cassettini dell’infanzia nei quali storie come quelle di Giufà erano familiari e conosciute grazie alla trasmissione da nonno a nipote; per riscoprire una tradizione calabrese da troppo tempo trascurata, per inseguire le chimere della modernità che non valorizzano né contemplano il raccontare e fantasticare vicende di personaggi immaginari, personaggi che sono “eroi” della semplicità e dell’ingenuità.

 

Rosina Madotta

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 26, ottobre 2009)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT