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Anno III, n. 26, Ottobre 2009
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno III, n. 26, Ottobre 2009

Zoom immagine Ricordi, fotografie, sentimenti:
è possibile mettere in vendita
la propria vita? A quale prezzo?

di Elisa Calabrò
Prende spunto da una storia vera
il romanzo di Giulio Perrone editore


«Facciamo che io ero», sorta di formula magica che, da bambini, permette di trasformarsi, reinventarsi, vivere mille e una storia lontani dalla consuetudine della vita di tutti i giorni. «Facciamo che io ero»  una cantante, un pirata, un pilota, un cowboy, una principessa orientale. Oppure, semplicemente, «Facciamo che io ero» qualcun altro.

Mettere in vendita la propria vita, consegnare all’acquirente un pacchetto completo di esperienze, amicizie, ricordi, dolori e passioni e augurargli di poter vivere serenamente con la nostra esistenza mentre noi ce ne andiamo chissà dove.

Sembra lo scenario di un film in bilico tra fantascienza e introspezione psicologica. È quanto è realmente accaduto all’inizio del 2007, quando un giovane australiano ha messo in vendita su eBay la sua vita per circa seimila dollari.

La vicenda ha talmente colpito Paolo Di Paolo, giovane scrittore romano, che ha deciso di costruirci intorno un romanzo, Raccontami la notte in cui sono nato (Giulio Perrone editore, pp. 112,  10,00).

Su Internet, ormai è noto, si può trovare di tutto: vecchie cianfrusaglie e oggetti di culto introvabili, libri, Cd, videocassette, fino ad arrivare ai feticci più inimmaginabili.

Lucien, il protagonista del romanzo, è alla ricerca di un libro. Filippo, l’altro protagonista, vuole disfarsi di un libro. eBay li fa conoscere, incontrare, diventare amici. E la bizzarra notizia della vita in vendita del giovane australiano spinge Lucien a sperimentare sulla sua pelle la totale perdita dell’identità per costruirsi una nuova vita, nuova di zecca, senza alcuno strascico di quello che è stato “prima”.

 

La molteplicità dell’io

Il romanzo si legge in un paio d’ore, è una scrittura piacevole e scorrevole, quasi familiare. A tratti sembra però rincorrere un po’ di stereotipi, è forse un po’ troppo “reale” nel voler raccontare la realtà; la vicenda che ci propone sembra, nella sua assurdità, già conosciuta, potrebbe quasi capitare anche allo stesso lettore.

Di Paolo ci descrive gli ambienti in cui si muovono i protagonisti con elementi appartenenti all’immaginario collettivo in cui tutti possono riconoscersi e rappresenta una vita “media” di un giovane di provincia cronista di una testata locale, bravo, dotato, con un lavoro di certo stimolante, a cui però manca «tutto il resto». Ed è proprio per cercare quel “resto” che Lucien arriva a vendere la sua vita a Filippo, un ragazzo che, al contrario, cerca proprio quella quotidianità tranquilla al giornale di provincia per realizzare il sogno di un lavoro creativo ed abbandonare finalmente i manuali di Anatomia.

Seguire la vicenda dei due porta inevitabilmente a riflettere sul significato della vita. Porta a chiedersi: chi sono io? Di cosa è fatta la mia vita?

Non basta di certo consegnare al proprio alter ego una scatola di ricordi e un manuale di sopravvivenza nella nuova realtà per liberarsi della propria esistenza.

Eccolo questo io multiforme: è quello che faceva da bambino i giornaletti casalinghi, che non voleva uscire con gli amici – per timidezza e per paura –, che giovanissimo riesce a fare carriera, che non riesce ad esprimere i propri sentimenti, che non dedica attenzioni alla nonna.

Alcune pagine del romanzo sono una vera esortazione a riflettere su ciò che per noi è veramente imprescindibile, su ciò che davvero ha costruito nel tempo il nostro essere come siamo. Il fantasma di Magritte ammonisce infatti Lucien a elencare mentalmente i ricordi da cui sta per separarsi per consegnare la sua vita a Filippo, sono i motivi per cui – sin da bambino – il giovane giornalista si è sentito orgoglioso di essere italiano, tra i tanti: «una ricerca scolastica su Camillo Benso Conte di Cavour […], Italia 90, Notti magiche – e luglio 2006, C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, il vento nei film di Fellini, la voce di Mina e di Lucio Battisti», che prezzo ha tutto questo?

E quali sono i ricordi e le immagini da cui non riusciremmo mai a separarci?

 

Quando la letteratura è spunto di riflessione

La struttura narrativa del romanzo non è lineare, è composta di continui flashback, da un andirivieni di ricordi e fotogrammi del passato. La narrazione si intreccia, si confondono i piani e le voci.

Il risultato è forse un po’ troppo pretenzioso, l’autore si accosta ad un modo di far letteratura assolutamente non convenzionale, ma forse carica la trama di troppi elementi descrittivi presentandoci personaggi completamente caratterizzati (se pur, come detto, in maniera non convenzionale), lasciando poco spazio all’immaginazione del lettore.

Essere guidati in maniera così attenta potrebbe tuttavia rappresentare un privilegio. Senza incespicare nella narrazione, infatti, chi legge può tranquillamente abbandonarsi alla riflessione più profonda e sciogliere dubbi personali ed universali sulla realtà della vita.

 

Elisa Calabrò

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 26, ottobre 2009)

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