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Anno III, n. 20, Aprile 2009
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno III, n. 20, Aprile 2009

Zoom immagine La creazione fantasy
di John R.R. Tolkien
vista al microscopio

di Salvatore Reale
Il non detto del grande scrittore inglese
messo in luce da un saggio Rubbettino


Ci sono un luogo e un tempo in cui si incontrano personaggi misteriosi, alcuni umili e semplici, altri forti e coraggiosi, altri ancora votati allo sterminio e alla distruzione. Ci sono una Contea meravigliosa, una Terra di Mezzo, luoghi impervi e pieni di pericolo. Vi è un anello da distruggere per il bene dell’umanità e il male che tenta di impossessarsene per accrescere la sua sete di potere. Appare l’eterna lotta tra il buono e il cattivo (senza però cadere nel manicheismo) dove eroi leggendari sono pronti a sacrificare se stessi per degli ideali puri ed eterni. Tutto ciò è stata la fantasia dello scrittore John R.R. Tolkien, il quale ci ha lasciato dei capolavori letterari pari ai poemi epici di altri tempi. Ma qual è il vero significato della letteratura di Tolkien? Quale il senso profondo dei personaggi e degli eventi che affollano le sue storie? Ce lo svela Andrea Monda con un saggio dal titolo L’Anello e la croce. Significato teologico de Il Signore degli Anelli, (Rubbettino, pp. 256, € 12,00). Il libro è ricco di informazioni preziose sulla vita e le opere di Tolkien, affrontate con grande destrezza e ricchezza analitica. Partendo dal presupposto che lo scrittore inglese era dichiaratamente di religione cattolica, Monda analizza la simbologia dei personaggi del suo romanzo più famoso, alla luce di questa fede che è stata sempre una realtà concreta nella vita del grande narratore.

Tolkien uomo creativo

La prima parte del testo è dedicata alla biografia dell’autore de Il Signore degli Anelli, supportata dagli scritti e dalle corrispondenze epistolari tenute con familiari e altre persone a lui vicine. Questi attraversano tutto il saggio e divengono documenti importanti per il lettore. La passione per l’ideazione di lingue artificiali e la necessità di dar vita a dei popoli che le utilizzassero, sono alla base della creazione di luoghi e personaggi del grande romanzo definito heroic fantasy. Infatti, l’intera opera di Tolkien nasce proprio da questa esigenza: egli inventa un mondo che possa dar voce alle lingue da lui pensate sin dalla giovinezza. Egli realizza il tutto già dai primi scritti, e nelle pagine del Silmarrillion (altra opera dello scrittore, la cui stesura lo impegnò tutta la vita e fu in seguito pubblicata postuma dal figlio Christopher) assistiamo a questa creazione, che per vari aspetti ricorda la Genesi biblica, dove Ilivatur (il “dio” della Terra di Mezzo, la cui dimora è Arda) dà vita ai Valar, che potremmo accostare agli Angeli del cristianesimo. Fra questi vi è Melkor, uno dei prediletti da Ilivatur che, come Lucifero, sarà scacciato dal regno divino.

Simbologia cristiana dei personaggi

Molteplici sono dunque gli accostamenti fra l’opera di Tolkien e la religione cattolica. Nelle pagine del suo libro Monda traccia un’analisi diretta de Il Signore degli Anelli e ne scorge le similitudini fra i personaggi principali dell’opera e le figure del cristianesimo, prime fra tutte il Cristo a cui l’autore accosta rispettivamente Aragorn, Gandalf e Frodo. Il primo è la figura di Cristo in quanto Re, il secondo in quanto Profeta, il terzo quale Sacerdote, ossia colui che compie il sacrificio supremo. In un certo senso, Frodo rinuncia alla sua vita per il bene comune, incarnando il sacrificio e l’obbedienza. Si avventura nel regno nemico per sconfiggerlo e lo fa senza particolari armi, spronato dalla parola di Gandalf che lo indirizza verso la sua missione. Come Cristo, anche Frodo si fa carico della sua “croce” che porterà per tutto il tempo, tranne poco prima della fine, quando il fido Sam terrà brevemente l’Anello per lui, incarnando qui la figura del Cireneo. La differenza fondamentale tra Frodo e Cristo sta nel fatto che alla fine lo hobbit non riesce a compiere il suo mandato; proprio nel momento decisivo cede al male e trattiene a sé l’Anello. Sarà il ritorno di Gollum a far sì che la missione abbia fine e che l’Anello sia distrutto. Il tradimento di questi, infatti, è provvidenziale come quello di Giuda. Paradossalmente l’autore accosta anche la figura di Gollum a quella di Cristo, perché in fondo è proprio grazie a questa creatura che si realizza la salvezza del mondo. Tuttavia, precedentemente l’autore aveva associato Gollum a Satana citando il Vangelo di Giovanni al versetto 8, 44. Gollum/Smeagol per impossessarsi dell’Anello si macchia del crimine dell’omicidio, che condizionerà tutta la sua esistenza. Altro paragone è quello fra Aragorn e Cristo: ciò nasce dal fatto che la figura del primo è soggetta a una sorta di “segreto messianico” che lo porta per molto tempo a vivere in incognito, nascondendo di essere l’erede al trono di Gondor. Inoltre, come Cristo anche Aragorn è un re taumaturgico. Che dire di Gandalf: anche lui come il Messia guida una “compagnia” (la Compagnia dell’Anello), ed appare come un peregrino, sempre teso a scuotere le coscienze dei popoli della Terra di Mezzo, da qui anche il paragone con S. Paolo di Tarso, il più grande diffusore della fede cristiana. Il fatto che fosse il portatore dell’Anello di Fuoco, uno dei tre Anelli magici degli Elfi, permette un altro parallelo, quello cioè con lo Spirito Santo: il fuoco dell’Anello è legato all’immagine dello Spirito. Il personaggio di Gandalf può anche essere associato a quello dell’Angelo Custode poiché porta consiglio, infonde fiducia e coraggio. Infatti lo stesso Tolkien parla di lui come di una figura angelica.

Il fantastico colto nel reale

Questo testo è fondamentale per avere una chiave di lettura di tutte le opere di Tolkien, poiché coglie il legame profondo che c’è tra la vita reale dello scrittore e la sua creazione fantastica, quest’ultima infatti non è mai qualcosa di diverso (come lo stesso Tolkien afferma) rispetto al mondo concreto. Monda nel suo saggio, a proposito di ciò, scrive: «Realtà e Fantasia coincidono, e non solo perché l’artista si trova al bivio dei due mondi e partecipa ad entrambi, ma perché il mondo secondario è ad un tempo tributario e utile al primo. La fantasia attinge immagini dalla realtà che ad essa restituisce rinvigorite, più brillanti richiedendo perciò al lettore un “atto di fede nella realtà”». Il libro si chiude, inoltre, con delle riflessioni pedagogiche su come utilizzare Il Signore degli Anelli all’interno dell’insegnamento della religione cattolica.

 

Salvatore Reale

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 20, aprile 2009)

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