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Anno III, n. 20, Aprile 2009
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno III, n. 20, Aprile 2009

Zoom immagine L’emigrazione:
contraddizioni,
e risorsa unica

di Rita Bastone
Il percorso verso la speranza
di un uomo, di parecchi esuli:
un racconto di Laruffa editore


L’immigrazione è sempre un argomento attuale, in particolar modo nell’Italia contemporanea che si trova ad affrontare questa problematica in maniera più consistente rispetto al passato. Sono, infatti, recentissime le discussioni su questo tema e le misure da adottare per regolamentarla.

La convivenza non è mai facile ma forse se avessimo più memoria storica potremmo meglio capire e confrontarci con l’altro, che non è nemico, bensì fonte di ricchezza culturale e anche, se vogliamo rimanere su un piano prettamente materiale, economica.

Nel libro di Giovanni Frijio I primi veri cittadini europei (Laruffa editore, 152 pp, 12,00 €) possiamo ripercorrere e riconsiderare questo fenomeno più da vicino in quanto l’autore prende in considerazione l’emigrazione italiana, in particolare quella calabrese verso la Germania dal dopoguerra in poi, analizzandola non solo nelle sue problematiche ma anche nei suoi cambiamenti sino ad arrivare alle questioni odierne.

Il saggio-romanzo nasce dal bisogno di voler uscire dalla solitudine che accompagna l’essere umano, infatti «l’uomo è solo quando nessuno conosce la sua storia» e allora la narrazione, che si svolge in un linguaggio chiaro e discorsivo, lo sottrae da questo isolamento. Quella dell’autore non è un’autobiografia in cui predomina l’io narrante, ma piuttosto un’esperienza di vita che si intreccia con quella di altri emigranti e va ad integrarsi con la storia. Diventa quindi ricerca di cause ed effetti di un fenomeno (l’immigrazione), sostenendo che una «critica deve essere costruttiva e propositiva, provocatoria verso le cose e il sistema di cose; se non critichiamo le cose che consideriamo negative non si possono sviluppare idee tendenti al superamento». Frijio, trattando del flusso migratorio durante gli anni sessanta dal Sud verso il Nord, evidenzia il divario socioeconomico fra Italia settentrionale e meridionale, mettendo in rilievo la condizione dei contadini del Mezzogiorno, delle loro speranze deluse e delle occasioni mancate per l’assenza dello stato e non perché la popolazione del Sud abbia bisogno di “assistenzialismo”.

La mancanza di risorse spinge i cittadini a lasciare a malincuore la propria terra e i propri affetti per cercare una vita dignitosa fondata sul lavoro. Una vita migliore che non consiste nel lusso, ma nel fare lavori duri anche a basso compenso, il che è da considerarsi sempre meglio di niente o della “beneficenza” dello stato. Eh sì, questa popolazione di bisognosi e fannulloni preferiva vivere in baracche di legno anziché farsi comodamente mantenere dallo stato e dalla ricca economia del Nord, che pure ha conosciuto il suo boom sempre grazie a questi meridionali scansafatiche!

 

Dalla valigia di cartone ai primi cittadini europei

Tutto inizia da quella stazione affollata da dove parte l’uomo con la sua valigia di cartone preparata nel silenzio delle mura domestiche sotto gli sguardi sofferenti dei familiari. Da lì parte quel treno che avrebbe iniziato la sua storia, che lo avrebbe condotto in un altro luogo con l’animo rattristato ma pieno di speranza non solo di trovare lavoro ma anche di tornare un giorno nella propria patria.

E allora ecco arrivare questi uomini dagli occhi duri in terra straniera. Eccoli adattarsi ad un nuovo stile di vita. L’uomo meridionale degli anni ’50 che si adatta a lavare e stirare, che si trova in un posto dove le donne hanno un’altra mentalità. Ma di certo gli emigrati non dimenticano la cultura di appartenenza, anzi vanno ad arricchire tanto lo stato straniero quanto la loro stessa terra, poiché fanno conoscere l’Italia all’estero, favorendo l’esportazione dei prodotti ed il turismo, nonché diventando forza e parte integrante dell’economia del paese in cui vivono grazie al lavoro che svolgono, alle tasse che pagano e ai soldi che spendono.

Man mano che la loro presenza aumenta nascono le prime comunità italiane che mantengono vive le tradizioni del proprio luogo di origine. Così pure iniziano ad organizzarsi in associazioni e partiti, per far fronte alle problematiche inerenti ai diritti degli immigrati. «Insomma si creano delle vere e proprie comunità in diversi paesi europei, ed anche oltre oceano, creando ovunque una piccola Italia, un villaggio globale, la globalizzazione è stata inventata e vissuta dal popolo migrante». Con gli anni si perviene ad una buona integrazione di queste comunità con quelle locali, per cui la promozione del paese d’origine e lo scambio socioculturale con quello ospitante fanno sì che essi siano i «primi veri cittadini europei».

Il romanzo è arricchito di particolari non solo della vita vissuta da questa gente, dal loro lavoro e dai loro svaghi, così pure di storie d’amore e non, ma anche di eventi storici del tempo vissuti in prima persona.

L’Italia ha quindi attraversato un periodo di forte emigrazione che ha investito anche le regioni del Nord. Con il passare del tempo è diventata paese di accoglienza di popolazioni di etnie diverse e questo fenomeno è divenuto così consistente da porre una serie di quesiti e di rispettive soluzioni non solo sul piano sociale e demografico ma anche su quello politico.

Leggendo il libro si ripercorrono i vari passaggi d’integrazione in terra straniera degli italiani, il che è stato fondamentale per migliorare non solo la qualità di vita a livello economico e nella tutela dei diritti, ma soprattutto a livello sociale.

Oggi fenomeni quali globalizzazione, crisi e guerre hanno incentivato un tipo di emigrazione molto eterogenea.

In Italia si è registrato un numero crescente di immigrati che, analogamente a quanto avvenuto negli altri paesi, racchiude un potenziale da riconoscere attraverso la garanzia di diritti sociali, civili e politici, facendoli sentire italiani e lasciando loro la piena libertà di mantenere la cultura di appartenenza integrata alla nostra, distinguendo chi agisce nel lecito da chi agisce nell’illecito e astenendosi da una propaganda che ci porti ad associare la parola immigrato a criminale.

Giustamente Frijio sostiene che è necessario uscire da valori stereotipati, riconoscendo alla diversità la sua dignità per far sì che i cambiamenti che avvengono diventino un’opportunità.

 

Rita Bastone

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 20, aprile 2009)

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