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Anno III, n° 19, Marzo 2009
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno III, n° 19, Marzo 2009

Zoom immagine L’arte come rivelazione cosciente
uno scenario di musica e poesia,
la sua intima seducente realtà…

di Salvatore Reale
Il libro pubblicato dalla Csa editrice:
suoni e parole che esplorano l’anima


Spesso la poesia si unisce alla musica per divenire chiave di lettura della vita; chi scrive è il poeta o il musicista, oppure l’uno e l’altro insieme, quando in un momento della propria esistenza volge lo sguardo indietro verso il tempo vissuto, in quel luogo virtuale dei ricordi, delle sensazioni, degli odori, dei sapori, delle visioni che, nel gesto creativo, divengono percepibili, interpretabili.

Da tutto ciò possono nascere dei componimenti con una multiforme essenza di contenuti contrapposti e ricchi di quella vitalità estrema, che solamente un artista puro può rendere presente agli altri, servendosi di espressioni verbali, di musica, di colori o di queste tre cose messe insieme.

Tutto ciò è la raccolta di poesie di Francesco De Siena dal titolo Il crepuscolo sul piano (Csa editrice, pp. 96, € 10,00). Un libro in cui l’immagine del suono e il suono dell’immagine sono mediate dalle parole che, nel verso, divengono una convergenza di sensi in cui si ritrovano rivelazioni che non potrebbero apparirci se non in un processo sinestetico, in cui ciò che è poco identificabile si rende presente in relazione al percepirsi temporale di un evento acustico simile a quello dello shofar che radunava il popolo d’Israele alla presenza del Dio invisibile.

La parola è dunque suono, il suono è parola ed entrambi sono immagini, nelle quali appaiono realtà spazio-temporali che possono essere esplorate solo attraverso l’arte incorruttibile della poesia; questa, nelle mani dell’autore, è un insight, una intuizione profonda, in cui l’invisibile si rende visibile e il non più vissuto si rende nuovamente presente.

 

Il significato delle cose nel tempo della vita                           

Quello che si ode nel processo temporale, in cui ci immergono i versi di De Siena, si concretizza e diviene stabile; l’apparente irrazionalità di un ermetismo a volte estremo si consolida in orizzonti limpidi e chiari. Ciò avviene solo se ci si lascia trasportare, nella lettura, come quando si ascolta la melodia di un pianoforte, a volte dolce, a volte aspra, a volte monotona, a volte impercettibilmente oscura e ostile.

In questa poesia gli oggetti divengono altro e l’altro diviene oggetto, come quando «un naufragio di luce / rapisce all’orizzonte i profili delle barche / Piccole agonie. // Punteggiature di un rapimento ininterrotto»; in questa prospettiva, in cui le cose divengono sensazioni e i sentimenti appaiono come entità palpabili, l’autore vorrebbe che anche la poesia fosse così, fatta di «parole concrete e dure / lettere dritte e vocali di granito / immagini salde ed essenziali / piene di rigore interno», ma poi «La distanza tra l’innocenza melodica / e le torsioni irrisolte / Delle correnti sotterranee svela / l’orrido / Il grottesco dell’esistenza / Grido estremo / di un pessimismo senza speranza / Musica malata / Mostruoso frammento / chiuso nei limiti dell’essere irrisolto»; tutto ciò si esplica nello svolgersi del tempo della vita, marcata dagli eventi più significativi.

La percezione temporale viene alterata, in tal modo il prima si identifica nel dopo; ne è un esempio il prologo che annuncia la nascita dei versi in un momento in cui ci si volge indietro dal «balcone degli anni», in tutto ciò il pianoforte è lo strumento attraverso il quale si esplora il mondo terreno ed è la lente di ingrandimento attraverso la quale si osserva la propria realtà interiore.

 

Il suono multiforme degli eventi

Gli episodi della vita appaiono come l’alternarsi di consonanze e dissonanze, che si tramutano in una «inondazione luminosa» e in «spazi aperti». Appaiono «cadenze impreviste» come gli impulsi incontenibili dell’amore. La musica riempie ogni istante, ogni respiro è accompagnato da melodie a volte vibranti e sonore, a volte contrappuntistiche, così come lo è stata la pioggia che ha accompagnato un temporale quando «I lampi / accesero la volta del cielo / Il suono del piano si nascose / nel contrappunto delle prime gocce di pioggia / La sferza del vento schiaffeggiava / i vetri delle imposte / con spruzzi rabbiosi d’acqua / Nelle pozzanghere apparvero / le spoglie / Inanimate / di Aurore e dei figli».

Il libro è percorso da un’esistenza con le varie stagioni che si susseguono e portano in sé immagini di luoghi, anche interiori. Nella primavera della giovinezza vi è la freschezza di spazi fisici con odori e sapori che aspettano di sprigionare tutta la potenzialità insita in essi; le sensazioni dell’infanzia si percepiscono in un tutto pronto ad esplodere nell’adolescenza, così come lo stesso suono è percepito nella propria unicità, pur essendo costituito da una molteplicità di armonici. Tutte le sensazioni giovanili appaiono nella piacevole dolcezza dei paesaggi e nell’aspro sentore dei sensi: «Le foglie degli eucalipti / Piccole cosmogonie / Brulicanti / di armonioso desiderio di vento / Nell’ombra. // Al riparo delle correnti marine / Cuscini di fresco / Si gonfiano / Morbidi / Protettivi / Il ruggito delle onde / Invade / le spade di luce / e di silenzio […] Morbido e fresco affondare / nelle carni inviolate / Tenebre sul limite del sogno / Qualcosa restava impigliato nell’indeciso rimestare / Il cuore sordo / ed i sensi / Incapaci di desideri / storditi dalle voglie / Oltre la pelle tremula / e il dolore stordito / Avvinti / sul letto di umori stantii / orbite vuote attraggono verso il nulla».

 

La follia e lo stile

Nel prosieguo della lettura si tocca il senso della follia attraverso versi che esplorano immagini macabre, quasi a sottolineare la crudezza dell’esistenza, illuminata o forse adombrata dalla follia stessa dell’amore per la propria amata, compagna desiderata in modo ossessivo, in una stagione oscura in cui la notte fa da padrona e dove il pianoforte si identifica a volte con l’oggetto delle proprie effusioni amorose. Vengono toccati i tasti neri del piano che provocano sensazioni sobbalzanti di gesti inconsueti e di armonie complesse, tutto ciò si esplica come quando «un gemito / di compiaciuto dolore / fugge nella cordiera / serpeggia lucente sul metallo / risucchiata dalle sonorità ctonie […] la musica acutissima di fruscii e sibili / ferisce i timpani / invade ogni angolo del cervello / vola intorno nero sul nero / si sentono miriadi di ultrasuoni galleggiare / sull’acqua che invade la stanza / vorticano pipistrelli / la moltiplicazione della follia».

Si apre poi una fase riflessiva, di maggiore calma e di acquisita saggezza, che permette di vedere le cose che sono con più naturalezza, come attraverso gli occhi di un compositore che, immerso nell’atto creativo, va oltre la pagina scritta; tutto si rende più concreto, visibile, come una sorta di noumeno, come l’antitesi di una consistenza ultima di sentimenti contrapposti, che trovano il loro annullamento e la loro completezza in una esplorazione spaziale della realtà. Quest'ultima viene letta dall’autore attraverso una metafora dove il pianoforte diviene entità vivente, interprete di un mondo che ne descrive i tratti significativi, ciò accade quando «Nella pioggia / rigato / dalla ragnatela circospetta / di mille / teste d’acqua. / Gronda / Bösendorfer / di lacrime serene / Spettinata la coda / Sorride bianca la tastiera / nel fioco bagliore / della luce / plumbea / Riflesso / nelle pozzanghere / trapunte di spirali / Si sdoppia / nelle bolle verdi / nomadi di mondi / paralleli».

La raccolta termina con il fine ultimo dell’esistere, dove il non più visibile viene percepito come una possibilità di ritorno all’esistenza: «Quando tornerai / troverai tutto il tuo mare / luminoso ed amico / Io ti aspetterò sotto gli eucalipti / seduto / nell’ombra fresca». Viene fatta rivivere, nei versi, l’esperienza della notte più oscura rinfrancata dalla presenza del divino: «Ho sentito / quel mattino / un’ombra / Ho sentito / l’ala protettiva / di Dio». Anche qui la musica è la chiave di lettura di quest’ultima, forte, realtà: «La piccola musica / muta / riposa con te / legata / all’affetto che è stato / all’illusione che ancora / mi tiene / aggrappato a questa / vita».

Lo stile poetico, che emerge da questa raccolta di poesie, è fatto di versi brevi, anche di una sola parola; alcune composizioni appaiono come veri e propri aforismi in cui, come spesso accade, nell’essenzialità è racchiusa una saggezza infinita. I versi si presentano liberi da tecnicismi e da regole rigide, ma vi è in essi una musicalità estrema, misurata, percepibile in ogni strofa, in cui la ricerca del suono stesso della parola è pari al rigore che un compositore utilizza per la sua opera migliore.

 

Salvatore Reale

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 19, marzo 2009)

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