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Anno III, n° 17 - Gennaio 2009
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno III, n° 17 - Gennaio 2009

Zoom immagine Le due motivazioni
della forza attuale
della ’Ndrangheta

di Mariangela Monaco
Un volume di Baldini Castoldi Dalai
mette in evidenza i suoi vari aspetti


La ’Ndrangheta ha da pochi anni, e in particolare dopo gli eclatanti episodi dell’omicidio di Francesco Fortugno, vicepresidente della Regione Calabria, e della strage di Duisburg in Germania, conosciuto un’attenzione mediatica senza precedenti. A ciò è seguita anche un’ampia attività saggistica, con la pubblicazione di numerosi lavori, redatti da esperti conoscitori del fenomeno, quali Arcangelo Badolati, Enzo Ciconte o Nicola Gratteri, che hanno permesso alla pubblica opinione di avere una conoscenza più approfondita di una criminalità poco nota, ma fortemente radicata nel tessuto socioeconomico calabrese in primis, con ramificazioni in tutta Italia e anche all’estero. Tra questi lavori rientra certamente la Relazione della Commissione parlamentare Antimafia, data alle stampe da Baldini Castoldi Dalai con il titolo ’Ndrangheta. Boss luoghi e affari della mafia più potente al mondo, di Francesco Forgione, presidente della medesima commissione nella scorsa legislatura (pp. 320, € 17,50).

 

La struttura familiare quale elemento fondamentale

Dal saggio emerge come la forza della ’Ndrangheta si basi essenzialmente su due fattori: il primo, e più importante, è la valorizzazione criminale dei legami familiari, mentre il secondo è la sua diffusione a livello internazionale. Non esiste una struttura verticistica come nel caso di Cosa nostra, non esiste una commissione: la ’Ndrangheta è organizzata per famiglie (’ndrine), e ogni famiglia ha il suo territorio (locale) che controlla completamente. Questo significa, prima di tutto, che non è concepibile una lotta per il potere all’interno dell’organizzazione (come è accaduto per la mafia siciliana con i corleonesi), in quanto non c’è un capo assoluto. Naturalmente, possono insorgere scontri (faide) tra famiglie: che non sono molto frequenti, in realtà, ma quando si verificano sono fortemente cruenti (inutile citare il caso di San Luca); anche perché la ’Ndrangheta affonda le sue radici nell’arcano, inteso pure in senso antropologico. Ci sono difatti veri e propri riti di iniziazione (i famosi santini, per esempio; un santino mezzo bruciato è stato trovato anche sul luogo della strage di Duisburg) e, più in generale, tutta una ritualità che contraddistingue l’affiliato (di solito, l’affiliazione coincide con la maggiore età). La mancanza di un vertice non evita, ovviamente, che possano esserci famiglie più potenti di altre, e ciò dipende sostanzialmente dallo sfruttamento intensivo delle opportunità presenti nel territorio controllato. La cosca Piromalli, ritornata sotto i riflettori mediatici di recente, perché connessa all’arresto del sindaco di Rosarno e dell’ex-sindaco di Gioia Tauro, proprio sulla Piana gioiese esercita il suo controllo assoluto, compreso il porto della cittadina reggina (vera e propria miniera d’oro, come vedremo). C’è poi un altro modo per aumentare il proprio potere, che in molti territori arriva al diretto controllo delle elezioni comunali, e quindi in piena collisione con la vita politica locale, al punto che la Calabria conta lo scioglimento per mafia di ben 38 amministrazioni comunali (di cui 23 nella provincia di Reggio Calabria) dopo l’approvazione della legge apposita, agli inizi degli anni Novanta. Si ricordino anche i casi di Melito di Porto Salvo, Lamezia Terme, Roccaforte del Greco e, recentissimo, quello di Gioia Tauro, le cui amministrazioni sono state sciolte per ben due volte nel giro di alcuni anni. Il secondo modo cui accennavamo è quello dei matrimoni (combinati o meno): quando la figlia di un boss di una locale si sposa con il figlio di un boss di altra locale (o viceversa, o nozze tra altri componenti dei due nuclei), la cosca si “unisce”. Nella famiglia, inoltre, un forte ruolo lo hanno le donne, le quali, soprattutto nei periodi di latitanza o di arresto dei mariti, hanno il compito fondamentale di trasmettere ai figli la cultura mafiosa. Tale struttura rende assolutamente poco “permeabile” la ’Ndrangheta sotto il punto di vista dei collaboratori di giustizia o dei pentiti (che tanto male hanno fatto alla mafia e alla camorra): intanto, è molto difficile che un boss o un affiliato si pentano, perché significherebbe puntare il dito contro propri familiari (il padre, il nipote o lo zio che si voglia). Non è un caso che solo il 12% dei collaboratori siano appartenenti alla ’Ndrangheta, mentre i restanti sono membri delle altre organizzazioni. E se si pente, le sue confessioni potranno servire a colpire la sua cosca di appartenenza, difficilmente le altre. Certamente è inimmaginabile la possibilità di colpire in profondità la ’Ndrangheta come capitato per Cosa nostra, Sacra corona unita ecc. Questo perché, in un certo senso, non esiste una ’Ndrangheta, ma tante ’Ndranghete, collegate tra loro.

 

Una «mafia liquida» nonché una holding criminale

Il secondo elemento di forza, come detto, è l’ampia diffusione a livello non solo nazionale (oltre alla Calabria, è particolarmente forte in Lombardia, Emilia e zona di Torino), ma mondiale: America Latina, Australia, Canada, Germania, Stati Uniti. Sotto questo punto di vista, Forgione parla, a ragione, di una «mafia liquida». L’esempio più eclatante è il traffico di stupefacenti, attività in cui la ’Ndrangheta ha assunto grande rilievo sul piano internazionale, specie per la cocaina proveniente dal Sud America. Ci sono diretti contatti tra i narcotrafficanti colombiani e alcuni boss (reggini in particolare), e la droga arriva in Italia – ove i gruppi calabresi hanno il controllo assoluto – tramite, in particolare, il porto di Gioia Tauro. Stupisce che si intercettino telefonate intercontinentali Calabria-Sud America in cui gli interlocutori parlano in dialetto. La supremazia raggiunta dalla ’Ndrangheta in questa attività (fino a qualche lustro fa controllata dalla mafia) si spiega in primis per il fatto che i cartelli sudamericani si fidano maggiormente di essa, vista la sua struttura e specialmente la sua “impermeabilità”. La ’Ndrangheta è una vera e propria holding criminale, presente in tutte le attività in cui è possibile guadagnare. Due casi emblematici sono rappresentati dal porto di Gioia Tauro, diventato il maggior porto mediterraneo per presenza di container, dove le imprese, per poter poggiar i container, debbono pagare l’apposita tangente alla cosca Piromalli, e dall’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Praticamente le varie cosche si sono divise l’A3 in tratte, ed in ciascuna hanno il controllo degli appalti (aggiudicati da imprese a loro gradite). Nel corso di questi anni sono stati bloccati alcuni cantieri per collusioni mafiose della ditta aggiudicatrice. Questo ha portato ad un ritardo nei lavori, senza contare che gli stessi boss hanno tutto l’interesse economico che i cantieri rimangano aperti il più a lungo possibile. Risultato: code chilometriche e lavori in corso da oltre dieci anni (con tratte dove sono iniziati da poche settimane), quando negli anni Sessanta l’intera autostrada fu realizzata in poco meno di dieci anni (un periodo, tutto sommato, ottimo, rapportato al tempo e all’impervio territorio, specie lucano e calabrese, su cui costruire). Menzione a parte merita la Sanità, dove le mani della ’Ndrangheta sono presenti in profondità: l’ospedale di Locri, ma anche quelli di Siderno e Vibo Valentia, ne sono un drammatico esempio. A tutto ciò, naturalmente, si uniscono le “classiche” attività criminali di estorsione, usura, frode, che contribuiscono a delineare un panorama definibile senza ombra di dubbio come di emergenza sociale. Del resto, anche la presenza radicata della ’Ndrangheta è stato uno dei fattori (non l’unico, ma certamente importante) che ha impedito un reale sviluppo della Calabria, vista la sua capacità, oltre che naturalmente volontà, di infiltrasi ovunque; al punto da servirsi, per un periodo negli anni Settanta, addirittura della massoneria per potere giungere a controllare i livelli più alti del potere politico ed economico, riprendendosi poi tutta la sua autonomia una volta consolidata la sua longa manus. In conclusione, il saggio di Forgione offre un lucido spaccato delle origini, delle caratteristiche e soprattutto della drammatica forza attuale di questa organizzazione criminale.

 

Luigi Grisolia

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno III, n. 17. gennaio 2009)

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