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Anno I, n° 1 - Settembre 2007
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno I, n° 1 - Settembre 2007

Zoom immagine La critica alla concorrenza
perfetta da parte di Salin:
non descrive tutta la realtà,
blocca l’accesso al mercato

di Alessandra Morelli
Come alternativa, propone quella libera.
In un saggio pubblicato da Rubbettino


La concorrenza è presente in molti ambiti della vita quotidiana e in modalità differenti. È un concetto fondamentale se ci riferiamo, ad esempio, alla teoria economica in quanto il funzionamento e l’andamento dei mercati è differente a seconda che ci sia o meno concorrenza. La teoria che i manuali analizzano maggiormente è quella della concorrenza pura e perfetta (o anche atomistica), considerata come condizione ottimale per lo sviluppo del mercato, a differenza da monopolio e oligopolio.

Pascal Salin – uno fra i maggiori economisti del nostro tempo nonché docente all'Università Paris-Dauphine – nel suo saggio La concorrenza (Prefazione di Vittorio Mathieu, Rubbettino pp. 134, 10,00) afferma che bisogna invece studiare e “diffondere” una diversa visione: quella della libera concorrenza, che permette di entrare liberamente nel mercato e che, secondo lo studioso, è capace di spiegare la realtà fino in fondo. Il saggio mira quindi a contestare la visione propinata dalla teoria tradizionale.

 

La concorrenza perfetta

Nella prima parte del testo l’autore fa un excursus sulla teoria classica della concorrenza e del monopolio per addentrarsi poi, nella seconda parte, nell’analisi delle caratteristiche della libera concorrenza e della sua personale visione e idea dei mercati in una prospettiva più dinamica.

La teoria atomistica è caratterizzata dall’esistenza di un gran numero di produttori e consumatori, ognuno dei quali può essere considerato un “atomo” di quel grande insieme che costituisce il mercato.

Le condizioni per la realizzazione di una situazione di concorrenza sono un’informazione perfetta, un prodotto divisibile e omogeneo e, come già detto, un gran numero di acquirenti e venditori, ognuno dei quali (dobbiamo sottolineare) è di importanza trascurabile rispetto all'insieme del mercato di un bene. Difatti ogni partecipante al mercato è intercambiabile e non ha un peso sufficientemente influente per modificarne l’andamento.

Quindi la concorrenza atomistica può concepirsi solo per un mercato perfetto in cui l’informazione è perfetta e assicura l’unicità di prezzo per beni considerati perfettamente sostituibili tra di loro; infatti il prezzo è dato dal mercato e né il consumatore né il produttore possono influenzarlo.

Nella teoria tradizionale all’interno del mercato di un bene si arriva ad una situazione di equilibrio quando si raggiungono la quantità e il prezzo (del bene) che soddisfino contemporaneamente sia i consumatori che i produttori. Ma qualora nuove imprese (identiche a quelle già presenti in quanto, ricordiamo, siamo in una situazione di concorrenza pura e perfetta) fossero attirate ad entrare sul mercato, il profitto diventerebbe nullo poiché ciò farebbe aumentare il prezzo del bene e diminuire la curva di offerta, rendendo il prezzo di vendita uguale al costo di produzione medio di tutte le imprese e il profitto sarebbe, quindi, pari a zero.

Si potrà invece parlare di ottimo sociale quando per un certo stato della società (delle capacità, delle risorse, ecc.) l’equilibrio sarà realizzato su tutti i mercati. In base a quanto spiegato della teoria tradizionale si può dire che questa si è trasformata da teoria positiva a teoria normativa, difatti l’equilibrio economico generale e l’ottimo sono diventati la norma rispetto alla quale dovrebbe essere giudicato il funzionamento di un’economia.

Si può quindi concludere affermando che, nella teoria di concorrenza pura e perfetta, la libertà di entrare sul mercato è utile solo nella misura in cui permette la presenza di un gran numero di partecipanti i quali non hanno alcun potere gli uni sugli altri.

 

Monopolio e oligopolio.

Diversa è invece una situazione di monopolio e oligopolio.

La prima prevede che sul mercato esista un solo produttore che conosca perfettamente la curva di domanda globale e quindi anche quella a lui indirizzata. Ovviamente ciò gli dà un particolare potere infatti egli, una volta ottenuto il profitto, lo conserva in quanto rarefà l’approvvigionamento del mercato.

La seconda implica la presenza di un piccolo numero di produttori i quali per ottenere un profitto simile a quello del monopolista devono evitare di farsi concorrenza gli uni con gli altri. Realizzano quindi un accordo tra di loro in base al quale rarefanno l’offerta e si ripartiscono il profitto. Nasce così il cartello. Ci sarà però bisogno di porre un controllo affinché vengano rispettate le decisioni prese precedentemente in comune.

 

Le critiche alla teoria atomistica e figura dell'imprenditore

Salin afferma che la teoria tradizionale è formalmente corretta ma la critica poiché non può effettivamente far comprendere il mondo reale; e quindi è contestabile che se ne voglia fare una teoria normativa.

L’ipotesi di un gran numero di produttori e di un’informazione perfetta che dà vita ad una sola combinazione per produrre un bene omogeneo, è irrealistica; inoltre in questo modello si svilisce il ruolo dell’imprenditore, il quale applica meccanicamente “le regole del gioco”, senza che le sue decisioni possano avere un ruolo determinante: difatti, come abbiamo già visto, il tasso di profitto in equilibrio è nullo.

Nel caso del monopolista possiamo parlare di extra-profitto poiché deriva dallo sfruttamento degli acquirenti: si ha ovvero rispetto alla norma di profitto nullo. La teoria della concorrenza pura e perfetta e quella del monopolio sono costruite senza la presenza dell’imprenditore, colui che rischia sul mercato cercando di vincere le incertezze. Questa per Salin è una figura essenziale soprattutto in questo particolare ambito dell’economia.

Egli dice infatti che: «Il vero imprenditore è totalmente differente dal preteso imprenditore della teoria atomistica della concorrenza: egli agisce in un universo incerto – il che vuole esattamente dire che l'informazione non è perfetta – innova, sopporta rischi. La sua remunerazione è residuale, vale a dire che è uguale alla differenza tra, da una parte, i ricavi e, dall’altra l’insieme delle somme che ha promesso in maniera certa per contratto (ai salariati, ai fornitori, ai prestatori, ai locatori di terre e beni immobili). Quando decide di entrare sul mercato, è con una certa funzione di rischio e una certa funzione di rischio anticipato[...] Un imprenditore è innanzitutto qualcuno che osserva il mercato, tenta di conoscere la domanda e i bisogni. Nel momento in cui ha individuato una possibilità di sbocchi, si trova dunque in una situazione di relativa informazione dal punto di vista del mercato e di relativa ignoranza dal punto di vista delle tecniche da utilizzare per soddisfare il mercato. Il suo lavoro in seguito nel ricercare queste tecniche».

Quando qualcuno non entra in un’attività in cui ci sarebbe una possibilità di extra-profitto le due motivazioni principali sono o che non considera che ci sia un extra-profitto dal suo punto di vista o che gli è impedito di entrare su questo mercato; ciò che determina il profitto o l’extra-profitto è la possibilità di entrare sul mercato, quindi la libera concorrenza (la chiameremo così per opposizione a quella della concorrenza atomistica o pura e perfetta) è proprio da intendersi come quella situazione nella quale esiste libertà di entrare sul mercato ovvero libertà di intraprendere.

Paradossalmente il grande merito della libera concorrenza è che conduce a situazioni di monopolio, vale a dire di un unico produttore. Ciò è molto coerente con la teoria realista dell'imprenditore, poiché quest’ultimo cerca di innovare e di ricavare un profitto. Ovviamente dovrà proporre prima degli altri un bene nuovo e/o a costi più bassi perché quando c'è libero accesso al mercato altri imprenditori saranno incentivati a fare concorrenza a quelli già attivi ma cercando di far meglio di loro.

Ma nel momento in cui un imprenditore inizia la produzione di un nuovo prodotto deve correre dei rischi (potrebbe perdere il capitale iniziale e sprecare il suo tempo per niente) ma agisce per ottenere un profitto soddisfacente per sé; proprio questo profitto potenziale di monopolio, che è poi un profitto di innovazione, lo induce ad agire ed è il motore dell'azione come anche il fattore del progresso economico.

Ciò però è possibile solo in una situazione di libera concorrenza in quanto la teoria tradizionale atomistica con le sue ipotesi rigide e statiche di omogeneità dei prodotti e di molteplicità dei produttori è incapace di render conto della vita economica reale.

In conclusione Salin propone una prospettiva della concorrenza che sia dinamica grazie ad un mercato aperto a tutti senza impedimenti reali che possano porre delle resistenze. Vede quindi nella concorrenza un processo di scoperta che abbia come protagonista l’imprenditore e che possa spingere alla realizzazione di una graduale differenziazione dei beni messi sul mercato nonché creando innovazione e progresso economico.

 

Alessandra Morelli

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 1, settembre 2007)

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