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Anno II, n° 16 - Dicembre 2008
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno II, n° 16 - Dicembre 2008

Zoom immagine Marx inedito
in un manifesto
al femminile

di Letizia Bognanni
Dalla Rubbettino editore
una bella storia di donne
tra amore, vita e politica


Dietro un grande uomo, come dice un vecchio motto, c’è sempre una grande donna. Ogni tanto i luoghi comuni sono attendibili e, mentre il mondo si domanda chi, tra Michelle Obama e Sarah Palin, sarà così tanto grande da spingere un uomo fino alla Casa Bianca, Mario Pancera torna alle radici del pensiero politico della nostra epoca, per indagare il rapporto delle donne con uno dei più grandi pensatori della storia. Le donne di Marx (Rubbettino, pp. 110, € 10,00) è il racconto di un uomo e della sua famiglia, una biografia di ampio respiro che, indagando gli aspetti più privati della vicenda di Karl Heinrich Marx, getta una nuova luce anche sulla sua opera e sul suo pensiero. Sono tutte figure imponenti, decise, spesso tragiche, quelle che vengono raccontate in queste pagine, eroine di un momento storico difficile, che senza sforzo avrebbero potuto ispirare grandi romanzi naturalisti. Se Pancera fosse stato un romanziere e non un giornalista, questo libro sarebbe potuto diventare un affresco familiare degno di Balzac. Ci sono la miseria, la nobiltà che decade materialmente ma non nello spirito, la malattia, la morte, la prigionia, e legami familiari forti, difficili, appassionati.

Madri, mogli, figlie: donne
Il primo vincolo sentimentale è, naturalmente, quello con la madre Henrietta Pressburg. Una donna concreta, sbrigativa, severa che, scrive Pancera, «non sembra capire a fondo il valore del figlio», e si preoccupa più della sua poca dimestichezza con gli aspetti materiali dell’esistenza che della sua mente brillante. Non per questo il suo amore per il figlio sarà tiepido. Henrietta forse non lo capirà fino in fondo, ma lo amerà, così come farà Jenny von Westphalen, la bella baronessina, di quattro anni più grande di lui, con cui Marx si fidanzerà in segreto a diciassette anni e che infine sposerà nel 1843, a venticinque anni. Un amore ricambiato e che durerà per tutta la vita, ma che sarà costellato di dolori e sventure, a partire dalla precoce scomparsa dei tre figli maschi, uno morto a pochi giorni dalla nascita e gli altri due a uno e otto anni. Anche Jenny lotterà per gran parte della vita contro la malattia, battaglia resa ancora più dura dalle pessime condizioni economiche in cui versa la famiglia Marx e dalle continue fughe attraverso l’Europa per sfuggire alle persecuzioni politiche. Contrariamente a Henrietta, Jenny comprende e appoggia lo spirito rivoluzionario del marito, e dimostra di essere più di una madre coraggiosa e una sposa devota: è anche una donna fiera, quasi una femminista ante litteram, che si lamenta del ruolo di angelo del focolare, a suo dire, causa dell’indebolimento della vitalità delle donne. L’intero movimento socialista dell’epoca si renderà conto della sua grandezza, compreso Engels, il quale, il 5 dicembre del 1881, giorno del suo funerale, la definirà: «Una donna dal cuore nobile e un’intelligenza chiara e lucida». Era naturale aspettarsi che le figlie avrebbero ereditato la brillante intelligenza e lo spirito combattivo di Jenny, e infatti così fu. Delle quattro figlie, solo tre superarono la prima infanzia. La prima, Jennychen, nacque il primo maggio, data che soltanto dopo la sua morte diventerà la festa simbolo dei lavoratori e delle conquiste della sinistra. Sveglia e attraente, la primogenita di casa Marx abbandonerà il sogno di diventare attrice per dedicarsi all’insegnamento e alla politica, quest’ultima soprattutto per l’influenza del marito Charles Longuet, un giornalista troppo preso dal proprio lavoro, al punto da non accorgersi delle gravissime condizioni in cui versa Jennychen che, malata di cancro, è spesso costretta a letto, ma riesce comunque a dare alla luce una figlia appena quattro mesi prima di morire. Non meno difficile è la vita delle due sorelle Laura ed Eleanor. La prima vivrà un’esistenza avventurosa, vagabonda, un po’ bohemiénne, a volte al di sopra delle sue possibilità economiche, spesso braccata, insieme al marito Paul Lafargue, dalla polizia o dai debitori. E una vita così sopra le righe non poteva che concludersi in modo teatrale, con il doppio suicidio, in abito da festa, di moglie e marito. Morirà suicida anche Eleanor, la più giovane e la più vicina, ideologicamente, al padre, impegnata nella divulgazione delle sue opere e convinta militante anche lei, femminista, molto legata a Engels, che sarà per lei una specie di secondo padre. Un’intelligenza vivissima e una personalità carismatica che però non la salveranno dal destino tragico che accomuna tutte le donne della famiglia.

Come un romanzo
Ma c’è un’ultima figura femminile nella vita di Marx, più defilata perché non “ufficiale”, ma non meno importante. Si tratta di Helene Demuth, la governante da cui il filosofo avrà l’unico figlio maschio che raggiungerà l’età adulta, e di cui sarà l’amico Engels ad attribuirsi la paternità. Le donne di Marx si conclude con una selezione di immagini e di lettere scritte da Jenny, Jennychen ed Eleanor, che mostrano dall’interno la vita in casa Marx e rendono ancora più vive e visibili queste straordinarie figure di donna. Il libro è ben scritto e ben documentato, anche se alla fine della lettura restano una sensazione di vaghezza e la voglia di saperne di più. Il che è un difetto ma può essere visto anche come un punto di forza, una spinta ad approfondire. Perché Jenny, Jennychen, Laura, meriterebbero ognuna un libro, e anche bello grosso. Sono delle madame Bovary, delle Anna Karenina, delle Isabel Archer, ma con una dote in più: la realtà.

Letizia Bognanni

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 16, dicembre 2008)

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