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Anno II, n° 15 - Novembre 2008
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Civiltà letteraria (a cura di Anna Guglielmi) . Anno II, n° 15 - Novembre 2008

Zoom immagine Intensità lirica nel “tempo senza tempo” del mito
di Anna Guglielmi
Passioni e sentimenti di figure leggendarie, la cui eternità viene colta
dall’essenza poetica. Una raccolta coinvolgente edita da Falco editore


Scrivere alla ricerca di un rifugio per la propria anima. Scrivere in versi, per lasciare che le parole, il ritmo, i suoni ci accarezzino e consolino. E, ancora, cercare riparo in mondi diversi, in figure della mitologia, tanto distanti eppure incredibilmente simili a noi. È questo il viaggio compiuto da Assunta Morrone (autrice di liriche e presidente del Centro di iniziativa democratica insegnanti – Cidi – di Cosenza), una sintesi di emozioni, pensieri e ricordi che si concretizza nella raccolta di canti poetici Come fa l’onda. Donne, metamorfosi nel mito (Falco editore, pp. 126, € 10,00). 

Il “libello”, come la stessa poetessa lo definisce, è costituito da pagine liriche e di prosa poetica di grande intensità emozionale.

Sin dalla Nota introduttiva, anch’essa in forma lirica, si ha la piacevole sensazione di intraprendere un percorso nello spazio e nel tempo, cullati e affascinati dal ritmo dei versi e dal profondo e articolato significato che questi racchiudono e trasmettono.

Si passa dalla poesia al mito e da qui si arriva al senso della storia, per poi giungere all’immagine della donna – essere «sacro e abbagliante» – rappresentata principalmente dall’acqua, elemento femmineo per eccellenza.

È proprio l’acqua – ripresa sin dal titolo – a percorrere l’intera composizione poetica, preannunciandosi come elemento centrale, che si avrà poi modo di conoscere e condividere con grande partecipazione emotiva, grazie alla capacità poetica e alla sensibilità intellettuale della Morrone.

L’acqua che diviene mare e, ancora, onda: un elaborato simbolo di femminilità, creazione, generazione di vita, rinascita, entità ricevente e feconda. Elementi sintetizzati con intensità in questo passaggio lirico: «Sono l’acqua / che scivola / sulla spiaggia / e la inonda / di leggeri umori. // Sono la vita / che la terra aspettava. // Sono la terra / che adesso genera».

 

Modernità racchiusa nel mito femminile

I versi della Morrone prendono forma nel canto di sette figure femminili della mitologia classica, ognuna delle quali dà voce a un monologo lirico. Sette donne diverse, personaggi leggendari, entità al tempo stesso «fragili e possenti», che rivivono nel sentire della modernità.

Ciascun mito porta con sé un carattere forte, distintivo, dichiaratamente espresso dall’autrice, sin dal titolo di apertura di ciascuna sezione lirica. Ed ecco che Didone incarna l’impossibile, Circe l’inenarrabile, Medusa la metamorfosi e, ancora, Scilla rappresenta il travolgere, Persefone la rinascita, Atena la conoscenza, infine Afrodite ritrae la libertà.

L’autrice riesce sapientemente a percepire l’essenza, la modernità, quindi l’eternità di ciascuna figura mitologica e la trasmette al lettore, che rimane avviluppato da arcane suggestioni e, a tratti, smarrito.

Non donne comuni, ma leggendarie, le cui particolari scelte riconosciamo come emozioni immortali, nelle quali ritroviamo i nostri sentimenti,  le più profonde risonanze interiori che cullano e, talvolta, turbano la nostra anima e il nostro cuore.

Ognuna di loro fa penetrare i propri ricordi nei nostri e, al tempo stesso, ci fa dono di un sogno; arricchendoci e trasmettendoci forza e speranza.

La Morrone compie, con intensità e passione, un viaggio nel “tempo senza tempo” del mito, per cercare di conoscere e rivivere il vero e l’incanto, dentro e fuori di sé. Un viaggio dell’anima e nell’anima, al tempo stesso concreto e allegorico.

Nei suoi versi e nella prosa lirica si colgono delle verità, che sono il frutto dell’umano dolore e della consapevolezza che ne deriva.

 

Emozioni intense, cadenzate da un ritmo eclettico

I componimenti poetici (costituiti da versi intensi, dotati di un ritmo polimorfo, a volte spezzato e convulso e a volte disteso) nascono e si sviluppano in modi differenti, ma sono attraversati da elementi profondi – il ricordo, la memoria, l’amore e, ancora, l’acqua – che costituiscono un trait d'union fra le sette figure mitologiche.

In particolare, l’autrice incrocia le sensazioni e i ricordi personali alle storie di queste donne e, cogliendo l’universalità delle immagini mitologiche raccontateci, coinvolge in questi elementi di congiunzione le donne di oggi e di tutti i tempi, ma non solo, ingloba anche tutti gli esseri – al di là del tempo, del luogo e del sesso – capaci di provare emozioni vitali.

Nella prosa poetica, che segue strutturalmente le liriche, la Morrone ci permette di rivivere con sé il reale e intimo viaggio che l’ha portata in Grecia e nella Magna Grecia, alla ricerca e ri-scoperta di se stessa e della bellezza assoluta.

Leggendo questa seconda sezione del “libello” e confrontandola con la precedente, soffermandosi in particolare sulla scelta della disposizione dei componimenti poetici, è interessante notare che tra le due sezioni è presente un intenso parallelismo strutturale, che parte dal viaggio reale compiuto dall’autrice e si trasferisce artisticamente nelle sue liriche.

Infatti, il processo di rinascita – realizzato seguendo i caratteri distintivi e i profili delle figure mitologiche (di cui si è detto sopra) – che va dal senso di “impossibile” rappresentato da Didone, fino all’idea di “libertà” incarnata da Afrodite, lo ritroviamo nel viaggio concreto e intimo vissuto dalla Morrone. E così, l’autrice parte dalla propria terra e dalla sua quotidianità esistenziale, da una condizione d’ineluttabilità, con il desiderio di rigenerarsi; intraprendendo un percorso articolato e intenso, a tratti tormentato, che si rivela infine catartico e liberatorio.

«Il mito mi ha portato più in là», con queste parole si chiude il suo diario di viaggio, comunicando con assoluta certezza il superamento del dolore personale, con lo sguardo rivolto fermamente al futuro. «Ho ritrovato le mie sette donne della favola mitologica, dentro la loro storia e in me, mentre mi portavano alla luce, proprio loro, sette personaggi in cerca di memoria. La memoria che mi permette di guardare al futuro».

 

La scrittura poetica: balsamo per l’anima

Nelle pagine che descrivono il lungo cammino, l’autrice racconta del bisogno di scrivere, di tradurre in poesia le emozioni, nonché l’intenso e piacevole mutarsi della propria anima; assolutamente certa che «l’unico farmaco possibile è la scrittura».

Quindi, l’inappagabile bisogno di trasferire le sensazioni in parole nasce dichiaratamente dal desiderio di rigenerarsi, per dare forma e concretezza ai propri pensieri ed emozioni. «Dalla mia penna scaturiscono le parole dei miti che mi hanno seguito e che mi accompagnano in questo viaggio dentro di me, dentro la mia storia».

Al termine del percorso purificatorio, il sogno del mito si fonde indissolubilmente con il sogno, e bisogno, di scrivere: così la poesia diviene narrazione della scoperta dei luoghi e delle sensazioni che essi suscitano. Il sogno di scrivere riassume tutte le illusioni incrociate nel viaggio.

Dal punto di vista strutturale, il testo è composto (oltre che dalle pagine liriche e dal diario di viaggio in prosa poetica che costituiscono il corpo centrale) da una Presentazione, da una Prefazione e da una Nota introduttiva dell’autrice, che risultano degni di attenzione.

Inoltre, il libro è corredato di significativi e utili commenti dei primi lettori del “libello”: interventi carichi di rigore e sensibilità poetica.

Arricchiscono il lavoro i disegni di alcuni artisti, che – rappresentando ciascuno delle protagoniste mitologiche – hanno tradotto fedelmente in immagini le emozioni dell’autrice.

Nel complesso, al termine della lettura, si ha la piacevole sensazione di aver donato sano nutrimento alla propria anima.

 

Anna Guglielmi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 15, novembre 2008)

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