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Monica Murano
Anno II, n° 15 - Novembre 2008
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Letteratura contemporanea (a cura di Maria Franzè) . Anno II, n° 15 - Novembre 2008

Zoom immagine Storie, incontri, incidenti, caos.
Amanti, sconosciuti, amici, ex.
La vita è un romantico “casino”

di Letizia Bognanni
Un romanzo edito da Barbera traccia
gli strani percorsi di amori e disamori


La copertina inganna. Sembra quella di una delle solite pallide storielle chick-lit all’italiana. Prendi in mano questo Abbi cura di te (Barbera Editore, pp. 124, € 9,90), di Daniela Gambino e sei convinto di trovarci dentro una protagonista trentenne, milanese, nevrotica, in carriera, con la vita sentimentale incasinata. Poi vedi che l’entusiasta prefazione è stata scritta da Matteo B. Bianchi, uno dei migliori scrittori della sua generazione e cominci a incuriosirti. Poi lo leggi e all’inizio ti senti un po’ confuso. Anche arrivato a metà, ti senti un po’ confuso. Fino alla fine, ti senti un po’ confuso. Però vai avanti, confuso. Perché questo libro è scritto bene: i capitoli corti si sa che sono come le patatine – uno tira l’altro – l’uso del tempo presente, poi, ti fa entrare attivamente nella vicenda. Quest’ultima è appunto causa della confusione di cui sopra. In che senso? È presto detto. Il romanzo della Gambino ha quattordici protagonisti. Molti di loro, all’inizio – qualcuno fino alla fine – non vengono neanche chiamati per nome. Bisogna andare avanti con pazienza, ogni tanto tornare indietro, e solo quando si è in dirittura d’arrivo tutti gli anelli della catena si chiudono e le connessioni fra i personaggi si fanno finalmente chiare.

No, decisamente non è la lettura di puro relax che ci si aspetterebbe guardando la copertina. È una storia ultracontemporanea, frammentata, a “effetto farfalla”, come una versione rosa di un film di Alejandro Inarritu o di un telefilm di Jeffrey Abrams. Un insieme di storie normali che si intrecciano in modo normale. Quello che ha fatto l’autrice è stato semplicemente prendere la vita e metterla su carta. Provateci anche voi: prendete un qualsiasi episodio importante della vostra vita e come nel gioco dell’unisci i puntini de la Settimana Enigmistica, collegate tutte le persone che in quell’episodio sono coinvolte per averlo causato o per esserne state, in modo più o meno indiretto, influenzate. Alla fine verrà fuori una figura che con ogni probabilità risulterà astratta, incomprensibile, casuale. Perché così è la vita: astratta, incomprensibile, casuale, un tracciato di connessioni causa-effetto il più delle volte senza senso. E gli uomini sono i puntini che provano disperatamente a trovarlo, un senso e anche se, detto in questi termini, può sembrare uno sforzo inutile, non è così. Il senso c’è ed è proprio la ricerca. Senza ricerca siamo solo puntini, mentre con la ricerca siamo puntini uniti da una linea, ed è ben diverso.

 

Intrecci straordinari di vite ordinarie

A scanso di equivoci, va detto che tutto ciò è scritto con tono leggero e taglio moderno. Le storie che si intrecciano sono quelle di Manuela, un’operatrice di call-center precaria professionalmente ed esistenzialmente e del suo insicuro, nevrotico e infantile ex; di Giulia, donna qualsiasi e mamma frustrata di una figlia depressa; di Paola, romantica single che si intenerisce di fronte a un anomalo barbone che la segue ovunque; di uno psicanalista che non riesce più ad aiutare i suoi pazienti; di Stefania, futura sposa che si chiede se sia naturale rinunciare alla possibilità di continuare a innamorarsi; di Fabio, commesso belloccio e fidanzato infedele; di Sonia, precipitata dal sogno di un rapporto senza difetti all’incubo della ricerca di un compagno svanito nel nulla; di Adele G., quarantenne che «non ha niente che non va eppure da due anni non ha un uomo»; di Michele, imprigionato nelle sue ossessioni. Storie contemporanee, storie di città, vite normali colte in momenti straordinari e raccontate con l’affetto di chi, su un vagone della metropolitana, osserva le facce una ad una e per ciascuna, immagina una straordinaria storia normale. C’è un capitolo esemplare in questo senso, verso la fine del libro: è un capitolo in cui non si parla di nessuno dei protagonisti, le storie restano in sospeso per fare posto alla descrizione di una serata qualsiasi, la sera di un lunedì qualsiasi in cui persone qualsiasi prendono l’autobus o la metro o la macchina, aprono la porta di casa, si tolgono la giacca, guardano la tv, vanno a dormire, sognano. Il giorno dopo forse succederà loro qualcosa di eccezionale oppure si sveglieranno, andranno a lavorare e alla sera prenderanno l’autobus o la metro o la macchina, apriranno la porta di casa , si toglieranno la giacca, guarderanno la tv, andranno a dormire, sogneranno. In ogni caso le loro azioni, per normali che siano, tracceranno una linea.

 

Il sistema nervoso di una brava scrittrice

A questo punto il romanzo è finito, il disegno è completo ma il meglio deve ancora venire. Il meglio è il racconto breve, piazzato un po’ inaspettatamente alla fine del libro: Il sistema nervoso degli operai. Dopo averlo letto, ancora di più vien voglia di chiamare l’editore per chiedere il perché di quella copertina. Il sistema nervoso degli operai è un racconto forte, coraggioso perché si fa una domanda di quelle che di solito vengono poste in tomi di filosofia morale: «sei alla guida di un treno allo sbando che sta per investire cinque operai e puoi deviarlo su un binario dove, di operai, ne investirai soltanto uno, cosa fai?». In sintesi, tutte le vite umane hanno lo stesso valore? Un racconto coraggioso perché la risposta che si dà non è per niente politicamente corretta.

Dovrebbe essere un principio scontato, ma mai come in questo caso vale la pena ribadirlo: non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina.

 

Letizia Bognanni

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 16, dicembre 2008)

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