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Anno II, n° 14 - Ottobre 2008
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Filosofia e religioni (a cura di Angela Potente) . Anno II, n° 14 - Ottobre 2008

Zoom immagine Diritti umani: entità,
valore e loro difesa
nel mondo odierno

di Mariangela Monaco
Un libro edito da Bruno Mondadori
ne dibatte, con attenzione verso l’Ue


La tutela dei diritti umani è diventata, negli ultimi anni, un principio fondamentale del sistema internazionale: sono, possiamo ormai dire, norme consuetudinarie. In uno scenario in cui tutti si indignano dinnanzi alle violazioni – pensiamo a Guantanamo, alla Cina, a Cuba, allo Zimbabwe, solo per fare degli esempi – diviene necessario capire cosa siano i diritti umani, da dove nascano, quale sia il loro fondamento. E anche qual è il loro ruolo all’interno dell’Unione Europea, istituzione sovranazionale che secondo alcuni studiosi sarebbe una realizzazione degli obiettivi del progetto cosmopolitico di Immanuel Kant, e, infine, qual è il loro peso nel concetto di identità europea.

Questi problemi vengono affrontati con attenzione nel volume Struttura e senso dei diritti. L’Europa tra identità e giustizia politica (Bruno Mondadori, pp. 310, € 18,00) curato da Fabrizio Sciacca, docente di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Catania. Il testo, suddiviso in tre parti, contiene una serie di interventi di Luigi Alfieri, Alberto Andronico, Fulvio Attinà, Jochen Bittner, Hauke Brunkhorst, Marina Calloni, Ian Carter, Domenico Corradini Broussard, Angelo Costanzo, Rowan Cruft, Corrado Del Bò, Sebastiano Maffettone, William Ossipow, Persio Tincani e Salvatore Veca, oltre che del curatore medesimo.

 

Una proto-amicizia universale e l’ostacolo Stato-nazione

Il dibattito sui diritti umani è abbastanza vivace: ci si interroga, ad esempio, su quale valore abbiano e a quale sfera appartengano (a quella giuridica, a quella morale, ad entrambe?). Cruft, nel suo intervento, dimostra come non abbiano solo un valore strumentale (i diritti umani sono mezzi per realizzare uno scopo – interesse aggregato, realizzazione della persona, tutela della libertà ecc.), posizione sostenuta dagli utilitaristi, ma anche un valore aggiunto importante. Sono infatti costitutivi di una relazione che lega tutti gli esseri umani e li pone in una sorta di proto-amicizia universale (simile alla virtù civica di cui parlava Aristotele): perché, altrimenti, ci indigniamo davanti ad un cittadino dello Zambia che viene torturato sebbene non lo conosciamo? Perché ci sentiamo in dovere di “difenderlo”? Per effetto dei diritti umani, che deteniamo tutti in quanto uomini e quindi ci pongono in relazione reciproca, sebbene non ci si conosca (ecco perché proto).

Alfieri sottolinea, invece, come i diritti umani siano l’ultima tappa di un immenso sforzo simbolico che gli uomini stanno facendo da millenni: includere nel Noi – che nell’evoluzione antropologica simboleggia la vita – un numero sempre maggiore di persone, e quindi allontanare il più possibile il Non-Noi (la morte). Una tesi forte, che assegna ai diritti umani prima di tutto un valore morale: perché non sono altro che un simbolo della lotta del bene contro il male, lotta che conduciamo da quando siamo apparsi sulla Terra. Donde una provocazione: i diritti umani non sono diritti. O meglio, lo sono quando vengono codificati. Prima di esserlo appartengono ad una sfera prettamente etica.

Sebbene tutti gli uomini siano titolari dei diritti umani, così come proclamati in particolare nella Dichiarazione universale del 1948, esiste ancora un grosso ostacolo alla loro piena implementazione: si tratta della struttura nazionale della comunità politica. In altre parole, dello Stato-nazione, il quale è uno straordinario spazio sociale per i cittadini, ma anche un luogo di esclusione per gli stranieri. Questo, sottolinea Ossipow, con il principio di uguaglianza degli esseri umani, che deve valere su scala universale e presuppone, dunque, la costruzione di un ordine cosmopolitico. Ciò, naturalmente, non significa abolire gli stati, perché altrimenti cadremmo nell’anarchia, ma eliminare il fattore nazionale, la divisione tra interno ed esterno. Ma non possiamo neanche pensare di abbattere lo Stato-nazione di punto in bianco in quanto ha realizzato il miglior sistema di organizzazione sociale e politica, attraverso una distribuzione di risorse, all’interno dei propri confini territoriali. E allora? La soluzione, suggerisce Ossipow, è quella di pensare ad un’organizzazione sovranazionale simile all’Unione Europea (e di cui l’Onu, in particolare il Consiglio di Sicurezza, è solo una bozza) che garantisca la pace e i diritti umani rispettando però la nazionalità degli stati.

 

Riflessioni sull’Unione Europea e gli interventi umanitari

Di Ue si occupa anche Brunkhorst, rilevando che il dibattito sul dover dare o meno una costituzione all’Europa parte da un errato presupposto: la costituzione c’è già, sono i trattati. E questo per una serie di motivi: sono fonte legislativa primaria, prevalgono sul diritto nazionale compreso quello costituzionale, danno all’Ue una personalità giuridica autonoma sul piano internazionale, creano organi autonomi (Commissione, Consiglio, Parlamento, Corte di giustizia) formalizzano una cittadinanza europea.

Semmai, in questo sistema costituzionale – che lo studioso intende diviso in tre livelli – si riscontrano alcuni problemi che andrebbero risolti. In particolare, al terzo livello, definito di legittimazione democratica (gli altri due sono quello funzionale e quello dello stato di diritto), la critica è rivolta verso il parlamento, che è un’assemblea subordinata (non sovrana, dunque). Un efficace parallelo col presidenzialismo statunitense ci fa comprendere meglio: il congresso si “contrappone” ad un presidente direttamente eletto dai cittadini, mentre il Parlamento europeo ad un consiglio non eletto dal parlamento medesimo e legittimato indirettamente (non a livello europeo ma negli stati membri). E le stesse consultazioni europee sono “pseudo-elezioni”: perché le alternative non sono chiare e visibili, soprattutto nei programmi, che spesso non sono neanche europei. A questo deficit democratico i cittadini, secondo Brunkhorst, stanno reagendo, esprimendo la loro volontà di essere coinvolti, e i no di Francia e Paesi Bassi alla Costituzione sono un segnale di ciò.

Sciacca si interroga invece sull’identità europea, rilevando come il concetto di identità non si esaurisca solo agli ambiti geografico, razziale e linguistico, dove tra l’altro non esiste una “piena” identità europea (un esempio su tutti: i confini geografici non sono mai stati chiari e condivisi), ma che le radici della stessa possano essere trovati nell’esperienza storica che ha accomunato gli europei, e che sostanzialmente si traduce in tre aspetti: il diritto moderno, il razionalismo illuministico e i diritti umani e, infine, la costruzione di uno spazio giuridico e politico con chiari confini (cioè l’Ue).

In conclusione, ricordiamo anche l’intervento del politologo Attinà che esamina la risposta del sistema internazionale alle massicce violazioni dei diritti umani (le crisi umanitarie). Risposta che è in mano all’Onu o alle organizzazioni di sicurezza regionali (come l’Asean o l’Unione africana, oltre ovviamente alla Nato e l’Ue) e che si traduce nelle missioni di peace-keeping, peace-building e peace-enforcement. Interessante è, tra l’altro, il discorso sull’efficacia di tali missioni. Tenendo presente che si agisce in stati difficili e in condizioni difficili, e che, come ha rilevato Mayle, si agisce sui sintomi e non sulle cause, le aspettative andrebbero tenute basse: fermare il conflitto in corso. Altri studiosi hanno fatto veri e proprio studi empirici sulle missioni finora effettuate, e, sulla base di tre variabili – cause del conflitto, qualità e quantità dell’intervento e capacità locali di cambiamento – hanno rilevato che ci sono quattro condizioni favorevoli al successo di una missione: cause non identitarie, lunghezza del conflitto, condizioni economiche buone dello stato (o stati) coinvolto; sostegno finanziario al medesimo nell’ambito dell’intervento.

 

Luigi Grisolia

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 14, ottobre 2008)

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