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Anno II, n° 14 - Ottobre 2008
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno II, n° 14 - Ottobre 2008

Zoom immagine Messina, ricchissima città
di storia, inaugura la collana
Le città della Sicilia: saggi
di studio politicoeconomico

di Guglielmo Colombero
La Rubbettino, con la Banca popolare
di Crotone, apre un nuovo progetto


Con il volume Messina. Storia Cultura Economia (Rubbettino, pp. 366, € 45,00), frutto di un’interessante collaborazione tra la Banca popolare di Crotone e l’editore calabrese, si inaugura la collana Le città della Sicilia. Essa riprende e rilancia l’iniziativa “sorella”, Le città della Calabria, dedicata, appunto, ai centri della regione ove ha sede la Bpc. Come tutti i precedenti 16 volumi, anche questo su Messina parte dalle più antiche origini e giunge sino ai giorni nostri. Noi ci occuperemo, in questo testo, soprattutto delle parti relative alla Politica e all’Economia contemporanea. Ma, ovviamente, non potremo esimerci dal fornire un quadro generale sul volume. L'opera è divisa in due parti, precedute da altrettanti saggi introduttivi. Il primo, Introduzione al Passato, è scritto dal curatore della collana, Fulvio Mazza, ed è seguito da quattro studi di docenti dell’ateneo cittadino, specialisti nei vari ambiti storiografici, Sebastiana Nerina Consolo Langher per l’antichità greca e romana, Luciano Catalioto per il Medioevo, Salvatore Bottari per l’Età moderna e Michela D’Angelo per il Risorgimento. La seconda parte si apre con l’Introduzione al Presente del consulente scientifico, Fausto Cozzetto, e comprende due saggi relativi alla Messina contemporanea: l’uno, di Luigi Grisolia, Annalisa Pontieri e Bonaventura Scalercio, tre giovani e validi studiosi, dedicato alla politica e alla vita civile, l’altro, di Monica Musolino e Tonino Perna, economisti dell’università locale, a quella economica e alle prospettive attuali della grande comunità sullo Stretto.

Il curatore Mazza nella sua appassionata introduzione alla parte riguardante il Passato osserva che Messina, per secoli, ha conservato l’impronta di «città dei mercanti stranieri e del mercato della seta», con una casta dominante tenacemente «bottegaia e marinaia, chiusa nel suo “particolare”». Un’interessante chiave di lettura, la sua, che ci fa intravedere una continuità, attraverso diverse stagioni epocali, di strategie «aggregative e difensive» mirate alla conservazione di un certo status quo politico, economico e sociale.

Nel capitolo iniziale, L’età greca e romana, la Langher ci narra che l’antica Zankle nacque come covo di pirati etruschi, e dopo la colonizzazione da parte dei Greci di Calcide attorno al 750 a.C., prese a coniare monete con l’effigie del delfino. Asservita da Gela nel V sec. a.C., Zankle fu poi espugnata, alla vigilia delle Guerre persiane, dal tiranno di Reggio, Anassila, che divenne così signore unico dello Stretto e ribattezzò la città Messene, battendo moneta con l’effigie della biga trainata dalle mule. Distrutta dai Punici nel IV sec a.C., Messene fu riedificata dal loro implacabile nemico, Dionisio, tiranno di Siracusa, e in seguito finì sotto l’egemonia del successore Agatocle. Sotto il “tallone siracusano” i cantieri navali ebbero un grande sviluppo, grazie ad abbondanti riserve di legname, e fu imposto anche un pedaggio alle navi che varcavano lo Stretto.

Nel 287 a.C., attuando un vero e proprio genocidio, si impadronirono della città i mercenari Mamertini (di origine campana), e il loro brutale dominio durò fino alla Prima guerra punica, quando ebbe inizio la dominazione romana, durata sette secoli.

Le vicende di Messina nei cosiddetti “secoli bui” sono ricostruite da Catalioto in Il Medioevo: economia, politica e società. Dopo Vandali, Goti e Bizantini, nell’843 iniziano duecento anni di predominio arabo, terminato con la conquista normanna del 1060: segue la dominazione sveva, poi quella angioina e infine aragonese. Messina diventa un crocevia cosmopolita per le rotte del grano (il petrolio dell’epoca) e attira le repubbliche marinare medievali, Genova, Amalfi e in seguito anche Venezia. Le libertates mercantili e i privilegi ecclesiastici cozzano contro il centralismo dispotico di Federico II di Svevia e, dopo la rivolta dei Vespri del 1282, la città è dominata dalle baronie feudali. Nel XV secolo la cultura cittadina trova due esponenti di spicco nel famoso pittore Antonello da Messina e nel filologo greco Costantino Lascaris. Alle élite feudali si contrappone un nascente patriziato urbano, formato anche da notai, artigiani ricchi e persino artisti di fama come Antonello.

In L’ingresso nella modernità: da Ferdinando il Cattolico al terremoto del 1783, Bottari prende le mosse dalla caduta di Costantinopoli nel 1453, che arricchisce Messina con un flusso di intellettuali e artisti bizantini esuli, al punto da farle meritare l’appellativo di “Seconda Atene”. Emblematica del Rinascimento messinese è la figura di Francesco Maurolico, poliedrico genio leonardesco. Sotto lo scettro di Ferdinando il Cattolico, alle soglie della scoperta del Nuovo Mondo, approdano a Messina sia il fiscalismo ispanico che la Santa Inquisizione, e nel 1571, proprio da qui prende il largo la flotta cristiana destinata a sbaragliare quella turca a Lepanto: la città sfama il popolo e arricchisce i mercanti grazie ai bachi da seta, nutriti con le foglie di gelso coltivate nell’entroterra: grano in cambio di tessuti serici (sui quali Messina ottiene lo storico privilegio del 1591), uno dei primi esempi di articoli voluttuari scambiati con generi di prima necessità. Anche il commercio del sale, del corallo e del pescespada produce enormi profitti e stuzzica la voracità del fisco spagnolo. L’età dell’oro messinese (persino il Caravaggio venne a realizzarvi uno dei suoi capolavori, la Resurrezione di Lazzaro) implode con la rivolta antispagnola del 7 luglio 1694, appoggiata da truppe francesi, ma destinata a fallire tragicamente e a scatenare una feroce repressione culminata nella chiusura dell’Università. Nel 1735, dopo brevi periodi di dominazione prima sabauda e poi asburgica, Carlo III di Borbone inaugura la dinastia destinata a regnare sulla città peloritana per 125 anni.

 

Dal Settecento “nero” al Risorgimento, in bilico tra Sicilia e Continente

Nel capitolo Un “lungo Ottocento” 1783-1908 della D’Angelo, il «Settecento “nero”» di Messina (epidemie e carestie) tocca il culmine con il terremoto del 5 febbraio 1783, a cui fa seguito l’editto borbonico dell’anno dopo, che liberalizza il commercio portuale tentando di trasformare la città in un vero e proprio emporio mediterraneo di traffici internazionali. Anche nel cosiddetto “Decennio inglese” nel primo Ottocento, con la presenza della Royal Navy in funzione antinapoleonica, soffia una ventata innovativa: una singolare contaminazione culturale anglosiciliana, di cui è portavoce la Gazzetta Britannica, veicolo di diffusione delle idee liberali che iniziano così a erodere dall’interno il retrogrado assolutismo borbonico. Al fallimento dei moti liberali del 1820 seguono anni di dura reazione, in cui tutto ristagna, anche il commercio (nonostante il dinamismo di alcune frange di borghesia imprenditoriale sia locale che straniera), a cui, a sua volta, segue un improvviso risveglio culturale, con la nascita di decine di opuscoli letterari (e velatamente anche politici). Le giornate del 1848 conferiscono alla città un’aureola di “martire” risorgimentale, e nell’Italia unificata la città peloritana vive un’alternanza tra spirito di conservazione e aneliti rivoluzionari (come l’elezione a deputato di Mazzini), mentre il trauma dell’abolizione del privilegio di porto franco nella seconda metà del secolo viene parzialmente riassorbito dalla creazione del nodo ferroviario con Palermo e dall’istituzione dei traghetti per il trasporto dei treni attraverso lo Stretto.

 

Dal Fascismo minoritario all’egemonia della Dc

Fausto Cozzetto introduce dunque la seconda parte del libro, dedicata al Presente, e sottolinea la figura prestigiosa del ministro degli esteri Gaetano Martino, precursore degli ideali europeisti nel Secondo dopoguerra, il quale ottenne, per la sua amata Messina, che fosse sede di un’importante conferenza dei futuri paesi fondatori dell’Unione europea nel 1955.

Nel capitolo intitolato La vita politica e amministrativa del Primo dopoguerra ad oggi, di Grisolia, Pontieri e Scalercio, la prima immagine che emerge è quella, per usare le parole dello scrittore Guido Ghersi, di «una città crollata in pochi secondi, come i castelli che i ragazzi fanno con le carte», ulteriormente violentata dagli sventramenti del discusso piano di ricostruzione firmato da Luigi Borzì. Qui l’iconografia prevalente è quella desolata e spettrale dei baraccamenti, tra i quali, al termine della Grande guerra, irrompe l’ondata furiosa del combattentismo, anche se il “Fascio” non attecchisce, restando politicamente minoritario e aggrappato all’efficacia intimidatoria della violenza squadrista. Il movimento del “soldino” contro i licenziamenti politici (così appellato perché gli antifascisti si misero all’occhiello le monete con l’effige del re Vittorio Emanuele III) è l’ultima vampata libertaria, prima del sodalizio tra il raffinato monsignor Angelo Paino e Mussolini: quest’ultimo fa molte concessioni al religioso, ma nell’ottica di conquistare l’appoggio della chiesa locale (aspetto di quella strategia globale che culminerà nei Patti lateranensi del 1929). Intrinsecamente debole, il fascismo perolitano guadagna un certo consenso con il rilancio delle opere pubbliche e celebra l’apoteosi del dittatore il 10 agosto 1937, quando la Gazzetta locale lo accoglie come «l’uomo più grande del mondo intero» e la promessa (non mantenuta) di eliminare le baracche rimaste – risalenti al sisma del 1908 – entro due anni. Ma è proprio la guerra di Mussolini a fare in modo che il trentennio della ricostruzione sia cancellato dalle bombe. E ancora un’estate di svolta, il 17 agosto 1943: la liberazione, l’arrivo degli angloamericani. Le prime elezioni libere vedono il trionfo dell’“Uomo qualunque”, mentre ben cinque messinesi su sei votano per la monarchia al referendum del 1946. Negli anni Cinquanta la Dc consolida la propria egemonia – resta sempre fortissima la destra, prima monarchica, poi missina – ed estinta l’effimera stagione trasformista del milazzismo (che prende nome dal singolare esperimento politico dell’eretico Dc Silvio Milazzo, presidente della Regione per un breve periodo) si approda al decennio di Antonio Andò, gran tessitore di nodi clientelari. Poi la burrasca di Tangentopoli, la delusione per le promesse mancate del nuovo corso di Franco Providenti, magistrato che aveva coagulato attorno a sé forze di area cattolica e progressista, che fu eletto a sorpresa nel 1994, la vittoria del centro-destra con Salvatore Leonardi nel 1998 e infine il “binario morto” dell’instabilità amministrativa degli ultimi quattro anni (2003-2007), con due sindaci (Giuseppe Buzzanca e Francantonio Genovese) e due commissariamenti.

 

L’immensa cicatrice del terremoto che attraversa due generazioni

La metamorfosi socioconomica nel XX secolo, di Musolino e Perna, prende spunto dai colori e dai profumi tipicamente levantini – l’essenza dei bergamotti coltivati nel messinese, esportata in tutta Europa, serpeggiante nel verde brillante e nel giallo limone dei primi manifesti pubblicitari – per poi sfumare nel malinconico grigio seppia delle immagini di maestosi edifici del primo Novecento cancellati dall’apocalisse del 28 dicembre 1908. La cronistoria dei due studiosi passa attraverso la singolare alleanza fra “Fascio” ed “Altare” su cui, negli anni Trenta, si innestò la ricostruzione (ma anche una massiccia emigrazione verso le colonie africane per sfuggire a una miseria endemica), vanificata un decennio più tardi, nei mesi allucinanti del 1943, dagli accaniti bombardamenti aerei angloamericani che rasero al suolo due terzi di quanto era stato faticosamente riedificato. Ma la straordinaria vitalità del popolo messinese non resta accasciata da questa tremenda concatenazione di sciagure lungo la prima metà del XX secolo, e sullo slancio della seconda ricostruzione si gettano i primi semi della futura Unione europea con la citata conferenza del 1995 e sfrecciano i primi modelli di aliscafi, concepiti proprio allora nei cantieri della città.

 

Le potenzialità turistiche e le recenti turbolenze

Il panorama attuale rimane denso di luci e ombre, dopo decenni di «terziarizzazione accelerata», di assistenzialismo improduttivo e di proliferazione incontrollata della burocrazia periferica come unica fonte di occupazione (i posti di lavoro nella pubblica amministrazione, in un trentennio, passano dal 18 al 44% del totale). Se il crudo dato statistico ci informa che sei giovani messinesi su dieci non hanno un lavoro, e la metà di loro sono laureati, d’altro canto nuovi fermenti vitali sembrano agitare la città. Luoghi incantevoli come il Parco “Horcynus Orca”, mai adeguatamente sfruttati finora sotto il profilo turistico, stanno finalmente riscuotendo l’attenzione che meritano, insieme ad altre perle ambientali come la suggestiva Torre degli Inglesi e il Parco regionale dei Nebrodi, mentre è in costante aumento l’afflusso dei croceristi diretti alle Eolie o a Taormina che fanno tappa nello Stretto. E su questo sfondo in movimento incombe la titanica chimera del Ponte su di esso, innumerevoli volte progettato e mai realizzato. Una realizzazione che, in verità, gli autori non vedono con gran favore.

Messina come epicentro di una futura California italiana del turismo mediterraneo? Ci sarebbe veramente da augurarselo, viste le enormi potenzialità naturali di cui dispone questa magica città sospesa tra Mare, Terra e Cielo.

Un volume di tale pregio, come ci sentiamo di definirlo, necessita, però anche e soprattutto, oltre che di esperti studiosi, anche di una redazione preparata ed efficiente: così è stato, grazie ad Alessandra Torchia (che ha effettuato il coordinamento generale), Maria Assunta De Fazio (che ha gestito la revisione editing e l’impaginazione), Ylenia Fazzio (che ha soprattutto redatto l’Indice dei nomi) e Maria Teresa Fontana (che ha curato la ricerca iconografica e le didascalie). Marco Lo Curzio si è occupato, infine, dell’interpretazione iconografica della città producendo una serie di splendide fotografie.

Non si tratta di un apporto di poco conto. Anzi. È proprio tramite questi interventi redazionali che un testo scientifico può diventare, come è poi diventato, un testo di ampia divulgazione adatto – quindi – al vasto pubblico anche dei non specialisti. Ciò lo si nota, oltre che dalla cura che viene data agli Indici, anche e soprattutto dal felicissimo rapporto foto/testi che fornisce l’opportunità al lettore di effettuare un percorso integrativo (e, magari, addirittura alternativo) alla lettura tradizionale.

Per certi aspetti l’impatto visivo diventa addirittura un handicap per il volume: se non ci fosse l’ingente apparato di note (spesso di natura archivistica) a farci comprendere, anche a primo occhio, che si tratta di un testo scientifico, potrebbe sembrare solo un bellissimo libro. Uno di quei tanti, magari, che le banche producono e che, a causa appunto della vacuità dei contenuti, nessuno legge… E invece no. Si tratta di un volume tanto “pesante” nella scientificità quanto leggibile nell’impostazione.

Le tappe future di questa originale analisi delle città? Dopo la menzionata Catania, si torna in Calabria: Soverato sarà la prima perla che andrà a rimpinguare la vecchia collana; seguirà Siderno (ove la Bpc sta per aprire una nuova Filiale) e, trattandosi di una città limitrofa a due centri dalla fondamentale importanza storica-culturale, quali Locri e Gerace, la trattazione toccherà anche tali ultime due località.

 

Guglielmo Colombero

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 14, ottobre 2008)

 

Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT