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Comunicazione e Sociologia (a cura di Pierpaolo Buzza) . Anno II, n° 12 - Agosto 2008

Zoom immagine L’Italia va spesso alle urne,
ma ogni tornata è differente.
Prevedere e capire i risultati
non sempre è così scontato

di Andrea Vulpitta
Una raccolta della Rubbettino analizza
le elezioni nel periodo 1990-2001


Per ricordare qualcuno che ha lasciato la vita terrena di solito vengono pubblicati scritti in ricordo o biografie postume. L’omaggio dedicato, invece, alla memoria di Pasquale Scaramozzino (Diario e numeri di una crisi. La transizione elettorale in Italia: 1990-2001 a cura di Giacomo Sani, Rubbettino, pp. 274 € 15,00), studioso di statistica sociale e preside della facoltà di Scienze politiche di Pavia, realizzato da alcuni dei suoi più stretti collaboratori, è originale quanto interessante. Raccoglie gli interventi scritti dallo studioso e pubblicati su Il Sole 24Ore – anche grazie alla disponibilità della testata –  nell’arco di tempo compreso tra il 1990 e il 2001 incentrati sui fenomeni elettorali succedutisi nel tempo. È un prezioso lavoro, non solo ad uso degli studiosi dei flussi elettorali, ma anche perché permette una riflessione a posteriori e un ripasso su alcuni fenomeni sia politici che sociali avvenuti in Italia che ne hanno mutato i tratti distintivi. La raccolta inizia con gli scritti di Scaramozzino sulla tornata elettorale regionale del 1990 in un clima politico ancora lontano dallo tsunami di Tangentopoli che riusciva a portare alle elezioni successive, nel 1991, il 62,5% degli aventi diritto ad esprimersi a larga maggioranza (95,6%) sulla riduzione ad una (da quattro) del numero delle preferenze per l’elezione alla Camera dei Deputati e dove si iniziava a vedere lo scivolamento verso una forza regionale come la Lega nord di ampie fette di elettori della Dc. Successivamente un ulteriore referendum nel 1993 completerà la riforma elettorale ridisegnando in senso maggioritario anche l’elezione al Senato sancendo, come giustamente sottolinea l’autore, la disuguaglianza del voto dal momento che i collegi uninominali sono, per forza di cose, composti da un numero di elettori differenti gli uni dagli altri. Le riforme, inoltre, confermano come la preferenza, unica o multipla, sia maggiormente sentita al Sud, dove oltre al degenerativo fenomeno clientelare si associa il rapporto personale con il candidato, per cui spesso il voto è espresso sulla persona piuttosto che sulla propria collocazione politica. Si scriveva prima dello tsunami di tangentopoli, che i più giovani forse non ricordano, fenomeno la cui conseguenza fu che vennero spazzati via tutti o quasi i partiti rappresentati in Parlamento.

 

Spariscono interi partiti politici, irrompe Forza Italia

Sparì di fatto il Psdi (Partito socialdemocratico italiano) fu sciolto il Partito liberale Pli, l’enorme balena bianca della Dc si divideva con la nascita del Partito popolare e del Centro cristiano democratico Ccd. Sulle ceneri del Movimento sociale destra nazionale nasceva Alleanza nazionale, ma soprattutto irrompeva dal nulla sulla scena politica nazionale, grazie ad una straordinaria operazione di marketing politico, il partito di Silvio Berlusconi: Forza Italia. In questo periodo, tra l’altro, grande attenzione l’autore pone ad alcuni fenomeni che negli anni spesso sono finiti nel dimenticatoio. Uno di questi è come il sistema maggioritario, premiando le forze coalizzate, non ha semplificato il quadro politico, non ha diminuito il numero delle liste, e anzi ha complicato il quadro politico. Altro fenomeno, più marcato in alcuni tipi di elezioni come le europee, e in particolar modo al Sud, è quello dell’astensionismo tanto che in alcune tornate elettorali viene sottolineato come il partito dell’astensione sia il terzo partito in termini percentuali. È probabilmente l’effetto della disillusione che dopo il vento di Tangentopoli il paese potesse ripartire con forze, idee e programmi tali da far migliorare realmente le cose.

 

Le due grandi coalizioni: centro-destra o centro-sinistra per governare

Si arriva invece a constatare come per vincere le elezioni nei due schieramenti di centro-destra e centro-sinistra, l’unica strada sia quella delle grandi coalizioni che spesso sono foriere di litigiosità e di difficoltà a governare. Il testo in queste considerazioni spazia – ed è la parte forse più interessante, dove viene fuori la stoffa dello statistico –, tra previsioni e varie ipotesi sia prima che dopo l’esito dell’urna; disegna scenari diversi a seconda delle collocazioni politiche di alcuni importanti partiti indicando, in anticipo o a posteriori, le forze che diventano, a seconda il tipo di elezioni, l’ago della bilancia del risultato. È interessante lo studio delle consultazioni referendarie, dove l’autore, davanti al mancato raggiungimento del quorum rispetto ai 7 quesiti del 1997, sottolinea come non tutte le consultazioni siano uguali, che alcune non vengono considerate importanti dagli elettori, e che probabilmente sia stato fatto anche un abuso dello strumento di democrazia diretta.

 

L’abuso dello strumento referendario

Ci tiene però a precisare che questo non significa altro, che ad esempio l’istituto sia logoro per definizione o che la democrazia sia in pericolo per la mancata partecipazione. L’alto numero di quesiti, l’impossibilità di proporre il referendum propositivo e l’invito al voto solo per esprimersi sull’abrogazione della norma sono elementi che allontanano il cittadino dalle urne. Termina questa considerazione proponendo anche lo studio sulla possibilità di eliminare il raggiungimento del quorum per la validità della consultazione referendaria. Sembra uno scherzo leggere in un articolo datato 1997 come la riforma della poi fallita Commissione bicamerale prevedesse la famigerata riduzione dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori.

Nei vari articoli l’autore sottolinea come l’adozione del sistema maggioritario abbia avuto in realtà più fenomeni di astensionismo che altro avendo anche fallito nella sua opera di evitare la frammentazione partitica. Riflettendo sull’utilizzo strategico dell’attuale legge elettorale, sorge la curiosità su cosa avrebbe scritto l’autore, se fosse stato ancora in vita, a commento delle ultime elezioni politiche che hanno portato alla presenza di sole 4-5 forze politiche in Parlamento. Il lavoro del professore Scaramozzino apre alla riflessione e spinge ad osservare come fenomeni difficilmente spiegabili siano frutto invece di considerazioni e approfondimenti che potrebbero ritornare utili anche alle forze politiche in termini di marketing elettorale e per meglio comprendere fenomeni di astensione, disaffezione e migrazione in particolare tra i due poli intesi come centro-destra e centro-sinistra. Testimonia, inoltre, che fenomeni come l’astensione e la frammentazione siano più forti dei tecnicismi elettorali e che le motivazioni che spingono un elettore a partecipare e a scegliere siano diverse, ma certamente oggi più di ieri gli elettori sono disposti a cambiare e, con il voto, a lanciare vari messaggi.

 

Andrea Vulpitta

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 12, agosto 2008)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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