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A. XVIII, n. 206, dic. 2024
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Problemi e riflessioni (a cura di La Redazione) . A. XVIII, n. 206, dic. 2024

Prendersi cura degli altri
è fare del bene a se stessi

di Antonio D'Angelo
Edito Infinito, nel testo di Cicchi e Morelli vengono
mostrati i tratti del Moloch famelico della droga


Diverse sono le esperienze umane che possono travolgere l’esistenza, rendendo questo nostro passaggio terreno un vero e proprio inferno. La droga è una di queste, è un Moloch famelico che si mangia tutto, ruba il posto degli affetti, delle passioni, dei desideri e dello stesso istinto di sopravvivenza.
L’attività più che quarantennale delle comunità ci racconta come, nel corso del tempo e attraverso l’impegno di migliaia di persone, si possa combattere la piaga della tossicodipendenza.
Difficile stabilire quale dipendenza rappresenti la malattia o il sintomo di un malessere che si manifesta mediante l’uso e l’abuso di alcol o droghe.
Quanto realizzato dalla Cooperativa sociale Ama Aquilone, nata dall’incontro di due entità distinte fondate nel 1981 (Ama) e nel 1983 (Aquilone), che muove i suoi primi passi negli anni Ottanta – periodo storico in cui l’Italia attraversa un momento particolarmente favorevole sotto il profilo economico ma, contemporaneamente, è costretta a fronteggiare i contrasti sociali tra chi riesce a godere di tale benessere e chi, invece, ne resta escluso – si colloca all’interno di molteplici esperienze cha hanno caratterizzato tutto il territorio nazionale.
Troppe sono le persone che non riuscendo a ottenere il proprio posto nel mondo si ritrovano espulse dalla società, scoprendo nelle dipendenze il viatico per fuggire dalla realtà, per non essere toccati da una collettività che li ha respinti.
Le pagine del libro La stanza degli ospiti (Infinito edizioni, pp. 128, € 13,00), di Francesco Cicchi e Alessandra Morelli, sono pagine di speranza, sono il racconto non tanto delle storie di coloro che sono passati attraverso le diverse strutture della Cooperativa, ma della filosofia e dei metodi usati per sottrarre gli “ospiti” alle loro dipendenze.

Sentieri semantici
Accoglienza, semplicità, spiritualità, bellezza e dignità sono le parole d’ordine che hanno ispirato l’opera della Cooperativa, costruendo un microcosmo fatto di ritualità e di attesa, di fatica e di dolore per lasciarsi alle spalle un’esistenza sacrificata sull’altare della dipendenza, a favore di un’esistenza libera e dignitosa.
Il contatto con la natura, con i suoi colori, i suoi profumi, la rigida attesa dei suoi tempi e l’osservazione delle sue leggi sono elementi fondamentali per acquisire la capacità e la forza di portare a termine un lavoro che non è solo simbolico ma anche pratico e volto a occupare mani e testa affinché, attraverso l’abitudine, possano lenire il travaglio dell’incertezza e dello smarrimento.
Il lavoro manuale, trasmesso dagli ospiti più anziani a quelli più giovani, rappresenta un caposaldo del percorso terapeutico.
Oggi quelle produzioni agricole sono diventate dei prodotti commerciali che ne valorizzano ancor di più il significato.
Attraverso il gioco e lo scherzo, caratteristica importante dell’approccio terapeutico usato, si è potuto prendere in giro le fragilità e le debolezze umane, facendole così emergere e renderle visibili, in modo da poterle affrontare e non averne quindi paura.
Non mancano di certo i momenti di condivisione e di soddisfazione come “la celebrazione delle dimissioni”, ovvero il momento in cui un ospite può riprendere il suo cammino nel mondo esterno, evento che nel 2014 è stato aperto anche ai visitatori.

Nuovi percorsi terapeutici
In principio non esistevano protocolli o teorie in grado di guidare gli operatori verso il pieno recupero delle persone a cui loro si rivolgevano. Oggi si direbbe che è stato un work in progress che, mano a mano, ha visto le diverse esperienze pregresse di medici, psichiatri e psicologi trasformarsi in prassi che nel tempo hanno restituito risultati straordinari.
Stesso percorso ha seguito lo sviluppo della Cooperativa, aggiungendo nel corso del tempo nuove strutture ed edifici idonei al conseguimento degli obiettivi.
Le difficoltà vissute all’interno non erano le sole a dover essere affrontate; lo stigma sociale, la vergogna dei familiari e le ritrosie degli abitanti dei luoghi ove sorgono gli edifici della Cooperativa hanno rappresentato un problema in più con cui fare i conti.
Non poche sono state le persone che non hanno trovato la possibilità di rifarsi una vita, colpite dall’Aids che ha falcidiato un’intera generazione.
Diverse sono state le personalità del mondo artistico e di quello medico, del giornalismo e della politica che hanno partecipato e dato il loro contributo.
A distanza di decenni la Cooperativa marchigiana rappresenta una delle realtà più importanti nel panorama delle associazioni socio-sanitarie.

Antonio D’Angelo (www.bottegascriptamanent.it, anno XVIII, n. 203, settembre 2024)

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