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Politica ed Economia (a cura di La Redazione) . A. XV, n. 169, ottobre 2021

Zoom immagine Una storia
raccontata
dai suoi luoghi

di Rosita Mazzei
Leone Zingales documenta
l’orrore dei lager nazisti.
Edito da Mohicani


L’umanità ha attraversato spesso crisi tali da mettere in dubbio persino se stessa, ma nessuna ferita storica è così viva e cocente come quella che è stata aperta tramite la disumanizzazione all’interno dei campi di concentramento. Italia, Francia, Austria, Polonia e Germania sono state le nazioni in cui ha avuto luogo un orrore ininterrotto e dove il veleno del genocidio si è diffuso a macchia d’olio: la formazione dei campi di sterminio e le conseguenze di quella scelta sono ancora coperte del sangue di milioni di vittime di innocenti.
Attraverso tutto ciò ci accompagna il giornalista Leone Zingales tramite la sua opera Il lager di Dachau. Dalla barbarie nazista alla memoria (Mohicani edizioni, pp. 130, € 12,00), in cui vi è una descrizione analitica di fatti, persone e luoghi volta ad ampliare la conoscenza di un periodo così oscuro.

La storia come insegnante di vita
Nel 1942 vedeva la luce la “soluzione finale della questione ebraica”, scaturita dalla conferenza di Wannsee messa in moto e coordinata da Reinhard Heydrich. A pagare le conseguenze di questo orrore pianificato non furono solo gli ebrei, ma anche oppositori politici, omosessuali, nomadi e disabili.
L’importanza di un saggio di tale tipo può essere esemplificata dalle lucide e ferme parole dello stesso autore: «È importante, dunque, mantenere alta la memoria di questi luoghi affinché le generazioni future, nel mondo intero, possano giudicare un periodo della storia dell’uomo fatto di assurdi e cinici massacri e di inutili, sadiche, cattiverie». Leggendo ciò non possono non venire in mente le parole di uno dei filosofi italiani più importanti del Novecento. Difatti, Antonio Gramsci, tra le numerose riflessioni che ancora oggi riecheggiano iconiche e profetiche, scrisse che «l’illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari».
La scrittura volutamente asciutta di Zingales è in grado di far immergere immediatamente nel contesto da lui narrato. Le descrizioni sono incisive ed efficaci, creando un contatto con il lettore. Ed ecco che veniamo introdotti nel lager di Dachau, cittadina poco distante da Monaco di Baviera, dove venne realizzato il primo campo di concentramento, annunciato persino dallo stesso Himmler tramite il giornale bavarese Münchner Neuesten Nachrichten.
L’autore ci informa che il lager in questione, il primo della sua specie, fu aperto il 22 marzo 1933. La zona scelta era da bonificare; le paludi, infatti, rendevano la vita degli internati ancora più misera data la prolificazione continua di malattie. All’inizio i prigionieri erano solo 150, ma già a dicembre dello stesso anno la quota aveva superato i 4.800 e la cosa non poté far altro che peggiorare. Nel 1935, infatti, due anni dopo l’apertura di tale lager vennero approvate le leggi di Norimberga e il genocidio iniziò a prendere forma legale e riconosciuta dalle istituzioni.

Una rieducazione forzata volta allo snaturamento del sé
Nei campi di concentramento la brutalità divenne pane quotidiano. Zingales ci notifica il fatto che tra le mura e i recinti di tali strutture iniziarono a essere deportati chiunque venisse considerato sgradito dagli occhi del regime. Un esempio su tutti fu il fatto che durante le Olimpiadi di Berlino, nel 1936, vi furono una grande quantità di arresti nei confronti di persone considerate “asociali” e che, proprio per questo motivo, vennero trasferite a Dachau.
Il libro in questione, inoltre, non risparmia al lettore alcun tipo di dettaglio. Anno dopo anno, infatti, vengono elencate le modalità di costruzione dei vari campi di concentramento e le operazioni che portarono alla ridefinizione del modello iniziale adoperato già dall’ascesa di Hitler.
Nel corso dei mesi la macchina della morte si perfezionò ulteriormente e «in pratica la maggioranza dei prigionieri sono uccisi con il lavoro duro. I nazisti in questo periodo pianificano gli assassinii di massa e ciò viene programmato in tutte le strutture e non soltanto nei campi di sterminio che sono attrezzati per tale scopo. L’uccisione degli internati inabili al lavoro avviene sistematicamente secondo una programmazione decisa ad alto livello».
La “soluzione finale” iniziò a diventare tangibile realtà a partire dal 1941. Si avviarono le uccisioni di massa nei confronti delle razze Untermenschen, “sub-umane”: non solo ebrei, quindi, ma anche polacchi, nomadi, russi, disabili, omosessuali e tutti coloro che non rientrassero nello stereotipo dell’uomo ariano.

Un saggio analitico per non dimenticare
L’analisi del giornalista ci porta a conoscere verità dolorose sulla cattiveria raggiunta all’interno dei campi. Oltre alla fame, allo schiavismo, alle persecuzioni, i poveri internati dovevano subire anche le torture fisiche. Con lucidità estrema Zingales descrive le indicibili sevizie inflitte dai soldati delle Ss a chi veniva considerato irrispettoso del regolamento. Tristemente celebri divennero anche gli esperimenti scientifici sui corpi degli internati, che videro il loro corpo usato come cavie umane e che vediamo ivi elencati.
Il saggio è arricchito da fotografie del campo, con relative descrizioni, che vogliono mostrare la realtà indegna in cui erano costretti a vivere i numerosi prigionieri molti dei quali, purtroppo, trovarono la liberazione dalle proprie sofferenze solo con la morte. Zingales, per di più, ha inserito un’appendice finale in cui vengono elencati e snocciolati vari termini usati durante la Seconda guerra mondiale in modo da far comprendere al lettore la storia, le situazioni, i personaggi e le istituzioni di tale periodo.
Un saggio conciso che ha l’intento di mettere in luce aspetti non troppo conosciuti di una vicenda storica così penosa per l’intera umanità e che non dovrebbe mai finire nell’oblio.

Rosita Mazzei

(www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 169, ottobre 2021)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT