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A. XIV, n. 149, febbraio 2020
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Comunicazione e Sociologia (a cura di La Redazione) . A. XIV, n. 149, febbraio 2020

Zoom immagine L’Olocausto
affrontato

di Rosita Mazzei
Eleonora Spezzano
racconta di un buio
e orribile periodo


«Voi che vivete sicuri / nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici: / considerate se questo è un uomo / che lavora / nel fango / che non conosce pace / che lotta per mezzo pane / che muore per un sì o per un no. / Considerate se questa è una donna, / senza capelli e senza nome / senza più forza di ricordare / vuoti gli occhi e freddo il grembo / come una rana d'inverno».
I versi della poesia Se questo è un uomo di Primo Levi, scrittore e partigiano italiano sopravvissuto ad Auschwitz dove era stato rinchiuso perché ebreo, sono il modo migliore per introdurre il romanzo di cui si sta per parlare e che ha come tematica l’orrore che sconvolse il Novecento, aprendo le porte su una nuova forma di malvagità di cui si macchiò la specie umana. I cieli si ricoprirono di fumi densi che trasportavano morte e sogni spezzati in un’Europa capace di crudeltà inenarrabili.

La gioventù come speranza per il futuro
L’opera in questione, Hans Mayer e la bambina ebrea (Bonfirraro Editore, pp. 392, € 18,90), è l’esordio letterario della giovanissima Eleonora Spezzano, di quattordici anni appena, che raccoglie quanto appreso dagli studi scolastici sul periodo nazista e sul genocidio degli ebrei per rielaborarlo all’interno di questa suo primo romanzo.
La narrazione parte dalla Varsavia del 1941 e vede protagonista un ufficiale nazista alle prese con un rastrellamento di ebrei scovati a vivere al di fuori del ghetto della capitale polacca.
Hans Mayer, questo il nome dell’uomo, già da tempo alle prese con la propria coscienza a causa del suo indegno lavoro, vede crollare tutte le proprie certezze una notte quando ritrova per strada, da sola e sotto la pioggia, la piccola Marie Lacroix, ebrea di origine francese, scampata miracolosamente al rastrellamento in cui venne catturata la sua intera famiglia.
Hans, incredulo di se stesso, cercherà di aiutare in tutti i modi la bambina, colpevole di essere “impura” agli occhi di un esercito di pazzi esaltati. La narrazione è calata perfettamente nelle vicende storiche che si intrecciano alle vite dei due protagonisti, due volti della stessa tragica storia fatta di massacri e intolleranza.
L’ufficiale Mayer sarà costretto a mentire ai propri superiori e ad agire alle spalle di chiunque pur di comportarsi come coscienza gli impone, quella stessa coscienza che per troppo tempo aveva deciso di abbandonarlo tra le braccia di un’insensata burocrazia volta a vedere il prossimo come mero oggetto da eliminare.

La burocrazia della morte
L’autrice, giustamente, non si risparmia nel raccontare le orribili azioni compiute nel nome di un folle e di un ideale di morte. Le SS, i rastrellamenti, i viaggi senza ritorno verso i lager, tutto è sviscerato in maniera articolata per non permettere al lettore il lusso di dimenticare l’indimenticabile.
Il protagonista, in tutto ciò, può solo portare avanti un eterno esame di coscienza in cui comprende perfettamente le ragioni della propria vigliaccheria che lo portano a rinnegare i suoi sentimenti più puri a favore dell’istinto di sopravvivenza che alberga più potente in lui e negli altri militari piegati al volere di un esagitato.
La piccola Marie, di appena quattro anni, riesce a penetrare nella corazza di bugie che l’ufficiale tedesco aveva costruito intorno a sé per non dover ammettere la gravità dei propri peccati: diviene così consapevolezza del male perpetrato e sarà il primo pensiero di Mayer ogni volta che deciderà di lasciarsi andare tra le braccia dell’istituzionalità cieca e codarda.

Un romanzo dall’aspirazioni storiche e umanitarie
Tra bombardamenti, vite spezzate per pura malvagità, spie sempre pronte a guadagnare sul dolore altrui, Eleonora Spezzano ci regala un volume che, oltre a narrarci un pesante e importante avvenimento storico, ci dona una cosa fondamentale: la speranza. La speranza che l’orrore del passato, grazie alle nuove generazioni e all’impegno di ognuno di noi, possa per sempre essere superato e mai più commesso.
In un momento storico così difficile per la tolleranza e l’amore verso lo straniero abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi costantemente che quello che purtroppo è accaduto potrebbe ripetersi. La speranza per un’umanità più giusta è che la storia non venga dimenticata, ma che venga finalmente vista come equa maestra di vita.

Rosita Mazzei

(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 149, febbraio 2020)

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