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Home Page (a cura di La Redazione) . A. XIV, n. 149, febbraio 2020

Zoom immagine Componimenti senza tempo,
tracce di un viaggio mistico

di Adriana Colagiacomo
Da Controluna Edizioni una raccolta di elevata potenza stilistica.
L’autore, Alessandro Errico, è ermetico ma si fa comprendere


Qual è la differenza tra un testo poetico e un testo in prosa, abbiamo mai provato a porci una domanda del genere? Probabilmente no. E il motivo è che potrebbe sembrare una domanda banale, alla quale si potrebbe rispondere con una altrettanto scontata risposta. Eppure, a volte, quello che appare scontato è qualcosa che invece cela i significati più profondi.
La poesia sceglie il modo in cui dire un qualcosa che potrebbe essere detto o scritto in mille altri modi ma, probabilmente in alcuni casi, con meno potenza. Lo sa bene Alessandro Errico, che nei componimenti della sua raccolta di poesie Stretture d’ombra (Controluna Edizioni, pp. 64, € 9,90), facente parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, mostra una potenza espressiva certamente non comune, frutto di un lungo lavoro, di accurate scelte formali e metriche le quali, a loro volta, sottintendono un sostrato culturale raffinato e che, alla fine, offrono al lettore un lavoro ricco e raffinato.
La vicenda editoriale di questa raccolta è interessante: da una parte vi è lo scetticismo dell’autore stesso che per lungo tempo, come da lui stesso affermato in apertura, ha ritenuto questa sua raccolta un prodotto poco consono alle esigenze del mercato editoriale contemporaneo ma, dall’altra parte, protagonista è chi ha fortemente creduto che questi versi affiorati «durante nuotate creative nei mari della letteratura mistica multireligiosa e materica avvenuta nei primi anni del secolo» fossero degni di essere portati alla luce e, anzi, che fosse profondamente ingiusto lasciarli giacere sul fondo di un cassetto. Appare superfluo e scontato evidenziare quanto Bottega editoriale avesse ragione di crederlo.

La spontaneità della poesia e dell’arte in generale
Come piccoli pezzi di un puzzle, si incastrano e si susseguono le poesie di questa raccolta, tracciando, verso dopo verso, un percorso vario, a tratti ermetico ma pieno di sfaccettature, tematiche e significati diversi che, nel loro insieme, riassumono il senso dell’intera opera.
L’autore ci accompagna tra luci e ombre, tra testi sacri e mitologici, tra presente e passato, tra realtà e ricordo. Le scelte formali e metriche creano, inoltre, un rallentamento e, all’esatto opposto, una velocità del ritmo poetico, a seconda di quello che il poeta, in quel particolare frangente, ha voluto trasmettere al lettore.
Questa particolarità del ritmo, ora tranquillo, ora più incalzante, è stata giustamente messa in evidenza anche nella Prefazione dalla voce autorevole del noto critico letterario Renato Minore, il quale scrive: «Grazie anche alla capacità formale, non so quanto voluta e cercata da Errico, di rallentare i versi brevi spesso usati (molti senari, settenari e ottonari) che, per loro natura , sono più veloci, portati a scandire azioni, eventi, tumulti. Ma si sa: un poeta deve essere inconsapevole quel tanto che basta e consapevole quel tanto che serve».
Tale osservazione, di per sé interessante, apre la strada anche ad altre considerazioni sulla poesia e l’arte in generale, su questo lavoro nello specifico. Infatti la poesia, come le altre arti, deve necessariamente essere un fluire spontaneo, a tratti quasi inconsapevole.
L’iniziale scetticismo dell’autore denota proprio questa specie di inconsapevolezza che è la fonte dello stesso fluire delle poesie, generate dall’immersione totale in quella letteratura mistica e multireligiosa che è alla base dell’ispirazione del poeta.
«Un giorno di male qualunque, / chiaroventato dal sole di un brivido, / rasenta l’increspato dire. / Gli scalini della profezia / sono scaglie ossute dei monti / per la salita dello scorpione. / L’acqua promessa a culla del tormento / mischia pietre sapide del Nilo / per far mattonaia con poca paglia. / Il tempo interiore, / quello delle spighe nuove, / farà del viso un cielo d’erbe».
Un’opera sospesa, che accompagna il lettore in un viaggio senza tempo, in cui poter perdere la bussola per immergersi in ambientazioni, paesaggi e sensazioni antiche, cariche ora di malinconia ora di nostalgia ora di dolore, come «un giorno di male qualunque», o, ancora, di speranza, come quel «Paese che non ebbe venti, avrai un angolo di neve per lavarti le ferite».
Talvolta ermetiche, queste poesie riescono a colpire in pieno l’emotività di chi legge poiché tale ermetismo non rappresenta un limite. Anzi, rappresenta un valore aggiunto, la possibilità, per tutti, di abbandonarsi alle emozioni nel modo più personale possibile.

Adriana Colagiacomo

(www.bottegascriptamanent.it, anno XIV, n. 149, febbraio 2020)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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