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Problemi e riflessioni (a cura di La Redazione) . A. XIII, n.144, settembre 2019

Zoom immagine L’amore è eterno e forte:
si dimostra con poesia

di Giuseppe Chielli
Paolo Parrini e la sua silloge su un sentimento,
espresso in forme differenti e modi temporali


Cos’è l’amore? In maniera semplicistica potremmo dire che è vita. Di conseguenza si racchiudono in esso gli altri sentimenti, la gioia ma anche la tristezza e molte altre derivazioni. Nella storia della letteratura, e non solo, un’infinità di persone si sono cimentate per parlarne e dare la loro opinione sull’argomento.
Su queste tematiche, ma anche su temi quali l’inesorabilità del tempo e il rapporto con la divinità, insiste Paolo Parrini, di professione commerciante ma poeta per passione, nella sua quarta raccolta poetica, Quando cadranno i giorni (Giuliano Ladolfi editore, pp. 80, € 10,00).

Oltre l’amore
Il testo, parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, è una silloge divisa in tre macroaree: Dentro le nostre ore, D’azzurrità e di cielo, D’ombra e di mancanza. Ad arricchire la raccolta vi è in apertura la Prefazione di Renato Minore che mostra lo scopo generale della poesia e sullo stile di Parrini, come si può leggere di seguito: «Spesso ci interroghiamo su cosa significhi una poesia d’amore. E sentiamo l’esigenza di una risposta semplice. Semplice ma non banale. Intendo per semplicità la sintesi di gratitudine e abbandono, slancio e autenticità, intimità e riserbo, calore e armonia. Sentimenti, modi di essere, traguardi esistenziali che non sono inutili nel quando s’incarnano in una lingua riconoscibile, o comunque non casuale e improvvisata […] la sua poesia è segnata da una lieve, tenace, esaltante apprensione amorosa che interroga l’oggetto del desiderio, attraverso tempi diversi, su ciò che è stato, ciò che è, ciò che sarà».
Si può trattare di un abbandono all’altro, come nella poesia Vieni qui da me: «Vieni qui da me, /lavami da tutto quel che di male/ho fatto, lasciami tornare bambino,/sono tanto stanco vorrei dormire/adesso, dentro il cuore tuo». Dunque l’amore viene visto in maniera totalizzante, unica. Stesso concetto viene sostenuto nel componimento Del cielo, parlami, dove Parrini afferma: «E adesso riavvolgimi d’abbraccio/come fossimo tornati al giardino d’oro/e di speranza, e muovi il viso./Sorriso e pianto son la vita nostra / oltre l’ostacolo smuore lieve /ogni ritorno […]».
Quindi, seguendo un modello quasi stilnovistico, l’amore è rappresentato come una gioia emblematica, specialmente nella sofferenza. Questo sentimento è dunque pieno di “fiere”, di mostruosità, che destano ulteriore incertezza, quasi a simboleggiare una sconfitta, portandosi a chiedere cosa sia l’amore veramente. Come viene mostrato nella dichiarazione di Non so cos’è l’amore: «[…] l’ho perso fuori, nei campi di neve/mi si è impigliato tra i capelli, e il vento me lo ha strappato,/per farne nuvole bianche, lontane./Non so cos’è l’amore,/lo cerco ogni giorno,/sulle rotaie di un treno sfuggito,/dentro i mille ritorni,/le mille sconfitte». L’amore, inoltre, può essere anche un ricordo, che va osservato in lontananza se appartiene al passato. In Il mio cuore nel vostro Parrini infatti scrive: «Noi fusi abbracciati,/che passi il dolore/rimasto dentro, per fluire,/svanire nell’aria […]».

La donna come Musa e padrona
Alla stessa maniera dei poemi epici, ma anche delle composizioni latine elegiache, o ispirato dai versi di Dante e Petrarca, la donna ha un ruolo guida, da ispiratrice, fondamentale quindi nel capire l’amore. Questo concetto in Prefazione lo ricorda Renato Minore: «L’amore perduto e perciò più amato ancora, l’amore che si fa memoria, l’unica possibile memoria emotiva. E anche scuro e impraticabile, minimo e interminabile territorio che unisce, o divide, il poeta e il suo femminile oggetto: alla donna tocca vivere o addirittura incarnare […]». Importante è anche accettare chi si ama, per la persona che è. In Sempre ti avrei raccolta si dice: «Non ti amo per quel che sei/ti amo per quel che vidi in te/per quel tuo barlume/che m’illuminò mille anni fa/per la tua foresta verde/fattasi scura frontiera […]». Nella poesia Ali di neve Parrini chiede alla sua Musa di insegnargli il valore dell’amore: «Insegnami a pregarti/a raccoglierti sotto i grumi abbandonati,/insegnami l’amore, quello vero/perché il fiore nasce e muore/ma sembra all’alba sorridere mentre smuore».

Inesorabilità del tempo e amore
L’amore, come il tempo, è un qualcosa che fluisce e che scorre inesorabilmente. Di questo concetto si parla, appunto, nel componimento Del mio fluire: «Di questo mio fluire/di questo nostro incessante morire / farò un giorno un falò. / Vi brucerò tutte le mie paure / riscalderò l’anima e il corpo / allora s’illumineranno gli inverni / e le crepe sul mio viso».
Il linguaggio e il poetare di Parrini sono molto limpidi e diretti. Vi è un uso molto libero della rima e dell’enjambement, che crea in alcuni casi un ritmo più intenso, in modo da comunicare maggiori emozioni nel lettore, anche grazie al rivolgersi a una sorta di Dea ispiratrice a cui bisogna affidarsi, per comprendere tutte le forme che può avere l’amore.

Giuseppe Chielli

(www.bottegascriptamanent.it, anno XIII, n. 144, settembre 2019)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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