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A. XII, n.134, novembre 2018
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Home Page (a cura di La Redazione) . A. XII, n.134, novembre 2018

Zoom immagine Analisi di un mondo al contrario:
e se i normali fossero gli strani?

di Giuseppe Chielli
Per Erga Edizioni Salvatore D’Ascenzo con analisi sociologica
racconta come il mondo venga visto da chi considerato “diverso”


L’uomo vuole andare sulla luna senza calpestare le aiuole (Erga Edizioni, pp. 60, € 13,00), l’ultima fatica di Salvatore D’Ascenzo, è un romanzo che traccia, attraverso una serie di narrazioni, una velata analisi sociologica, al fine di evidenziare, come già si evince dal titolo, le contraddizioni della vita, che potremmo immaginare come un anonimo sfondo nero, e la voglia continua di evasione.
Ma evasione da chi, da cosa? Nei fatti, il testo è suddiviso in una serie di racconti nei quali magnificamente l’autore dà spazio agli ultimi, a coloro i quali vengono estraniati dalla nostra società perbenista, volta all’inseguimento di futili apparenze: con questa scelta narrativa l’autore vuole far capire quanto quelli che sono considerati gli “scarti” della società riescano ad avere una sensibilità e a percepire cose che i cosiddetti “normali” non riescono nemmeno lontanamente a intuire. Pare esserci un vero e proprio studio psicologico da parte di D’Ascenzo. Forse, come scriveva Schopenhauer, «genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per altri». Può darsi… e chi siamo noi per poter contraddire il famoso filosofo?

I personaggi
La raccolta ha come protagonisti dei vari racconti, tra i tanti, un carcerato, persone con disturbi mentali o che convivono con la depressione, ragazzi innamorati, bambini ripresi nel momento della loro nascita, ma anche personaggi che si interrogano sul senso della guerra.
Il testo suscita una serie di emozioni che, come un pendolo – per rievocare sempre un oggetto filosofico caro a Schopenhauer – oscillano tra il dolore e la tristezza, passando per attimi di comicità e felicità che, tuttavia, risultano sempre apparente e finta, come le nostre stesse esistenze.
Una menzione particolare la merita il racconto dal titolo Il mare di Sarajevo dove due ragazzi immaginano una Sarajevo bella, con il mare, atto a simboleggiare una città non dilaniata dalla guerra, per cui il succitato mare è spazzato via; non per cause naturali, quindi, ma per la brutalità dell’uomo.
Per capire a pieno il senso del libro riportiamo due citazioni che sono esemplificative e piene di significato. La prima riguarda Oreste, un uomo affetto da problemi mentali chiuso in manicomio e che, guardando il suo vicino di “casa” Norberto fare improvvisamente numeri da circense per strada, si sente dire da lui: «Oreste! Non sono io il pazzo ma sei tu che ti preoccupi per me e non ti accorgi di essere uscito in mutande!»; la seconda, presente nel racconto dal titolo Avanti il prossimo dove al centro vi è la nascita di un bambino e in cui sono elencate una serie di ipocrisie, recita: «Non posso non pensare al futuro del piccolo e ai tanti altri bimbi che dovranno nascere; nella vita siamo abituati a due importanti celebrazioni, la nascita e la morte. Quello che succede tra i due eventi è solo la lunga attesa che ci separa da un capo all’altro».
Una frase che sembra essere un memento per tutti sul fatto che la vita altro non è se non una recita in attesa che questa venga bruscamente interrotta da cause naturali.
Questi momenti di serietà e di gravezza sono magistralmente interrotti, come accennato, dal comico di alcuni racconti, come in La Fatidica proposta, avente come protagonisti due ragazzi, Marco e Valentina, che amoreggiano nel parco con alle spalle il vecchietto guardone, oppure il racconto Acufeni dove protagonisti sono alcuni amici al bar che conversano sui loro problemi, dopo aver spinto l’amico Settimo a offrire per tutti, senza dimenticare la scena più esilarante di tutte: l’uomo che pur di farsi notare dal cameriere si accovaccia sotto un tavolo del ristorante e che, come scusa, utilizza il controllo fittizio sul voler sapere di che tipo di legno è fatto il tavolo!

Lo stile
I periodi sono relativamente brevi e dal linguaggio abbastanza immediato e quotidiano, calandosi ogni volta alla perfezione nel registrare i fatti e i personaggi narrati. Alcuni racconti sono lunghi, e latri più brevi, proprio come gli attimi delle nostre vite. Per come scritti alcuni racconti brevi sembrano quasi poesie.
Nonostante la trama incerta, che può creare delle prime incertezze in un lettore poco abituato a questo genere di testi molto eterogenei e pregni di pensieri “forti”.
Di ispirazione per l’autore nella caratterizzazione psicologica dei personaggi sicuramente sono stati i grandi della letteratura nostra, come Svevo e, soprattutto, Pirandello – come si nota dalle scene monotone e quotidiane che ripetono alcuni protagonisti – mentre nel raccontare le vite di alcuni emarginati pare seguire invece la scia di alcuni “racconti di strada” di Pasolini.
Un libro, dunque, che prima di narrare aiuta a riflettere su quelle che sono le nostre vite e i vuoti e frivoli costumi della nostra società, basata soprattutto sulle apparenze e che, si spera, possa aiutare a liberarci di esse per vivere in completa autenticità.

Giuseppe Chielli

(www.bottegascriptamanent.it, anno XII, n. 134, novembre 2018)

Collaboratori di redazione:
Teresa Elia, Ilenia Marrapodi, Maria Chiara Paone, Giusy Patera
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