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A. XII, n 125, febbraio 2018
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Storia (a cura di La Redazione) . A. XII, n 125, febbraio 2018

Cosenza nella
grande storia
dell'Italia

di Gilda Pucci
Due densi saggi
di Giovanni Sole.
Rubbettino editore


«Tutti sul treno del vincitore ma pronti a scendere alla prima fermata se le cose vanno male». A Cosenza, durante la Seconda guerra mondiale, mentre i soldati combattevano fino all’estremo sacrificio per la grandezza della Patria, molti "tornacontisti" borghesi, aspettavano pronti ad aggregarsi ai vincitori.
I pochi antifascisti non avevano il coraggio di palesare le proprie idee, si nascondevano e speravano di scendere in piazza solo all’arrivo dei sovietici o degli inglesi.
I capi fascisti, pronti ad immolarsi per la rivoluzione fascista, alle prime bombe sganciate dal nemico, fuggirono nelle campagne e allo sbarco degli anglo-americani si nascosero, si diedero alla fuga. Dopo la sconfitta furono accusati di aver contribuito alla rovina dell’Italia, riconosciuti colpevoli dalla Commissione per l’epurazione, ma la condanna fu di poco conto, si pensò solo alla sospensione per due anni dei diritti elettorali passivi e attivi. In nome della pacificazione nazionale furono poi dimenticati insieme alla tremenda guerra che aveva portato miseria, fame, sofferenze e lutti fu dimenticata. Tornacontisti, cacadubbi, panciafichisti. Mito e realtà della guerra a Cosenza (1940-1945) (2017),il saggio di Giovanni Sole (Rubbettino editore, pp. 196, € 11,90) è un libro documentato, amaro e ironico, che si colloca a metà tra la ricerca storico-antropologica e il pamphlet. Una riflessione generale, che va oltre i confini della singola città, sul comportamento degli italiani, colti in un momento cruciale della storia.

La distorsione della storia
Sempre con la stessa casa editrice, nella stessa collana “Zonafranca”, esce un altro saggio dell’autore:Il barbaro buono e il falso beato. Sull’invenzione della storia e della tradizione in una città di provincia. (pp. 184, € 10,20).
Il libro esamina e analizza come gli storici locali, nel tentativo di attribuire a Cosenza un glorioso passato, abbiano manipolato gli avvenimenti e distorto le fonti, mescolato il vero al verosimile. I cosentini si sarebbero differenziati al Sud per lo spirito indipendente, l'amore per la cultura e l'apertura nei confronti dello straniero.
Oggi la costruzione della memoria avviene in un ambito metastorico e azzera la differenza tra attività intellettuale e attività economica, favorendo la distinzione tra cultura alta e cultura popolare. La strategia degli storici mette in scena sogni collettivi e forme archetipe dell'immaginario su cui gli uomini ordinano da sempre i loro desideri.
Il saggio vuole nascondere e urlare un sentimento forte e presente nella realtà provinciale modellandola falsamente per favorire la crescita della fama di un determinato luogo. «Gli storici calabresi cercarono con ogni mezzo di sfatare l’immagine falsa e negativa costruita all’estero, rivendicando per la regione origini mitiche che ne attestassero la grandezza». Gli studiosi celano la verità, accrescendo le menzogne e impastando un appetitoso piatto per l’apparire. Vengono esaltate le leggende e la mitizzazione di una terra, veicolo di funzionalità interna, la celebrazione della terra stessa. «Una sorta di vestito immacolato che vela un corpo lacerato: il corpo della storia di una città». Calà e Alarico sono solo due esempi di questa “truffa” che coinvolge ritrovamenti di tesori sconosciuti.
Il barbaro buono e il falso beato è un libro importante non solo per i cosentini e per la città di Cosenza, ma per ogni italiano che abbia voglia di chiarire le proprie idee riguardo il concetto di storia e che troppe volte è stato ingannato da libri di parte, scritti “storici” invasi da un effetto romanzato e fantastico, eruditi esperti nel manipolare le fonti e reinterpretare i dati in un limbo sospeso tra possibile e impossibile, verità e non verità.
Giovanni Sole insegna Storia delle tradizioni popolari presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università della Calabria. Da anni la sua ricerca è orientata nell’ambito dell’antropologia storica. Con Rubbettino ha pubblicato: Il tabù delle fave. Pitagora e la ricerca del limite (2004), Francesco di Paola. Il santo terribile come un leone (2007), Castrati e cicisbei. Ideologia e moda nel Settecento italiano (2008), Sibari. Storia mitica e miti storici (2010), Tirate al petto! La Calabria citeriore nel Risorgimento (2011), La foglia di alisier. Calabria e calabresi nei diari di viaggio (2012), Cavalieri erranti. Fortuna e declino degli scacchi in Calabria (XVI-XVIII secolo) (2014), L’invenzione del calabrese. Intellettuali e falsa coscienza (2015), Shrapnel e schwarzlose. La Grande Guerra in una provincia calabrese (2015).

Gilda Pucci

(www.bottegascriptamanent.it, anno XII, n. 125, febbraio 2018)

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