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Zoom immagine In una “Macondo” del Meridione
la quotidianità si unisce al mito

di Gabriella De Santis
L’esordio narrativo di Pantaleone Sergi, autorevole saggista. Un testo sui modi di vivere. Un “caso letterario”. Edito da Pellegrini


Ci sono esordi che hanno un sapore speciale, che più di altri racchiudono in se stessi speranze e aspettative, caricandosi di attese.
Se questo può essere valido in ogni campo, lo è in particolar modo in quello letterario in cui le attese dell’autore si mescolano a quelle del pubblico e, quasi sempre, a quelle degli “addetti ai lavori” che su quell’esordio e per quell’esordio hanno a lungo lavorato.
Ci sono autori dall’esordio facile, fulmineo, e poi ce ne sono altri per i quali, invece, tutto è complesso, meditato, frutto di un percorso esistenziale, prima che artistico. Ci sono testi che immediatamente vedono la luce e ce ne sono altri che, al contrario, restano a lungo in un cassetto; vengono tirati fuori qualche volta nel corso degli anni e riletti, rivisti, meditati per poi essere rimessi subito al loro posto nella speranza che arrivi il momento giusto, quello che, quando finalmente giunge, porta con sé la forza dirompente dei “casi letterari”.
È questa la sorte del romanzo in questione che, per noi di Bottega editoriale, è una specie di “figlio” (fa parte, difatti, della nostra “scuderia letteraria”) del quale abbiamo seguito con ansia e trepidazione il “travaglio” e che abbiamo accompagnato, pieni di orgoglio, in questa prima fase del lungo viaggio che lo attende.
Ma qual è il titolo del romanzo a cui ci stiamo riferendo? Qual è l’opera che per noi addetti ai lavori, abituati nel tempo ad avere a che fare con moltissimi testi più o meno buoni, si carica di tante aspettative e significati vari?
Si tratta di Liberandisdòmini, il romanzo di esordio di Pantaleone Sergi, noto al pubblico come giornalista e saggista (ha pubblicato, tra l’altro, con Bulzoni, Franco Angeli, Laterza, Rubbettino, nonché lo stesso Pellegrini) che debutta con un romanzo assolutamente sui generis.
Se García Márquez fosse ancora vivo e avesse modo di leggere Liberandisdòmini molto probabilmente riconoscerebbe in esso una sorta di fratello minore, un Cent’anni di solitudine che si allontana dalle calde latitudini del Sud America per immergersi in quelle, altrettanto calde a dir la verità, dell’Italia meridionale, della Calabria a voler essere precisi.
Effettivamente, immergersi in questo romanzo equivale ad essere catapultati in una Macondo del Sud Italia, in un tempo e in un luogo che sono perfettamente descritti e, quindi, possono essere assolutamente circoscritti e circostanziati, ma che contemporaneamente, quasi per incanto, sono fuori dal tempo e dallo spazio, avulsi da ogni contatto con qualsivoglia parametro del reale e intrisi di un’atmosfera che da vicino ricorda proprio il “realismo magico”: quella visione lucidamente attonita e sbalordita della realtà di cui è impastata profondamente tanta letteratura, sudamericana e non solo, del ’900. Quando aprirete Liberandisdòmini (che uscirà ad aprile per Pellegrini editore) vi sembrerà di essere improvvisamente sbarcati a Macondo, forse… Non è nostra intenzione raccontarvi qui questa storia, che è sicuramente da leggere, da bere tutta d’un fiato perdendosi tra le strade del paese, ascoltando le voci di quei personaggi che, ne siamo certi, non dimenticherete facilmente. Potrete andare in stazione ad attendere anche voi il nipote del sindaco, oppure bighellonare davanti all’unica farmacia del paese, covo e ritrovo dei notabili locali in cui si discute di tutto e di niente, palcoscenico privilegiato su cui il lettore, attento e curioso, può affacciarsi per guardare più da vicino gli eventi che si dipanano sotto i suoi occhi.
Lo stile di Sergi è intenso ed estremamente personale, il lettore resta invischiato nel suo narrato e nelle sue storie che, come un gioco di scatole cinesi, contengono altre storie; le sue parole, un impasto unico e originalissimo di italiano e dialetto, raccontano di un microcosmo arcano e perfetto: di Mambrici, paese di una Calabria sospesa tra leggenda e realtà, che cambia senza mutare mai, che invecchia pur rimanendo sempre giovane…
Fino a quando? Fino a cosa?
Non è questo il momento né il luogo per svelarvi il suo destino, e nemmeno per dirvi se Mambrici e i suoi abitanti avranno o meno un destino oppure rimarranno per sempre nell’eternità, apparentemente, senza passato e senza futuro, in bilico tra realtà e incanto, tra sospensione fantastica e concretezza del mondo.
Per adesso possiamo solo limitarci a consigliarvi, come tanto tempo fa è stato fatto da qualcuno di ben più importante di noi, di andare a “conoscere il ghiaccio”…

Gabriella De Santis

(www.bottegascriptamanent.it, anno XI, n. 114, marzo 2017)

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