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A X, n 110, novembre 2016
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Comunicazione e Sociologia (a cura di La Redazione) . A X, n 110, novembre 2016

Psicoanalisi
e arte: affinità

di Cristiana Gagliardi
Al di là della cura,
il genio creativo
come trait d’union


L’indagine psicoanalitica ha una vasta gamma di campi di applicazione che non sono strettamente connessi alla cura. L’interesse per la conoscenza e l’interpretazione dell’evento psicodinamico individuale, sempre e comunque relazionale, rappresenta una modalità di approccio utilizzabile per differenti discipline di studio.
Fra queste, quelle artistico-letterarie trovano un’inesauribile fonte di approfondimento, grazie al prezioso vaglio ermeneutico fornito dal modello psicoanalitico. Freud attinge a piene mani dai classici della cultura greca, riuscendo ad attualizzare e rielaborare, in una chiave interpretativa del tutto originale, eroi e divinità di quell’antica mitologia. Egli è attratto anche dallo studio della personalità di alcuni geni dell’arte italiana come Leonardo da Vinci e Michelangelo.
Moltissimi psicoanalisti si sono interessati allo studio e alla comprensione di opere artistico-letterarie, utilizzando il potere evocativo dell’elaborato per approfondire e spiegare processi psicodinamici intra e/o interpersonali. Alcuni personaggi di opere letterarie, teatrali, pittoriche e musicali sono stati utilizzati per simbolizzare conflitti intrapsichici e relazionali. Dall’analisi delle opere è spesso derivata una maggiore e più intima conoscenza della personalità di numerosi artisti. Si possono evidenziare molteplici punti di convergenza fra tali discipline, ne esploreremo alcuni.

Elementi di comunanza tra il lavoro dello psicologo e quello dell’artista
Il silenzio può essere considerato il punto di partenza, per l’artista che necessita di un intimo raccoglimento interiore, in grado di facilitare l’accesso all’universo emotivo e fantastico e di predisporre al vaglio delle infinite potenzialità ed alternative espressive, viatico indispensabile per l’accesso all’energia creativa. È facile immaginare come il pittore o lo scultore necessitino del silenzio prima di progettare la loro opera.
Talvolta, anche quando il soggetto del lavoro è stato scelto, questi artisti rimangono in silenzio a contemplare l’oggetto che va prendendo forma. Ciò che viene rappresentato è l’oggetto di pensieri, ricordi, desideri, angosce, sogni e miti dell’artista e del mondo relazionale e transgenerazionale in cui egli vive.

La genesi della produzione culturale
Quanto evidenziato per le arti figurative è ancor più frequente per tutte le arti che ruotano intorno alla scrittura. Il romanziere e il commediografo necessitano di un lungo periodo d’incubazione prima di produrre la trama di un racconto; spesso è necessario raccogliere ricerche su epoche storiche, di molto antecedenti al periodo in cui l’artista vive. Il silenzio offre l’opportunità di tenere libera la scena su cui, poco alla volta, prendono vita i vari personaggi. Si tratta di un raccoglimento che concede all’artista d’attingere all’universo sconfinato delle proprie fantasie su se stesso, sugli altri, sull’infinito mondo relazionale che lo lega agli accadimenti passati o presenti, vissuti direttamente, indirettamente o solo immaginati.
Nel lavoro dello scrittore e ancor più in quello del poeta il silenzio è fondamentale per trovare il passaggio angusto, che porta ad accedere a quella parte dell’universo emozionale talmente riservato e riposto da potersi definire inconscio. Nella musica e nella poesia il silenzio permette di trovare le note o i versi capaci di produrre e/o riprodurre l’incanto di una lacrima o di una risata, lo scroscio della pioggia o di una cascata, l’urlo del dolore o della gioia, utilizzando il potere evocativo del sogno o del mito per giungere alla commozione o alla sublimazione.
Anche lo psicoanalista necessita del silenzio, che dovrebbe essere una sorta di capacità acquisita attraverso anni di esperienza e di lavoro su di sé e sul proprio mondo interno. Un buon lavoro di analisi personale e di autoanalisi dovrebbe favorire una conoscenza e accoglienza di sé, elemento indispensabile per poter realizzare quella condizione di “silenzio-accoglimento” dell’altro. Il soggetto sottoposto ad analisi diviene l’oggetto della mente dell’analista, che deve poter cogliere i vari elementi reali e fantastici del mondo emotivo-relazionale del paziente oltre che riuscire a differenziarli dai propri.

La rêverie come tecnica di accoglienza della coscienza immaginaria
Quest’attitudine al silenzio in psicoanalisi viene spesso definita con il termine di rêverie o alfa-rêverie, che consiste nella funzione relazionale che nasce nel rapporto tra madre-contenitore e figlio-contenuto, in cui la prima accoglie gli elementi conflittuali, angoscianti dell’altro, utilizzando il proprio mondo fantastico-relazionale per “bonificarli”. Come la madre, l’analista favorisce la trasformazione del terrore e dell’angoscia in sentimenti o fantasie meno distruttivi, più facili da re-introiettare. Allo stesso modo della madre, l’analista non deve cambiare o alterare le inclinazioni, i progetti o le valenze dell’oggetto delle sue cure, deve solo riuscire a individuare la nota stonata all’interno di una sinfonia, interpretandone il significato e proponendo un accordo più congruo, attraverso l’interpretazione.
Anche l’arte può avere la funzione di contenere, elaborare e addirittura aiutare a sublimare le pulsioni più devastanti del genere umano, favorendo un percorso individuale e collettivo di crescita e di armonizzazione.

Cristiana Gagliardi

(www.bottegascriptamanent.it, anno X, n. 108, agosto 2016)

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