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A X, n 107, luglio 2016
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Home Page (a cura di La Redazione) . A X, n 107, luglio 2016

Zoom immagine Una storia di amore e di coraggio
si rivela un inno al Carpe diem

di Gabriella Zullo
Dall’estro di Mariangela Monaco, un intrigante romanzo ambientato
nella Russia postsovietica. Prossima pubblicazione di Tabula Fati


Non vi troverete di fronte alla consueta storia d’amore alla stregua di quei romanzi rosa che fanno le loro comparse nelle afose domeniche estive in riva al mare. È un libro di quelli che vanno assaporati, pagina dopo pagina, prendendosi il tempo giusto per fermarsi alla fine di un capoverso, distogliere per un attimo lo sguardo e rispondere al fatidico “E se ci fossi io al suo posto?”. La Presunzione. Storia d’amore all’ombra del Cremlino fa parte della scuderia di Bottega editoriale.
Il romanzo di Mariangela Monaco racconta l’amore di Aleksej Oblovic, docente e primario del reparto di Oncologia, e Ljudmila Sokòlova, una specializzanda: un amore proibito, soprattutto nella Russia di fine ’900 che aveva visto fallire il regime sovietico dove la società, schiava del pregiudizio e del rigore morale, guardava minacciosa e intransigente all’unione di due mondi così diversi.
La differenza d’età e soprattutto di status sono i principali motivi del “peccato”: «L’ipocrisia universitaria tollerava, sconsigliandola, una breve storia con un’allieva, ma non una relazione duratura: uno smacco o un’offesa per il decoro dell’antica università. Non si poteva avere per compagna la propria allieva, questo proprio non poteva essere. Nessuno sarebbe andato a pensare che la somiglianza, dettata da affinità intellettuali sommate all’attrazione, rendesse impossibile astenersi dall’infrangere quella regola».

La storia d’amore come punto di partenza
Ma il romanzo non si risolve con il binomio professore-studentessa, ormai superato anche dal sentimento e dall’esigenza letteraria del grande pubblico. I colpi di scena rendono il romanzo imprevedibile: i personaggi, le azioni sembrano essere delle mere coincidenze come quelle che sconvolgono il corso della vita di ognuno. E nel creare questa illusione, attraverso un realismo cinematografico, l’autrice è stata un’ottima regista: a muoversi tra l’università Lomonosov e il reparto oncologico nell’ospedale Na Kashirka non sono gli eroi della tragedia classica né le loro sovrumane gesta, ma dei personaggi comuni pregni di umanità, con le paure, i dubbi, gli indugi, le scelte, i difetti, i dolori e gli sbagli che appartengono a qualsiasi essere umano.
Il forte affetto che lega i protagonisti, in fondo, è solo un punto di partenza per riflettere sul bisogno d’amore che è la chiave di volta per vivere appieno la vita, per non renderla vana, scontata e colma di rimpianti. L’autrice infatti spiega che «la scelta di raccontare questa storia, che ha come sfondo la realtà di un reparto oncologico, è dovuta alla profonda speranza che nutro, che da qualche parte, magari in Russia, appunto, una professionalità valida e illuminata come quella del protagonista, Aleksej, esista davvero».

Il coraggio di vivere: l’unica via d’uscita dal labirinto dell’esistenza
«‟Ci vuole coraggio Karl, il coraggio di vivere, di morire, di parteggiare e di patteggiare, di fare parte di una minoranza, perché quasi sempre le maggioranze hanno torto, di augurare buona giornata quando la tua è pessima, di decidere, Karl, anche quando è costoso, di essere pronti, di saper rinunciare quando tutto ti sta dicendo che è sbagliato: il coraggio di non cadere nel ridicolo!” Quindi, Aleksej fece una pausa e gli chiese piano avvicinandosi a lui ‟Tu ce l’hai il coraggio Karl?”». E voi?
È come se l’autrice si rivolgesse direttamente a noi. Il lettore non può fuggire il dialogo, è costretto a rispondere. Non lo farà ad alta voce, ma certi pensieri fanno più rumore di un’orchestra in concerto. Lo stile dell’autrice, così diretto, il ritmo fluido del racconto che si fa spezzettato nelle descrizioni, fa sì che la lettura sia attiva e coinvolgente. È come se il lettore venisse interpellato nei dialoghi dei protagonisti: si trova lì, con loro, nella storia, a sperare che prima o poi tutti facciano la cosa giusta, seguano il loro istinto schiaffeggiando l’ipocrisia del mondo sempre pronto a puntare il dito.
Grande importanza hanno anche tutti quei personaggi secondari che, in un modo o nell’altro, sono legati tra loro: Hans e Vladimir della piccola sartoria, Agaska Bergoja e altri nomi che compaiono una sola volta nella storia ma fanno capire nella loro semplicità che tutti siamo alla ricerca di qualcosa nel labirinto spesso intricato e dispettoso del destino. Il protagonista, Aleksej, sembra indicare, inconsapevolmente, la via d’uscita, acquistando un ruolo simile a quello del filo di Arianna.

Aleksej Oblovic
«Anticonformista per eccellenza nell’intera cerchia accademica, non seguiva la moda, preferendo morbidi pantaloni in velluto a coste e maglioni di cashmere che rappresentavano il suo abbigliamento usuale […]»: tutto ruota intorno alla figura così tremendamente umana del brillante medico che per la sua umiltà e il suo altruismo è adorato da tutti. Attraverso le parole dell’autrice semplici ma accuratamente selezionate, la sua personalità arriva al lettore forte e chiara. Ad esempio, dopo il gesto audace di Ljudmila di dichiararsi una volta per tutte, vengono fuori tutte le debolezze di lui: «La verità era sconcertante. Aveva il dovere di confessare a se stesso che serviva a frenarsi dall’andare in una direzione che si era imposto di non voler più prendere dopo Lena; ma era un uomo – e perfino lui apprese questa verità – esattamente come gli altri». Non è il ritratto del superuomo – anche Nietzsche in fondo si era convinto che non potesse esistere, né che potesse essere migliore la sua esistenza! Qui vediamo un uomo lacerato dal passato, che continua a frenare e a chiudersi nel presente sempre in memoria del suo grande amore che non c'è più. Lena era ancora giovane quando morì di tumore osseo. Ma grazie a Ljudmila, il professore si dà una seconda possibilità: «Sì, stava cambiando, lo avvertiva. La consuetudine dei suoi gesti, dei suoi impegni, gli appariva sempre più scialba, sentiva che gli impegni di ogni giorno non gli bastavano più, che voleva di più. Si riscoprì nervoso, scostante, con tutta probabilità irritato da quella stessa perfezione, da quella obbedienza e dedizione incondizionata che egli concedeva al suo lavoro».

Il coraggio di essere umani
La Prefazione del giornalista Francesco Toniarini, editor ed esperto di Russia e paesi ex sovietici, introduce magistralmente il lettore alla scoperta di un mondo apparentemente lontano nel tempo e nello spazio ma che si trova, per la breve durata del romanzo, al centro della nostra esistenza; diventando per un po’ emblema della realtà che ci circonda.
«È la presunzione il fil rouge del romanzo. La presunzione di poter resistere all’amore, la presunzione di poter primeggiare in ogni contesto e situazione, la presunzione di pensare che tutti siano sostituibili, sul lavoro e nella vita. La presunzione di pensare che la vita abbia regole da poter mettere in deroga, che la si possa illudere, o prendersene gioco. Possiamo nasconderci, ma la vita sa come riuscire a trovarci. E la verità, per quanto possa essere derisa, umiliata, calpestata, è sempre lì. Perché il coraggio non è la possente quercia che si innalza contro la bufera, ma il fragile bocciolo di rosa che si schiude nella neve». Con queste poche righe tratte dalla Prefazione stessa, non possiamo che augurarvi una buona lettura.

Gabriella Zullo

(www.bottegascriptamanent.it, anno X, n. 107, luglio 2016)

Collaboratori di redazione:
Maria Costanzo, Teresa Elia, Ilenia Marrapodi, Martina Oliva, Gilda Pucci, Gabriella Zullo
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