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Anno II, n° 7 - Marzo 2008
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Civiltà letteraria (a cura di Anna Guglielmi) . Anno II, n° 7 - Marzo 2008

Zoom immagine L'amore come via di fuga da un mondo inumano
di Maria Paola Selvaggi
Una raccolta di scritti, della Albus, invita a considerare l’importanza
di comunicazione e sentimento come mezzi per uscire dalla massa


La raccolta di scritti di Giuseppe Bianco, dal titolo Chiedilo all’amore (Albus Edizioni, pp. 138, € 10,00), pone l’accento sul sentimento amoroso come via di fuga da un mondo in cui al grande progresso scientifico e tecnologico corrisponde una sempre maggiore perdita di importanza dell’essere.

L’epoca della comunicazione non ha accresciuto le possibilità di comprendersi, di riuscire a trasmettere le proprie emozioni, anzi l’umanità è sempre più frettolosa, distratta, trascinata via da infiniti interessi.

I protagonisti di questi scritti sentono forte il peso della massificazione avvenuta, avvertono dentro «la paura di esistere solo in quanto massa, la fastidiosa consapevolezza di essere parte di un disegno più grande, come la tessera di un puzzle che da sola non ha alcun senso», e non vogliono lasciarsi omologare, seguire il branco, percepiscono che l’amore possa essere il “gancio” a cui aggrapparsi, la “magia” capace di tirarli fuori da «tutta quella massa in movimento».

Ma l’amore sa essere bugiardo «quando fa’ promesse che sfiorano il “per sempre”», è una magia estremamente fragile che «un colpo sbagliato nel posto giusto» può distruggere. Essi sono costretti, quindi, a prendere coscienza che l’essere umano è troppo piccolo per poter affrontare tutto questo, non è in grado di sovvertire o cambiare le regole, è «solo un granello di sabbia nel grande deserto», le dune, gli addensamenti e le vallate non sono altro che il risultato di tutti quelli che il vento si diletta «a vorticare in ogni direzione e in ogni sentimento». L’uomo può semplicemente domandarsi se «esiste qualcuno che si diverte a muovere i pezzi sulla scacchiera del tempo e crea gli incroci apposta per far incontrare persone ignare».

È la vita che con la sua forza ti spinge in direzioni che non avresti mai pensato di percorrere, ti conduce in direzioni che non erano nei tuoi piani, «ti attira in sentimenti ambigui e misteriosi», come se «i momenti in cui una persona si ritrova non fossero stati ricercati dalla persona stessa, come addormentarsi in un posto e risvegliarsi in un altro».

L’unica possibilità per l’uomo è quella di accettare la vita così com’è, annullarsi e «vivere con fiducia le situazioni che essa [...] offre», farsi «trasportare dalla sua onda» senza mai perdere la capacità di amare e, soprattutto, di sognare, perché «solo con i sogni si può mandare la vita in avanscoperta per poi cercare di raggiungerla e cambiarla» e ancora di più perché coloro che «riescono ad esistere fra le righe di un sogno e tra le pagine della realtà hanno un mondo in più a disposizione».

Certo anche il sogno dovrà prima o poi finire, ma non appena si avrà la sensazione che stia per terminare si potrà comunque tornare alla realtà, una realtà fatta anche di parole, quelle parole che «a volte sembra [...] possano cambiare il mondo, a volte non ci sfiorano nemmeno». Parole che in fondo sono come gli esseri umani, «così importanti da non poter farne a meno» per chi sa leggerli e comprenderli, inesistenti per chi non sa o non vuole leggerli. Ad esse si possono affidare pensieri, farle diventare lo specchio dell’anima, l’espressione delle proprie emozioni.

 

Due vite, un identico sogno

Credere nella vita e viverla con fiducia e con amore, non è comunque per niente semplice per chi ogni giorno è costretto a lottare per la sopravvivenza, come una delle due giovani protagoniste del racconto Flavia e l’altra. Sposata ad un uomo con gravi problemi mentali, con un lavoro part-time che in realtà le occupa l’intera giornata, ma non le da’ che il minimo indispensabile per vivere, la giovane si rende conto che «una volontà apatica gli [sic] ha tagliato via non solo i grandi sogni che, se pur servono alla vita, sono sempre i primi a soccombere; anche la lecita speranza di un futuro, se non migliore, con qualche disponibilità economica in più», e si chiede se «vale ancora la pena di lottare per qualcosa che neanche ricorda più, o se sarebbe meglio lasciarsi andare», ma non vuole arrendersi, non vuole darla vinta alla vita. Svendersi potrebbe facilitare la sua esistenza, ma la sua moralità è tutto, la sua forza è fare «parte di quelle persone che continueranno a spezzarsi per l’eternità ma non si piegheranno per un solo attimo».

L’altra protagonista sembra essere, invece, speculare alla prima. Fa la prostituta per potersi permettere di vivere nel lusso, è cosciente che tutto ha un prezzo, ma giustifica se stessa affermando che in fondo si può «vendere il contenitore ma non quello che c’è dentro. Ci sono tante cose che nel mondo non vanno che al confronto il suo lavoro sembra una cosa morale»; è questo che le serve, «una spiegazione o almeno una morale al suo modo di stare a galla, alla sua ricchezza», una giustificazione per il suo modo di accettare, di adeguarsi ad una condizione di vita insoddisfacente.

Le due donne condividono certamente un identico destino: messe a dura prova dalla vita, la affrontano con grande forza, seppure in modo diametralmente opposto, ma entrambe si chiedono quale è «il senso, il “perché”. Non cercano la risposta al bene o al male, alla ricchezza o alla miseria, alla pace o alle bombe. Sono troppo piccole per pretendere questo. Sanno che molte verità non sono accessibili a tutti. Si chiedono solo se, nel tempo definito della loro vita, ci sarà un attimo dove non dovranno recitare parti, dove senza bisogni e senza vestiti potranno mostrarsi nude». Custodiscono ancora un grande sogno: un mondo in cui ci sia più spazio per l’essere umano, più comprensione reciproca, più amore.

Questo racconto racchiude, probabilmente, il senso più profondo del messaggio che l’autore sembra voler trasmettere. Le due donne, anche in balia degli eventi che condizionano la loro esistenza, nonostante abbiano perso quella voglia di amare, di sognare, di esprimersi, di rivelarsi agli altri, conservano in fondo all’anima una piccola scintilla, una scheggia di quell’amore per la vita necessario per sopravvivere, per sperare ancora nel domani, un frammento depositato nel profondo del cuore di ogni uomo, che non scompare a causa delle difficoltà, anzi è proprio allora che si rivela essenziale.

Per veicolare sensazioni così impalpabili, l’autore sceglie, forse consapevolmente, una scrittura molto chiara e semplice, ma non banale, che rende assai scorrevole, ed anche piacevole, la lettura.

 

Maria Paola Selvaggi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 7, marzo 2008)

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