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A. IX, nn. 97/98, set/ott 2015
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Editoria varia (a cura di Manuela Mancuso) . A. IX, nn. 97/98, set/ott 2015

Zoom immagine Il tesoro Angiolillo
e il salotto dei trenta
come vera metafora
del “Belpaese”

di Anna Del Monaco
Da Falco, un libro svela gli intrighi
d’Italia decisi in piazza di Spagna


Probabile che sia stata proprio la storia del salotto capitolino più potente d’Italia ad aver ispirato Paolo Sorrentino per alcune scene del suo pluripremiato film La grande bellezza. Il salotto in questione è situato nei pressi di piazza di Spagna e, ovviamente, non era accessibile a tutti. A farne un puntuale resoconto, svelandone la genesi e i retroscena, nonché gli ultimi intrighi ad esso legati, ci ha pensato Giovanna Ruggiero in Salotto e Potere. I segreti di Piazza di Spagna. Renato Angiolillo, la storia di un grande editore (Falco editore, pp. 144, € 10,00). Ad emergere da quelle pagine è un formidabile affresco in cui vengono passati in rassegna cinquant’anni della storia del nostro paese.
Protagonista di questo mondo è indiscutibilmente Maria Girani in Angiolillo, moglie di Renato Angiolillo, uomo molto potente e vicino alla Cia a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, senatore della Repubblica italiana, nonché fondatore ed editore del quotidiano Il Tempo. A partire dagli inizi degli anni Sessanta, quasi tutto il jet set nazionale e internazionale ha partecipato agli “attovagliamenti” che l’elegantissima signora Maria amava organizzare all’interno della sua dimora. Le cene erano sempre per trenta, al massimo trentasei invitati. I tavoli erano tre, da dodici posti ciascuno, battezzati Alba e Meriggio, i più graditi, e Tramonto, il meno ambito dai commensali. Il profilo che emerge dalla pagine della Ruggiero, è quello di una donna che amava intrecciare l’alta finanza con la politica e quest’ultima con la grande impresa made in Italy. Il nome di Maria Angiolillo comparve in vicende giudiziarie legate a quelli di Licio Gelli, ex capo della Loggia P2, di Roberto Calvi, responsabile del crack del Banco ambrosiano, e di Bruno Tassan Din, ex direttore generale del Gruppo editoriale Rcs. Un nome, quello della Angiolillo, legato anche ai Caltagirone, storici costruttori romani, a Sergio Alberto Aleotti, titolare del Gruppo farmaceutico Menarini.
In questo scenario da telenevolas (non a caso l’autrice abbia definito il suo libro una sorta di “Beautiful all’italiana”) si colloca la vicenda del tesoro di Renato Angiolillo, costituito da gioielli del valore di milioni e milioni di euro, alcuni dei quali sono stati sfoggiati da Maria Girani sino a pochi giorni prima della sua morte. Dal momento che i due coniugi erano senza una propria prole, ed entrambi avevano avuto figli da precedenti unioni, su tale tesoro, com’era prevedibile, si è aperta una disputa ereditaria tra i discendenti dell’onorevole e quelli della seconda moglie.

Apertura del caso: una vera e propria caccia al tesoro
Gli sviluppi della vicenda, che farebbero venire l’acquolina in bocca a qualsiasi autore di libri gialli, vengono descritti dall’autrice con puntigliosità e partecipazione. Il nipote del senatore, Renato Angiolillo jr, una volta resosi conto – dopo la morte della seconda moglie dell’avo – che mancavano preziosi dal valore quasi inestimabile, di esclusiva proprietà del nonno paterno, si rivolse alla magistratura con un esposto che il suo avvocato penalista, Luigi Iosa, depositò alla procura della Repubblica di Campobasso nel gennaio del 2010. Nella denuncia si descrissero le diverse pietre preziose che mancavano all’appello: rarissimi diamanti, rubini, zaffiri e smeraldi acquistati dal senatore Renato Angiolillo e, dopo la sua morte, entrati a far parte di diritto del patrimonio di Maria Girani. Marco Oreste Bianchi Milella, figlio di primo letto di Maria Girani, interpellato subito dopo la morte della madre dagli eredi del senatore, dichiarò di essere all’oscuro di tutto e di non sapere nulla dei preziosi. Renato Angiolillo jr non accusò espressamente nessuno e si limitò a presentare una denuncia cautelativa per appropriazione indebita contro ignoti alla procura di Campobasso. E da qui nasce la complessa storia che l’autrice ricostruisce alla maniera di un’avvincente inchiesta giornalistica. Una vicenda giudiziaria dove non c’è margine per immaginazione o commenti, dove a parlare sono gli atti investigativi, racchiusi in otto faldoni, per un totale di circa 4.500 pagine.
L’inchiesta penale ha portato a galla notizie che forniscono elementi inequivocabilmente collegati alla vita politica del nostro paese. Dall’inchiesta della procura della Repubblica di Campobasso sulla sparizione dei gioielli, si è scoperto infatti che il senatore Renato Angiolillo aveva sposato, in seconde nozze, Maria Girani, in quanto quest’ultima era legata da profonda amicizia con Cristina Ford, moglie di Henry Ford, il magnate americano dell’industria automobilistica, e che la stessa Girani era ancora vincolata da un precedente matrimonio nel momento della cerimonia religiosa con il senatore. Maria Girani era di fatto bigama. Si è scoperto anche che il senatore Renato Angiolillo aveva un rapporto molto stretto con gli americani. Con loro intesseva quei rapporti politici ed economici che hanno influenzato la vita dell’Italia. Si dice che la Cia abbia consegnato segretamente nelle mani di Renato Angiolillo i diari di Galeazzo Ciano, gerarca fascista e genero di Mussolini, pubblicati con grande fortuna editoriale dal quotidiano Il Tempo, fondato da Angiolillo e da lui diretto per circa trent’anni. L’utilità del matrimonio con Maria Girani ha aiutato Renato Angiolillo nella realizzazione del suo più grande progetto editoriale: comprare, con l’appoggio dei Ford e con il consenso della Cia, i principali giornali italiani e creare la prima tv commerciale italiana opponendosi al monopolio della Rai, tv di stato. Obiettivo che fu in parte centrato in seguito solo da Silvio Berlusconi, il cui braccio destro Gianni Letta è stato strettissimo e fedele collaboratore proprio del direttore Renato Angiolillo. Da queste circostanze è nato il suddetto salotto di piazza di Spagna, considerato da molti come un’ulteriore Camera del Parlamento italiano.

Il salotto e la gestione degli equilibri d’Italia
Dalla lettura del libro della Ruggero emerge chiaramente che il salotto di piazza di Spagna, a Villino Giulia, è stato un tassello fondamentale della storia del nostro paese. Nel salotto di piazza di Spagna nacquero alcuni dei grandi successi della politica fanfaniana. Come, ad esempio, la creazione degli istituti delle case popolari, oppure la statalizzazione dell’Enel. Il ritorno economico di queste operazioni favorì anche il settore editoriale del senatore Angiolillo. Si dice che la mano di Fanfani fu decisiva sull’assetto societario dell’editoriale del senatore Angiolillo quando, nel 1971, l’Eni assunse una rilevante partecipazione di minoranza di Ser, divenendo proprietaria di una quota del 33,3% con diritto d’opzione su un altro terzo.
Ad essere raccontata con dovizia di dettagli è in particolar modo l’incontro di questa coppia fuori dall’ordinario. Un giorno, durante un viaggio in treno, sulla tratta Vigevano – Milano, Maria Girani conobbe l’uomo che sarà suo marito fino alla morte, Renato Angiolillo. Siamo nel 1959, il senatore aveva quasi sessant’anni e individuò in lei il modo di arrivare direttamente agli americani in un momento in cui le ambizioni editoriali di Renato Angiolillo ne avevano fortemente bisogno. I due si sposarono il 28 aprile del 1960 nella Basilica di Santa Maria Sopra Minerva a Roma. Al momento del matrimonio con Renato Angiolillo, Maria Girani risultava ancora legalmente sposata con Udo Frank. Il matrimonio tra la Girani e Udo Frank, come testimoniano i certificati ufficiali acquisiti dalla procura di Campobasso tramite i carabinieri di Casteggio e di Milano, fu annullato in Svizzera dal Tribunale del Distretto di Mosea, sito a Roveredo nel Cantone dei Grigioni, solo il 24 ottobre del 1962, cioè due anni dopo la cerimonia religiosa di matrimonio che trasformò Maria Girani nella signora Angiolillo. La motivazione dell’annullamento era: la sposa il giorno delle nozze era incapace di intendere e di volere. Il che, tradotto in termini correnti, vuol dire che Maria Girani dal 1960 al 1962 è stata sposa bigama. Il giorno delle nozze con Renato, tutti sapevano della bigamia di Maria Girani. Tant’è che il matrimonio con il senatore lucano fu trascritto nei registri ufficiali solo 4 anni dopo la celebrazione. Si aspettò la fine delle prassi giuridiche per l’annullamento del primo matrimonio e solo dopo comparvero le pubblicazioni ufficiali del matrimonio tra Angiolillo e Girani. L’unione con Renato Angiolillo fu trascritta ufficialmente in Campidoglio il 20 maggio 1964. Ne deriva che Maria Girani abbia contratto il nuovo matrimonio con il senatore Angiolillo senza prima aver sciolto il vincolo matrimoniale precedente con Udo Frank. Per questi motivi, la tesi accusatoria nell’inchiesta sui gioielli evidenzia che la signora Girani non poteva essere neppure usufruttuaria di una parte del patrimonio relitto del senatore Angiolillo. Inoltre, l’annullamento del primo matrimonio di Maria Girani con Udo Frank è stato decretato prima della legge sul divorzio del 1970, perché lei, è stata riconosciuta incapace di intendere e di volere all’atto della sua celebrazione.
Procedendo con la lettura, emerge chiaramente come il 1959 sia stato l’anno cruciale per la nascita del salotto più importante d’Italia. Fu proprio in quell’anno, infatti, che l’editore de Il Tempo conobbe non solo la sua futura consorte, ma anche Gianni Letta e acquistò Villino Giulia in Piazza di Spagna a Roma. Mentre viene fatto risalire agli anni della “dolce vita” la nascita del tesoro. Comprare gioielli in quel tempo era un’abitudine assai diffusa, in particolar modo tra i monarchi e i capi di stato. Si racconta che Renato fosse ingordo di gemme. Era solito tenere in tasca tre diamanti, il numero perfetto, per giocherellarci con le dita. Ne aveva acquistati talmente tanti da creare una collezione catalogata dal più rinomato gemmologo del Novecento: Harry Winston, cittadino statunitense di origini ucraine. Come per tutti gli altri investimenti, Renato non acquistava i gioielli solo per il gusto di possederli. I miliardari hanno sempre investito in pietre preziose anche per motivi fiscali. Quando sceglieva le gemme, faceva un investimento pensando al futuro dei suoi tre figli. Per questo si rivolgeva solo ai migliori rivenditori. Non gli importava dello sfarzo delle montature. Curava solo la bellezza e la rarità delle pietre, tant’è che le assicurava tutte. È successo anche nel marzo 1973 quando, cinque mesi prima di morire, fece assicurare i preziosi. La stessa assicurazione che il nipote, Renato jr, ritrovò nel 2009 e da cui scaturì l’inchiesta penale sulla scomparsa del tesoro. E quei gioielli, che Renato acquistava, facevano impazzire di invidia tutte le altre donne quando venivano indossati dalla propria moglie con grazia ed eleganza. Di tutta la collezione Angiolillo, composta da collane di rubini, orecchini di smeraldi, spille di zaffiri a forma di lucertola, il Princie Diamond era il più spettacolare e, quindi, il più chiacchierato. E Maria era la vetrina ideale per quel gioiello.
Il 26 luglio 1973, il senatore dettò il suo testamento alla presenza del notaio Roberto Franci di Roma. Un testamento non firmato perché Renato non era in grado di muovere gli arti superiori. Il giorno dopo, cioè il 27 luglio, fu dimesso dalla clinica privata e trasportato nella sua amata tenuta sull’Appia Antica. Qui, nella maestosa struttura, il primo agosto 1973 fu raccolto in presenza di testimoni un secondo testamento sempre pubblico, cioè dettato dal senatore al notaio. Anche questo testamento, scritto a mano dallo stesso notaio Roberto Franci, non è firmato da Renato in quanto incapace di farlo. Dal confronto dei due testamenti, emerge che la sostanziale volontà di Angiolillo non cambia. In realtà l’atto del primo agosto 1973 si limita a rettificare il nome della società trascritta erroneamente sul primo testamento del 26 luglio 1973. Si tratta della società immobiliare Trinità di Spagna srl che erroneamente era stata denominata Trinità dei Monti srl. Renato aveva destinato con quegli atti le quote societarie di Villino Giulia, con tutti gli arredi e le argenterie, alla consorte Maria Girani, in virtù di un matrimonio di dubbia legittimità. Nel secondo testamento, oltre alla correzione dell’errato nome della società, Renato Angiolillo nomina come esecutore testamentario il professore avvocato Filippo Ungaro di Lucera, in provincia di Foggia, affiancandogli due coadiutori, l’avvocato Franco Musco, vicino agli ambienti della Dc e, il dottor Gianni Letta, presente anche alla compilazione di entrambi i testamenti e di fatto l’unico esecutore testamentario oggi ancora in vita. Ai tre figli di Renato Angiolillo, Mario, Giuseppe Gaetano e Amedeo, rimaneva tutto il resto dell’eredità del senatore. Ad essi andavano le azioni societarie de Il Tempo e la società Agricola Appia che comprendeva la villa sull’Appia Antica, la scuderia Donix e altri immobili. E, cosa più importante per la nostra storia, i beni mobili di grande valore che non erano stati citati dal senatore nei due testamenti pubblici. Tra questi, i preziosi che si trovavano in Piazza di Spagna, scomparsi dopo la successiva morte della consorte di Angiolillo nel 2009. Quindici giorni dopo il secondo testamento, Renato Angiolillo si spense nella sua villa sull’Appia Antica. Era il 16 agosto 1973. Tutti erano consapevoli che con la morte di Renato Angiolillo scompariva uno degli uomini che, per le sue qualità di mediatore, per i suoi rapporti con gli Usa e con il Vaticano, scrisse un pezzo di storia italiana che ancora oggi ha risvolti fondamentali.

Maria Girani: regina incontrastata dei salotti romani
Per capire cosa accadeva realmente in casa Angiolillo basterà rispolverare un aneddoto recente. Una sera d’autunno del novembre 1995 a Villino Giulia si presentarono l’immancabile braccio destro della padrona di casa, l’allora sottosegretario del governo Berlusconi, Gianni Letta, e Massimo D’Alema, l’allora presidente dei Ds. I due ipotizzarono, come alternativa alle elezioni anticipate, la nascita di un governo di “larghe intese” presieduto da Antonio Maccanico. Quando qualcuno chiedeva a donna Maria se davvero le cose fossero andate così, se alle sue cene, ai suoi raduni si decidessero i governi d’Italia, i direttori di giornali, le presidenze Rai, lei rispondeva quasi timida: «Forse, chi lo sa».
La puntualità era parola d’ordine. Erano ammessi, al massimo, dieci minuti di ritardo. L’unico cui era consentita un’eccezione era Gianni Letta. Chiunque altro non avesse rispettato questa basilare regoletta non sarebbe stato più ammesso in casa. L’arrivo per la cena era fissato alle 21:15, per sedersi a tavola alle 21:30 e alzarsi alle 23:00 così da permettere agli ospiti provenienti da fuori di poter prendere il volo da Ciampino per rientrare a Milano o a Torino. L’altra regola era la discrezione, nel senso del contegno, al fine di evitare pettegolezzi. Infatti nessun’amante degli invitati ha mai varcato la soglia di Villino Giulia. La discrezione utilizzata nel mondo del potere e degli affari era la stessa che Maria Girani utilizzava nel suo vivere quotidiano. Rarissime sono state le interviste rilasciate dalla regina dei salotti romani. Per decenni, nessuno seppe degli incontri in casa Angiolillo. Nessuno ne aveva mai parlato sugli organi d’informazione, fino al giorno in cui iniziarono gli appostamenti del photoreporter Umberto Pizzi da Zagarolo per conto del sito Dagospia, il blog di informazione di Roberto D’Agostino. La pubblicazione di notizie, foto e indiscrezioni che riguardavano Villino Giulia con i suoi salotti e i suoi ospiti infastidì molto donna Maria. D’altro canto, quel rendere noto ai comuni mortali “gli inciuci”, che si perpetravano a piazza di Spagna ha di fatto consacrato, mitizzandolo, il salotto di “Maria-Saura Angiolillo”, come veniva definita da Dagospia.
Parlare solo di uomini politici nella reggia capitolina di piazza di Spagna sarebbe riduttivo. Perché l’atrio di quella casa è stato varcato anche da cardinali, quali Agostino Casaroli, primo ministro dello Stato vaticano dal 1979 al 1990. Poi c’era il mondo imprenditoriale con Giovanni Agnelli, Marco Tronchetti Provera del Gruppo Pirelli. E non possono non essere menzionati i Caltagirone, costruttori siciliani trapiantati a Roma, coinvolti in inchieste giudiziarie importanti. Negli ultimi trent’anni Francesco Bellavista Caltagirone è stato una presenza predominante nella vita di Maria Angiolillo. Ospiti del salotto Angiolillo erano i direttori di giornali e testate televisive, i giornalisti Bruno Vespa, Carlo Rossella e Ferruccio de Bortoli, gli avvocati Giuseppe Consolo, Mario d’Urso e Giulia Buongiorno.
Per concludere, Maria Angiolillo indubbiamente è stata l’ultima regina dei salotti romani perché rimpiazzarla sarà impossibile. Ora si attende il verdetto del processo penale sulla guerra ereditaria di una grande famiglia, quella degli Angiolillo, il cui nome ha fatto la storia dell’informazione in Italia e la possibilità che ci saranno altri colpi di scena non è da escludere. Il senatore Renato Angiolillo rappresentava il re dell’informazione, Maria Girani la regina dei salotti romani. E tra un re e una regina non poteva mancare quel tesoro, composto da gioielli, che appare come uno dei più rari della penisola italiana. Un tesoro che faceva parte di un regno sorto in uno dei posti più incantevoli del mondo: piazza di Spagna.

Anna Del Monaco

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 98, ottobre 2015)

Redazione:
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