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Filosofia e religioni (a cura di Denise Amato) . Anno IX, n 91, marzo 2015

Zoom immagine La figura femminile
nella tradizione
e religione ebraica:
pregiudizi e falsi miti

di Selene Miriam Corapi
Da Sovera, una raccolta di saggi
alla ricerca delle origini culturali
della disparità tra uomo e donna


Fin dagli albori, la donna è stata considerata come un essere inferiore, subordinata all’uomo; e ciò si può riscontrare chiaramente ripercorrendo le tappe salienti della Storia. Liberarsi dal suo stato di sottomissione, quantomeno in Occidente, è stato un processo lento e difficoltoso: ha dovuto lottare, sudare, digrignare i denti finché, attraverso la voce di alcune grandi figure femminili, non è riuscita ad ottenere l’emancipazione e in seguito, almeno dal punto di vista istituzionale, la parità dei sessi.
Ma perché la donna è così temuta dall’uomo? Sicuramente perché è una voce scomoda che troppe volte si è cercato di mettere a tacere.
Ma non sempre è stato così. Nelle prime civiltà pagane, la donna godeva di una grande considerazione in quanto generatrice di vita; ricordiamo i culti della Grande madre e della Grande dea in cui non esisteva una differenziazione dei sessi, ma di ruoli: l’uomo si occupava della caccia, la donna della raccolta dei prodotti della terra e dei figli. Addirittura, presso i Babilonesi e i Sumeri, la donna poteva disporre di propri beni, stipulare contratti e fare testamento. Nella cultura greca, romana, ebraica ed islamica la donna inizia ad essere relegata alla sfera domestica, mentre la sfera pubblica, della politica e della religione diventa prerogativa maschile.
Dovremo aspettare l’epoca delle rivoluzioni, tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, per assistere ad un rivolgimento epocale: le donne cominciano a far sentire la propria voce e a far valere i propri diritti, fino ad arrivare ai nostri giorni, in cui ricoprono diversi ruoli e sono presenti in ogni campo, accedono a tutte le professioni e alle cariche politiche; tuttavia nel mondo permangono ancora situazioni di ineguaglianza.
Nell’opera Maschio e femmina Dio li creò. La donna nell’Ebraismo (Sovera edizioni, pp. 144, € 12,00) sono raccolte le testimonianze e le voci di diverse autrici che, studiando le fonti rabbiniche, si sono proposte di ricercare l’origine e le motivazioni dei numerosi pregiudizi riguardanti la figura femminile nell’ebraismo.

La creazione della donna
Nel libro di Bereshit, la Genesi, troviamo due versioni diverse su come venne creata la donna, al primo e al secondo capitolo.
Nel primo: «Dio creò l’uomo secondo il suo modello, secondo il modello di Dio lo creò, maschio e femmina li creò». Cosa significa quest’ultima espressione? Secondo il grande maestro e commentatore francese (vissuto nell’XI secolo), Rashì, «il Signore creò il primo uomo bifronte, una sorta di ermafrodita che in un secondo momento venne diviso dando origine all’uomo e alla donna come entità separate»; ciò comporterebbe una certa uguaglianza.
Secondo capitolo: «Hashem [Dio, Ndc] forgiò in donna la costola che aveva preso dall’uomo e la portò all’uomo. […] L’uomo quindi lascerà suo padre e sua madre; si unirà a sua moglie e diverranno un’unica carne»; sempre secondo il maestro francese, la donna relativizzerebbe l’uomo rendendolo appunto “umano”, in questo modo non potrà ergersi a pari di Dio; «la donna […] se l’uomo sarà meritevole gli sarà d’aiuto, altrimenti gli si opporrà per contrastarlo».
In altri passi della Bereshit, al capitolo terzo, la donna non è più detta ishà (l’uomo ish), ma chavà con un senso negativo. I termini ishà e ish derivano da esh, fuoco, «l’uomo ha dentro un fuoco che lo fa tendere al divino». Nel momento in cui la donna si macchia del peccato originale, diventerà chavà, il cui nome è connesso «esclusivamente alla funzione della donna: procreare e appagare il desiderio del marito».
Diversi commentatori si soffermano, discutendo e domandandosi se anche la donna possa essere considerata a immagine di Dio, o se questa sia solo una prerogativa dell’uomo; il dibattito è rimasto ad oggi ancora insoluto perché gli studiosi sono divisi su posizioni divergenti.

La benedizione del mattino
Una critica molto serrata è stata fatta «alla benedizione del mattino, in cui l’uomo benedice il Signore di non averlo fatto nascere donna. […] La critica a questa benedizione è così diventata una sorta di riferimento costante, una bandiera, un simbolo della protesta femminista contro la tradizione o alcuni suoi aspetti». La studiosa Sira Fantucci in merito a questo problema afferma: «Mi sembra un po’ un insulto, un’offesa. Durante le preghiere del mattino l’ebreo osservante recita una benedizione particolare: una formula che ha suscitato spesso […] se non proprio l’ira, almeno il disappunto di molte donne e anche di diversi uomini, soprattutto nei Paesi nei quali c’è maggiore coscienza di ciò che si sta recitando». Tuttavia, nessuna delle donne da lei intervistate ha posto alcun problema a tale formula perché sono poche coloro che partecipano alla benedizione del mattino, e le poche che sono presenti recitano la formula tranquillamente senza sentirsi offese, tant’è che non sentono il bisogno di abbassare la voce. Situazione diversa si presenta, invece, negli ambienti anche ortodossi negli Stati Uniti, e in altri paesi dove c’è maggiore coscienza della propria religione. «Poco per stilare una statistica minimamente significativa, ma il sondaggio a campione mi ha restituito i dati […] che volentieri condivido e che magari potranno costituire lo spunto per un successivo studio».

Conclusione
Queste e molte altre problematiche presenti in questa raccolta di saggi vengono analizzate e approfondite direttamente proprio da quelle figure che la religione ebraica tende a mettere in secondo piano rispetto all’uomo: le donne. Esse sono persone comuni, insegnanti, madri di famiglia, studiose; sono persone che cercano di capire filologicamente e scientificamente le scritture e il pensiero filosofico della propria religione per portare alla luce la nascita dei pregiudizi e delle contraddizioni presenti nella Sacra Scrittura, cercando di epurare un sistema macchiato dal pregiudizio maschile; restituendo a Dio il suo incondizionato amore verso tutte le creature… di cui fa parte anche la donna!

Selene Miriam Corapi

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 91, marzo 2015)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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