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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Recensioni brevi (a cura di La Redazione)

Lotta alla ’ndrangheta
iniziando dalla presa
di coscienza e contando
sul contributo di ognuno

di Federica Lento
Un seminario sulle metodologie per contrastare la criminalità organizzata
si trasforma per i tipi di Aracne editrice in un testo che infonde coraggio


Cosa succede quando magistrati, giornalisti, studiosi, rappresentanti delle forze dell’ordine, della chiesa e della società civile si uniscono per confrontarsi sulla piaga della ’ndrangheta, raccogliendo le riflessioni in un libro? Sicuramente rappresenta un punto di partenza per conoscere tale problema, lasciando aperta la possibilità di un confronto. Nello specifico, il testoche andremo a presentare raccoglie le relazioni del seminario che si è svolto a Reggio Calabria nel novembre del 2010; il titolo del lavoro è Vincere la ndrangheta. Metodologie di contrasto e continuità di azioni. Atti del Convegno. Reggio Calabria 22-25 novembre 2010 (Aracne, pp. 432, € 36,00), curato da Claudio La Camera.

Una città che ha deciso di non essere più invisibile
Il convegno si è svolto come iniziativa di solidarietà nei confronti di alcuni fatti di cronaca avvenuti nella città di Reggio: bombe fatte esplodere davanti gli uffici della Procura generale e sotto l’abitazione del procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore di Landro; atti minatori nei confronti del procuratore Giuseppe Pignatone, di giornalisti, amministratori ed esponenti istituzionali della lotta al crimine. Anche il direttore de il Quotidiano della Calabria Matteo Cosenza ha lanciato l’iniziativa “No ’ndrangheta”. Reggio Calabria non è rimasta in silenzio e ha fatto nascere il movimento “Reggio non tace”, manifestando così la sua solidarietà ai magistrati e alle forze dell’ordine. Ciò che ha maggiormente colpito sono state le profonde ferite di una città che ha subìto anni di violenze, sopraffazioni e negazioni della realtà, come sottolinea il curatore del volume nell’Introduzione, citando un Consiglio comunale di Reggio del 1869: «La ndrangheta c’è e non c’è; è tutto e non è niente; è la rappresentazione folkloristica di un gruppo di poveri pastori che si dedicano a strambi rituali in nome di San Michele Arcangelo e nello stesso tempo ha un giro d’affari superiore alla maggiore industria italiana». Queste idee sono il frutto di una precisa strategia delle organizzazioni mafiose, alimentate da un consenso sociale che ignorava la realtà. Con questo libro si vuole invece costruire un processo di conoscenza per una città che vuole prendere parte attiva nella lotta alla ’ndrangheta, rivendicando il proprio diritto a una esistenza all’insegna della legalità.

La fenomenologia della ’ndrangheta
Nel testo si cerca di spiegare tanto silenzio e connivenza alla ’ndrangheta con il fatto che, dal punto di vista socioantropologico, la Calabria si è tristemente assuefatta agli eventi tragici: se i ragazzi tornavano a casa la sera camminando al centro della strada era «perché normalmente a quell’ora le cosche facevano saltare in aria macchine parcheggiate e saracinesche di negozi». Qualcosa a cui ci si abitua tutti. Nel volume si legge però come oggi la società civile «si sente meno sola del passato, confortata dagli arresti eccellenti di famosi latitanti, ma anche dalle confische di beni che hanno fortemente indebolito il falso mito dell’invincibilità delle mafie, perché hanno colpito le cosche sul loro più importante patrimonio simbolico: la loro ricchezza». In Calabria però non siamo di fronte a una realtà passata, a una lotta che ha portato a una vittoria definitiva perché il fenomeno mafioso è ancora radicato, in evoluzione, vivo. Per questo motivo è necessario che sia gli operatori culturali sia quelli di giustizia approfondiscano la conoscenza del fenomeno, delle dinamiche interne ad esso e le rendano fatto pubblico, di cui parlare. Il volume si propone dunque di affrontare i diversi aspetti legati al fenomeno; primo fra tutti il rapporto tra ’ndrangheta e chiesa. Isaia Sales parla di un «silenzio colpevole» della chiesa, domandandosi se la ’ndrangheta sia «anche un insuccesso dell’evangelizzazione». Altro punto di discussione che emerge dal testo riguarda il fronte culturale, in cui si racconta di iniziative educative eccellenti, azioni coraggiose ma ancora troppo isolate. La vera vittoria, si legge ancora, si otterrà «quando verranno rescissi fino in fondo i legami innaturali che hanno consentito alla mafia di infiltrarsi, inquinare, corrompere. Solo quando tutti la sentiranno come corpo estraneo allora potrà essere debellata. Perciò il sentimento della rassegnazione alla sopravvivenza, della sfiducia, dell’indifferenza ci mette in una condizione di analfabetismo emotivo e culturale in cui anche le tragedie dei morti ammazzati, del giro d’affari della ndrangheta, delle tonnellate di cocaina sequestrate ci lascia totalmente indifferenti o rientra al massimo nella mistica dei numeri, che finisce paradossalmente per potenziare il mito dell’invincibilità della ndrangheta». Il messaggio dunque è quello di continuare ad avere fiducia nelle istituzioni, certo, ma soprattutto nel singolo individuo, lottando per la costruzione di un pensiero autonomo volto alla legalità e di conseguenza alla libertà.

Federica Lento

(www.bottegascriptamanent.it, anno IX, n. 89, gennaio 2015)

Collaboratori di redazione:
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