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Anno VIII, 88, dicembre 2014
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Riflessi d'autore (a cura di Aurora Logullo) . Anno VIII, 88, dicembre 2014

Zoom immagine Solitudine d’infanzia:
ricerca dell’armonia
nel rapporto con sé
e il resto del mondo

di Federica Lento
Le difficoltà della crescita raccontate
attraverso quattro giovani protagonisti
che non sanno chi sono. Da Corbo


C’era una volta un brutto anatroccolo che non sapeva di essere destinato a diventare un meraviglioso cigno. Ancora non conosceva se stesso e non gli restava che confrontarsi con gli altri, stanarne similitudini e differenze, perché quel piccolo cigno, che ancora non sapeva di esserlo, che ancora non sapeva chi fosse, che non si riconosceva in chi lo circondava e per questo si sentiva emarginato e solo, aveva bisogno di dare un nome a quella sensazione di estraneità. Il romanzo Il canto dell’anatroccolo (Corbo editore, pp. 206, € 10,00) di Viviana Viviani sembra volutamente richiamare quel personaggio e accompagnare delicatamente il lettore nell’universo dimenticato della fiaba. Lo sguardo verso il mondo, il dialogo interiore, il gioco, la sofferenza, l’introspezione dei bambini sono i temi introdotti nel romanzo che, come in una fiaba, svelerà buoni e cattivi insospettabili. La sfida di eroi ed eroine è contro il mostro della solitudine; la vittoria sarà ottenuta nella consapevolezza di non essere mai soli finché avremo noi stessi e in quel noi finalmente potremo riconoscerci.

 

Quattro personaggi, un’unica storia

I protagonisti della narrazione sono Rosa, Alvise, Arianna e Andrea. Ognuno di loro ha una vicenda forte alle spalle, ognuno di loro incrocerà le vite degli altri riavvolgendo i fili di una storia misteriosa.

Rosa è una bambina che ama danzare da sola, tra le pareti della sua stanza, con la musica ad alto volume per non sentire suo padre che ferocemente le impone di non farsi toccare da nessun uomo, che le impedisce di amare Giuseppe. Per lei il destino è già deciso: dovrà sposare un altro, un partito migliore. Rosa è nella sua camera, alza il volume della radio, balla, continua ad alzare il volume per non sentire i rantoli di suo padre che sta morendo nell’altra stanza. Volutamente non corre in suo aiuto e spera che Caronte, il padre dagli occhi di fuoco pieni d’odio, muoia. Il senso di colpa la costringerà a vivere nella maledizione di quell’uomo: nessuno potrà toccarla più perché ha sviluppato una dolorosissima allergia alla pelle maschile.

Alvise è cresciuto senza la mamma; fin da piccolo conosce la verità più dolorosa per un bambino: sua madre è morta mettendolo al mondo. Alvise non vive però nel senso di colpa, cresce con la convinzione che diventerà uno scrittore e potrà riscattare il significato della sua esistenza raccontando la sua vita in un romanzo di successo. La sua ambizione, la sua mancanza di empatia verso l’altro lo porteranno a commettere un omicidio, o forse più di uno.

Arianna è il piccolo anatroccolo che vive tutta sola la sua lotta contro i «Mammapapà», creature mitologiche identificate in un solo essere, una sola squadra contro cui lei dovrà combattere quotidianamente. I suoi genitori la credono pazza, lei che gioca con gli Oprini, i suoi amici immaginari, che non ama danzare come la sua perfetta cugina Nicoletta, che si diverte a rubare i fagottini della nonna Angela, l’unica che possa capirla e amarla per quello che è.

Andrea è il timido figlio unico di una coppia che sta per divorziare, che si interroga sulle sensazioni che la bellezza femminile gli suscita, che risolverà il mistero del delitto di una professoressa della sua scuola.

Quattro storie di solitudine, voluta o subìta, incorniciate in un unico racconto portante.

 

Un romanzo che sconvolge il canone

Se si dovesse inquadrare questo romanzo in un solo genere se ne snaturerebbe l’essenza. La penna abile di Viviana Viviani riesce a districarsi e a superare il canone del romanzo giallo, di formazione e del fantastico con maturità e abilità. Ha la consapevolezza di chi conosce perfettamente cosa vuole raccontare, riuscendo a tessere una trama lucida e coerente che, pagina dopo pagina, parola dopo parola, si ricomporrà lasciando al lettore un senso di appagamento e scoperta della verità.

 

La solitudine, la famiglia, l’amore, la verità

Questi sono i temi portanti di tutto il romanzo. Le voci dei personaggi – bambini che introducono le loro vicende – sono tristi, perché, come scrive l’autrice, nell’infanzia c’è tanta sofferenza e solitudine che poi dimentichiamo quando cresciamo. Il sentirsi non amati, o troppo amati, porta ad un senso di esclusione dal mondo, che talvolta può condurre alla follia, come accade ai protagonisti del romanzo. La ricerca dell’amore e della verità è il filo comune che legherà le loro storie, che permetterà loro di riconoscere se stessi e gli altri, di uscire o guarire dalla loro pazzia, vera o presunta. Sarà soprattutto la consapevolezza che la responsabilità di sfiorare le vite degli altri, per caso o consapevolmente, che «chi hai dimenticato ti ricorderà per sempre», non li farà mai sentire soli poiché avranno maturato una coscienza di sé e del proprio ruolo nel mondo.

 

Federica Lento

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 88, dicembre 2014)

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