Homepage - Accesskey: alt+h invio
Editore: Bottega editoriale Srl
Società di prodotti editoriali, comunicazione e giornalismo.
Iscrizione al Roc n. 21969.
Registrazione presso il Tribunale di Cosenza
n. 817 del 22/11/2007.
Issn 2035-7370.

Privacy Policy

Direttore responsabile: Fulvio Mazza
Direttore editoriale: Graziana Pecora
Anno VIII, 86, ottobre 2014
Sei in: Articolo




Storia (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno VIII, 86, ottobre 2014

Zoom immagine Il volto disumano
dei “civilizzatori”
in Libia ed Etiopia

di Vilma Formigoni
Da Saecula, una serrata requisitoria
sugli orrori del colonialismo italiano


I libri di storia tradizionali insegnano il significato di “colonialismo” e di “imperialismo”; raccontano le guerre fra i popoli indicandone cause e conclusioni. In realtà, propongono la storia dei ricchi e dei potenti trascurando quel “fattore umano” che va ben oltre l’avvenimento bellico propriamente detto.

Il professor Michele Strazza, storico i cui saggi hanno ottenuto riconoscimenti internazionali ed anche membro del Centro interuniversitario di Storia culturale formato dalle Università di Bologna, Padova, Pisa, Verona e Venezia, ha condotto un’indagine approfondita ed ampiamente documentata su un aspetto ancora oggi trascurato dalla storiografia ufficiale: la disumanità che ha caratterizzato l’esperienza coloniale dell’Italia in Africa.

Il suo libro, Le colpe nascoste. I crimini di guerra italiani in Africa (Edizioni Saecula, pp. 152, € 16,00), ripercorre le vicende collegate al colonialismo italiano nel “continente nero” dal 1890 fino alla formazione dell’Africa Orientale Italiana nel 1936, espressione di quell’impero che rientrava fra i progetti politici di Mussolini.

 

«Italiani brava gente»

L’autore spiega la propria scelta storica partendo dalla constatazione che «i governi italiani del dopoguerra, […], furono compatti nel negare i crimini italiani, perché il contrario avrebbe significato riaprire i conti col fascismo», così che «l’intera società si autoassolse, ritenendosi vittima per vent’anni della malattia del fascismo, curata dal medico della resistenza».

In realtà le cose non erano andate proprio così perché, ci spiega Michele Strazza, anche l’Italia si macchiò di tremendi crimini di guerra in Libia e in Etiopia.

L’analisi dei fatti storici, ampiamente documentata e ricca di curiosità come, per esempio, l’origine del nome “Libia”, prende l’avvio dalla politica estera di Giovanni Giolitti, quando lo statista nel 1911 decise di far sbarcare le truppe italiane a Tobruk e a Tripoli.

La politica delle “concessioni” adottata dopo la Prima guerra mondiale fu in seguito ampiamente sfruttata dal governo Mussolini per sfociare, con risultati alterni, nell’occupazione dell’Etiopia.

Al di là dei fatti riferiti dalla storiografia ufficiale, il saggio di Michele Strazza svela la crudeltà e la ferocia perpetrate dal governo italiano per annientare la popolazione africana. È documentato, per esempio, l’uso massiccio di iprite, gas tossico e micidiale già usato dai tedeschi durante la Prima guerra mondiale.

L’aviazione, fiore all’occhiello della politica militare mussoliniana, viene ampiamente utilizzata per debellare e distruggere le popolazioni nomadi della Libia e dell’Etiopia che rispondono, a loro volta, con operazioni di guerriglia che l’esercito italiano non era addestrato a contrastare.

Nonostante il protocollo sottoscritto nel 1925 anche dall’Italia sulla proibizione dei gas asfissianti e tossici, il ricorso a questi mezzi di sterminio viene giustificato dalla presenza di truppe ribelli aiutate dall’Egitto.

L’aspetto “nuovo” ed originale del saggio è certamente il confronto, insieme all’analisi dettagliata, della corrispondenza intercorsa fra il generale Badoglio, il colonnello Rodolfo Graziani e Mussolini. I generali delle colonie, di fronte alla strategia della guerriglia libica, sono in difficoltà e, ubbidendo alle direttive “romane”, ricorrono a violenze agghiaccianti, a massacri indiscriminati puntualmente testimoniati dai documenti riportati dallo storico.

Si tratta, come si può ben comprendere, di atrocità perpetrate ai danni di popolazioni “colpevoli” di opporsi ad un progetto di colonizzazione di cui l’annientamento della Libia e dell’Eritrea rappresentava il «coronamento della promessa di racchiudere finalmente il Mediterraneo in un autentico mare nostrum».

Suonano sinistramente ciniche le parole di Emilio De Bono, comandante di corpo d’armata, che annota, dopo il crudele bombardamento di Adua: «il Negus ha già protestato per il bombardamento aereo dicendo che si sono ammazzati donne e bambini. Non vorranno che si buttino giù dei confetti».

Il controllo della stampa e la censura postale concorrono a costruire il muro del silenzio dietro il quale atrocità, sevizie, stupri, esecuzioni sommarie, malattie e lavori forzati sono il denominatore comune di resoconti puntuali, volti soprattutto ad esaltare la potenza italiana, nascondendo però la disumanità che caratterizza tutte le guerre e che diventa malvagità gratuita quando cela la volontà imperialista.

La rigorosa ricerca storica di Strazza non si ferma di fronte ai resoconti bellici, ma si estende alla prostituzione, allo sfruttamento delle donne etiopi e libiche perché, come rileva l’autore, «dopo la guerra d’Etiopia nasceva la prima normativa italiana razzista con disposizioni di legge indirizzate alle colonie. Proprio il conflitto abissino […] fece nascere nella coscienza degli Italiani il concetto di razza. Questo, però, a differenza della Germania, non era rivolto verso gli Ebrei, ma verso i neri». Infatti, nel 1936, «il Ministro Lessona indirizza al viceré Rodolfo Graziani le […] direttive sui rapporti “tra nazionali e indigeni”, imposte da obblighi di carattere morale e politico», per effetto dei quali «la razza bianca deve imporsi per superiorità affermata non pure assiomaticamente, ma praticamente».

La ricerca condotta da Michele Strazza, quindi, accanto alla documentazione storica colloca anche quella normativa che, cedendo alle lusinghe della superiorità razziale, legittima ed istituisce il “madamato” per effetto del quale «il bianco teneva presso di sé […] una convivente-serva africana, che utilizzava sia quale domestica che sessualmente».

 

Colpe nascoste e giustizia negata

Nel 1943, ormai tramontata l’“Era fascista” e accettata la presenza politico-militare alleata sul territorio italiano, «si sancisce l’impegno, da parte degli Usa, della Gran Bretagna e dell’Urss, di sottrarre i criminali di guerra alle giurisdizioni nazionali», tuttavia l’Italia viene «guardata con un occhio di riguardo perché, per gli imputati di crimini di guerra italiani, si parla solo di “consegna alla giustizia”». Inutilmente l’Etiopia tenta di partecipare ai lavori della Commissione: non ottiene giustizia, così che «l’opera di “impantanamento” del governo italiano, con la complicità degli Stati Uniti e Gran Bretagna, riuscì perfettamente e la realtà non venne mai rivelata ufficialmente al popolo italiano. La Repubblica Italiana uscita dalla Costituzione del 1948 nasceva con una forte ipoteca di menzogne».

Il coraggio e il rispetto per la verità storica di Michele Strazza rendono onore alla Storia, quella autentica, non inquinata dall’ipocrisia politica.

 

Vilma Formigoni

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 86, ottobre 2014)

Redazione:
Francesca Buran, Ilenia Marrapodi, Pamela Quintieri, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
Collaboratori di redazione:
Simona Baldassarre, Maria Laura Capobianco, Maria Assunta Carlucci, Alberto Cazzoli, Guglielmo Colombero, Selene Miriam Corapi, Veronica Di Gregorio Zitella, Giacomo Dini, Riccardo Fiorenza, Maria Francesca Focarelli Barone, Vilma Formigoni, Federica Lento, Chiara Levato, Giuseppe Licandro, Flavia Maccaronio, Irene Nicastro, Maristella Occhionero, Giusy Patera, Stefania Pipitone, Luciana Rossi, Martino Santillo, Maria Saporito, Paolo Veltri, Andrea Vulpitta, Carmine Zaccaro
Curatori di rubrica:
Denise Amato, Selene Miriam Corapi, Vilma Formigoni, Aurora Logullo, Rosina Madotta, Manuela Mancuso, Ilenia Marrapodi, Pamela Quintieri, Francesca Rinaldi, Francesco Rolli, Fulvia Scopelliti
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT