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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Emozioni in versi (a cura di Denise Amato)

Zoom immagine La metrica dell’anima:
parole che illuminano,
delicate ma potenti,
le profondità dell’essere

di Pamela Quintieri
Da Ursini, una toccante raccolta di poesie lega lo spirituale
al tangibile attraverso immagini opposte come facce di una moneta


Dov’è che ha sede la potenza del cuore se non nell’astrazione del sentimento e dell’amore stesso? Dov’è che alberga la culla generatrice della passione se non nelle radici stesse della nostra cultura emozionale? Di esseri finiti, in mezzo alle fragilità e alle delusioni, nella grandezza di un attimo che tutto confonde e ricrea, che sottende la meraviglia di un solo istante a discapito dell’immensità della noia… cosa trasforma, cosa distrugge, cosa alimenta il nostro respiro se non il battito di una scintilla di potente immensità che fa risorgere il senso di una inadeguata consapevolezza?

E l’animo si rinfranca, si stupisce, si esalta di fronte alla magia del momento d’amore o alla pena massiccia che l’estasi purtroppo regala. «Chi sono Io? / Se mi nascondo in questo imbranato corpo / questa veste che dal destino ho avuta / e come sottile membrana si modella sull’animo / mi stringe / mi pesa / mi scivola come un velo ammuffito dal tempo / macchiando i passi nel cammino del nulla».

Prende vita così una poesia franca, snella, eppur meravigliosamente coinvolgente che, con la forza della parola discinta, vigile, multiforme, arriva dritta all’animo per espugnarlo. «Chi sono Io? / se non osservo più lo sguardo di rugiada / lacrimante di nettare del mattino / quando il Sole mi spoglia della Notte / e mi riveste di un nuovo giorno / un’altra carezza nell’animo».

Dall’infinito stupore del sentimento, dalla magica trascendenza del gesto e dalla forza iniziatrice dell’anima prendono vita i versi di Le rose della mia anima di Elena Leika (Ursini edizioni, pp. 80). Poemi carichi di luce, di vigore ed eleganza che, seppur nella inquietudine estrema che esprimono dell’animo umano, sanno regalare e infondere pienezza e prospere intenzioni di struggente pathos.

Così la poesia conquista, accomuna, disvela la magia nascosta del mondo e il sentire diviene più intenso, più esaltante e infine nuovo «e non ho più paura ad osservarmi / occhi negli occhi dell’animo / specchio interiore dove mi ammiro / mi giudico / mi condanno / e nuda / scalza da timori / incertezze / mi cammino dentro / libera».

 

Potente e onirica: una magia cristallizzata

Si tratta di una poesia completa, fusa e intrecciata agli elementi naturali, che non fanno solo da mero contorno al verso ma divengono essi stessi parte integrante del testo sposandosi e abbinandosi alla fluente sintassi e alla musicalità lessicale come in «Che rumore fa? / Una foglia che dall’albero si strappa / quando nello sfiorare la bruna pelle della terra / si dibatte nella polvere di sfocati sguardi / ciechi di realtà racchiuse nei trascurati istanti». E che incastonano emozioni permeando col loro fascino intenso la sacralità dell’umana esistenza quando scandagliano l’animo nella profondità più assoluta delle viscere «Una foglia che dall’albero cade / sotto prepotenti passi / indifferenti davanti / all’anima di una Figlia d’autunno / palpito che pulsa sino all’ultimo sospiro / negli occhi di un cielo che promette giardini / eden di respiri sulla bocca ingiallita / nel vulnerabile mormorio». Ma proprio quando il verso apre le sue variegate sfaccettature al mondo terreno allora, così come una rosa sboccia finalmente densa della sua pienezza, ne assaporiamo il gusto, la freschezza, la purezza percependone fin dentro al ventre il profumo.

Pervasa dalla meraviglia avvolgente del ritmo fluente, armonico, ondeggiante ci fermiamo sospirando sul baratro del materiale, palpabile, concreto per immaginare in modo etereo i nostri sogni metafisici e fulgenti e la mente si libera, si solleva di pensieri e di abitudini dove la fisicità scandisce il senso dello scorrere e del tramutarsi delle ore. «Il suo tacere lacrima nelle radici del tempo / quel verde rumore che fa l’umile foglia / quando si rigenera nell’albero interiore».

 

L’intenso sentire

Dietro la scelta di un testo c’è sempre una componente ragionata che spinge l’autore a seguire una propria personale logica di pensiero, una storia, un punto di vista, un personaggio singolare o mediocre che sia, ma c’è anche una componente puramente emozionale che risiede nell’intenzione di comunicare, di presentare, di condividere un’emozione personale o collettiva, una parte di sé che si tiene nascosta. Parliamo di un intento coraggioso carico di attimi di commistione al tangibile e di un’aura di misticismo sentimentale che avvince ogni cosa con la seduzione poderosa della partecipazione.

Una poesia è un dono, un atto di generosità in cui il cuore dona se stesso al mondo rispondendo ad un bisogno interiore. Non v’è scampo da tale martirio…

C’è una voce che grida dentro di noi, dal profondo, perché vuole valore, elevazione morale, sentimento che ci spinge a cercare qualcosa di più della sterile apparenza delle cose, della patina superficiale della forma, che ricerca pienezza ed incanto, è la voce del nostro essere individui sentimentali, fragili, vivi… ansimanti di vita. Quella voce, quel feroce sentire, ci spinge a cercare, a guardare al di là della misura del controllo, della linearità, del contorno per scoprire intensità e pienezza di fascino. Essa disegna la misura della nostra umanità, la voce dell’anima che dal profondo del cuore alla fine ci chiede «Figlia d’autunno / … che rumore fa il tuo sospiro?».

È un peccato che un testo così interessante sia inficiato da numerosi errori tecnico-editoriali ed anche grammaticali.

 

Pamela Quintieri

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 85, settembre 2014)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT