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Letteratura contemporanea (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno VIII, n 84, agosto 2014

Zoom immagine Un inconsueto
gelo rivela
un assassinio

di Irene Nicastro
Europa edizioni presenta
un polisemantico cold case
ambientato nella Capitale


«Nevica. Ogni fiocco che cade estingue un suono. Il cielo bianco m’opprime come un’immensa lapide. Il silenzio con cui le strade, le macchine, gli alberi e ogni cosa divengono dello stesso colore del cielo stinge d’una inquietudine claustrofobica». Sono i primi giorni di marzo e la primavera, ormai alle porte, viene sepolta da una pesante coltre di neve tardiva che blocca il normale scorrere della vita. Il gelo e il silenzio che scendono ad avvolgere Roma sembrano congelare il tempo stesso, arrestando l’arrivo del futuro per permettere al passato di riemergere a porre domande. È in questa sorta di sospensione temporale, infatti, che il commissario Umberto Soccodato si ritrova faccia a faccia con quelle domande dopo il rinvenimento di un cadavere mummificato, venuto alla luce in modo fortuito. Preparato lo scenario e dato il via alle indagini, La neve (Europa edizioni, pp. 140, € 13,90) si appropria anche del titolo del nuovo giallo di Emanuele Gagliardi, restando lì in silenzio a seguire insieme al lettore il dipanarsi della trama.

 

Un cold case all’italiana

La storia prende vita all’inizio del marzo 1971 quando la nostra penisola viene colpita da una forte ondata di freddo. Scegliendo questo particolare momento per ambientare il romanzo, Gagliardi sfrutta entrambe le interpretazioni dell’espressione cold case: quella poliziesca riferita a un caso ormai datato e quella letterale di “caso freddo”; il funzionario della sezione omicidi Soccodato si ritrova infatti a dover risolvere un vecchio delitto nella Capitale coperta di neve.

Un ingegnere, amico d’infanzia del poliziotto, compra un seminterrato da un’anziana signora per ricavarne uno studio. Il posto non è molto spazioso e ci sono alcuni lavori da eseguire per renderlo abitabile, tuttavia non vede l’ora di mostrare a Soccodato l’affare che ha fatto. I due notano subito l’infiltrazione d’acqua di un tubo danneggiato dalla neve e dal ghiaccio che hanno colpito la città. L’ingegnere Alberto Barionovi, affettuosamente soprannominato Gegè, per riparare il danno chiama un idraulico che, per meglio valutarne l’entità, è costretto a demolire una parte del muro facendo una macabra scoperta: tra i calcinacci c’è il cadavere parzialmente mummificato di una donna. La defunta, seduta sul water, stringe tra le mani una copia de L’Espresso del 14 maggio 1967 ricoperta di cellophane, accanto a lei una borsa piena di cartoline illustrate risalenti alla Seconda guerra mondiale e un arto ortopedico, staccatosi dal corpo durante la decomposizione. Chiamata la scientifica, il caso è aperto. Chiuderlo, tuttavia, si rivela ben altra faccenda. Iniziando le indagini con Gegè al seguito. Il commissario si reca dalla precedente padrona del seminterrato scoprendo, però, che il nome usato sui documenti di vendita è falso. Messa alla strette l’anziana donna, spunta il nome del fratello, fascista nostalgico. Il percorso delle indagini, intanto, si fa sempre più contorto affondando nelle ombre generate dal regime fascista e dal Dopoguerra, fra partigiani, spie, soldati e politica. Ed è proprio quest’ultima variabile che rischia di far sparire tutto di nuovo dietro a un muro. Il superiore di Saccodato, infatti, spinto da pressioni in alto loco, non tarda a convocarlo, per intimargli di tenerlo costantemente informato sugli sviluppi del caso e di proseguire con estrema discrezione, un modo diplomatico per preparare la strada a un insabbiamento. Il nostro, però, è un funzionario dello stato che “fa di testa sua” e che pretende giustizia per quella che definisce ironicamente fra sé la «dama del cesso». Chiamando in aiuto tutta una serie di personaggi originali, dall’ispettore con il raffreddore perenne al cugino funzionario del Sid (l’allora servizio segreto militare), il commissario farà di tutto per risolvere questo aggrovigliatissimo caso fatto di scambi di identità e intrighi familiari per scoprire infine alla verità. Si potrà far condannare il colpevole? E se dimenticare e nascondere fosse più facile che agire e combattere? Un ex partigiano che ha visto gli orrori della guerra accetterà che il potere della giustizia si fermi sulla soglia di quei palazzi costruiti per proteggerla? E un ingranaggio del sistema che ha giurato di seguire gli ordini avrà davvero una scelta?

 

Realismo e nostalgica immaginazione

La neve di marzo non dura mai molto a lungo, ma in questo romanzo dura abbastanza da vedere l’inizio e la fine di un mistero particolare, narrato in prima persona dal commissario Soccodato. Questo insolito tutore della legge prende dichiaratamente ispirazione dal Maigret di Gino Cervi, indimenticabile protagonista dei vecchi film in bianco e nero, cui somiglia nel modo di condurre gli interrogatori, nel fumare sempre l’immancabile pipa e nell’osservare attentamente il mondo attorno. Attraverso i suoi pensieri ci si muove per Roma come si seguisse una sorta di guida turistica, fatta di strade e ristoranti, compilata da chi ama e vive intensamente questa città. Si entra nelle case e nei palazzi, si incontrano personaggi concreti, gente con cui si potrebbe davvero parlare suonando il campanello di quei portoni o entrando in quegli uffici. Una galleria di persone e situazioni estremamente reali, descritti impietosamente con una costante ironia in sottofondo che guarda la società con disincanto e un pizzico di rassegnazione.

Ciò che spinge l’autore a scrivere questi libri è il ricordo nostalgico di quella che lui considera «un’epoca indimenticabile»: s’immerge totalmente nel tempo della sua narrazione cercando sempre di rintracciare e inserire elementi storicamente esatti. Risuonano così nelle sue pagine le musiche e le trasmissioni televisive in voga in quel periodo, si leggono quei giornali, si guidano quelle macchine, e tutti questi dettagli concorrono a creare un’atmosfera che avvolge il lettore, trasportandolo quasi fisicamente in quegli anni, come se posando il libro e aprendo la porta potesse davvero incamminarsi per quelle strade ed incrociare, chissà, un indaffarato poliziotto intento ad accendere la sua fedele pipa.

 

Irene Nicastro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 84, agosto 2014)

 

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT