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Anno VIII, n 82, giugno 2014
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Storia (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno VIII, n 82, giugno 2014

Zoom immagine Il potere del clero
radicato nel tempo
fra codici e tributi

di Riccardo Berardi
Tropea e la Controriforma:
due saggi storici editi da Meligrana


La collana diretta da Pietro De Leo sulle fonti della storia di Tropea tra Medioevo ed Età moderna per l’editore Meligrana, giunta al secondo volume, si inserisce con interessanti novità tra le edizioni critiche delle fonti edite calabresi. Il primo volume costituisce una rimarchevole testimonianza dell’attività post-tridentina in Calabria, nonché un quadro dettagliato della chiesa tropeana alla fine del Cinquecento. Si tratta di Il Sinodo di Tropea del 1594 (Meligrana, pp. 137, € 15,00) e riguarda la pubblicazione del sinodo diocesano tenuto a Tropea mercoledì 27 aprile 1594 da Tommaso Calvi [1].

Nella peculiare Introduzione di De Leo, oltre alla dettagliata biografia del vescovo Tommaso Calvi, i Decreta Synodalia vengono divisi in quattro parti, con un prologo dove si dichiara apertamente l’adesione al Concilio di Trento. La prima sezione riguarda i fondamenti della fede cristiana, i giorni dedicati al culto con annesso calendario, le minute disposizioni per la venerazione delle reliquie. Nella seconda, invece, vengono descritte le norme relative alle sacre celebrazioni, al comportamento rituale delle dignità e dei canonici della cattedrale, nonché i comportamenti della vita del clero; la terza prevede la collazione dei benefici sacri che dovevano assicurare anche il decoro delle chiese e cappelle loro correlate; mentre l’ultima parte, la quarta, consiste in disposizioni emanate dal sinodo contro i bestemmiatori e i riti funebri pagani, i giochi d’azzardo proibiti, i maghi, gli stregoni, i falsari e i ladri.

Infine, di fondamentale importanza per addentrarsi ulteriormente nelle peculiarità del sinodo, è il testo in appendice, che dona elementi indispensabili al lettore benché scritto in latino.

Per quanto riguarda il secondo volume, La Platea della Diocesi di Tropea (sec. XV) (Meligrana, pp. 385, € 40,00), si descrive dettagliatamente la Platea fatta redigere da Mons. Giuliano Mirto Frangipane al notaio Calvano de Yosep de Luciis il 9 marzo 1494, che rappresenta una copiosa fonte del tardo Medioevo calabrese dal punto di vista canonico, antropologico, toponomastico, sociologico, linguistico, ma soprattutto economico – in quanto censimento dei tributi dovuti in denaro o natura – di Tropea, Amantea e di tutto il Tirreno cosentino, un tempo incluso nell’ambito diocesano. Infatti, la diocesi di Tropea, già fin dal 1094, comprendeva anche l’antica diocesi bizantina di Amantea e si estendeva fino a Fiumefreddo, Longobardi, Aiello, Belmonte e tutto il territorio circostante. Altri riferimenti riguardano i contigui distretti episcopali di Nicotera, Mileto e Oppido Mamertina.

Nell’ampia Introduzione De Leo scrive: «Il disegno che ci offre la Platea del 1494 è assai articolato, ma non comprende i beni degli ordini religiosi, esenti – come è noto – dalla giurisdizione vescovile e degli enti direttamente soggetti alla Sede Apostolica, ed essendo un censimento meramente fiscale con l’indicazione minuta dei tributi dovuti in denaro e/o in natura, fornisce poche notizie sulle tradizioni religiose, sulle consuetudini ecclesiastiche, senza indicare l’ordine di precedenza nel capitolo della cattedrale, che avrebbe in seguito suscitato diverbi presso la Sede Apostolica, ma puntualizza l’obbligo a cui era tenuto l’abate rettore della chiesa di Sant’Angelo di Tropea, il quale a Pentecoste doveva offrire ogni anno un pranzo al vescovo, ai canonici e a tutto il clero» (pp. XVI-XVII). Ciononostante vengono dettagliatamente descritti sia la vita di Mons. Giuliano Mirto Frangipane sia gli elementi sul patrimonio diocesano: il palazzo vescovile, la mensa vescovile, i beni immobili della sacrestia della cattedrale, le chiese dirute, i possedimenti nei casali. Senza tralasciare gli aspetti prosopografici delle famiglie elencate nel documento, come i Galluppi, i Fazzari, gli Aquino, i Barone, i Gabrielli, i Frezza, i Vulcano e altri ancora dai quali emergono tantissime nobildonne possidenti, ma anche molti ecclesiastici detentori di beni propri o connessi alle mansioni esercitate.

Emblematica è anche la rassegna della storia quattrocentesca di Tropea nonché la descrizione diplomatica del manoscritto – composto da 316 carte – conservato presso l’Archivio storico diocesano di Tropea. Infatti, essendo stato redatto da diverse persone in scrittura umanistica libraria, grafia, grammatica e sintassi non sono omogenei.

Tutti i dati della Platea forniti dai vari beneficiari erano stati puntualmente e direttamente controllati – come attesta il notaio rogatario Calvanus de Yosep de Luciis – facendo riferimento ai «privilegia, inventaria et instrumenta publica, plateas et scripturas eiusdem episcopatus et aliarum ecclesiarum diocesis episcopatus eiusdem», molti dei quali erano stati verificati all’occorrenza con la testimonianza di persone affidabili, le quali erano anche in grado di aggiornare i confini e i possessori dei beni contigui a quelli di tutta la diocesi di Tropea: condizione imprescindibile per scongiurare tanto l’usucapione, quanto l’evasione dei contributi.

Il tutto è dettagliatamente supportato – oltre che dalla trascrizione integrale del documento in appendice – da un notevole indice dei luoghi e dei nomi redatto da Nicola d’Agostino, nonché da numerose tavole rappresentanti in fotografia il documento.

 

Riccardo Berardi

 

[1] Il documento creduto disperso nell’Ottocento è stato ritrovato in una biblioteca privata.

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 82, giugno 2014)

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