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Anno VIII, n 82, giugno 2014
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Vilma Formigoni) . Anno VIII, n 82, giugno 2014

Zoom immagine ’Ndrangheta
e religione

di Pamela Quintieri
Il legame tra chiesa
e mafie in un saggio
edito da Mondadori


Che la giustizia sia qualcosa cui ogni essere civile anela per vivere in un mondo che possa comunicare rispetto e pienezza alla realtà è un’aspirazione condivisa. Che non viviamo in un mondo idilliaco è purtroppo una constatazione decisamente retorica e fin troppo riproposta.

Il libero arbitrio, diversificando l’essere umano dalle fiere, segna la linea di confine, solca il baratro, netto e spesso insormontabile, tra il bene e il male. Accade pertanto che le nostre scelte personali e intime, di fronte ai mali dell’esistenza, disegnino la forma della nostra morale laddove quello che pensiamo, che desideriamo fortemente, o solamente ciò a cui proprio non riusciamo a ribellarci, materializza robuste catene di schiavitù, fisica ed anche intellettiva, che comunque riescono nell’intento di annullare la libertà.

Con il ritrovamento del corpo senza vita di don Giuseppe Giovinazzo comincia la narrazione, intensa e approfondita, di una vicenda lunga e dolorosa che affonda le radici in un passato assai remoto. Si tratta di un uomo importante e in vista che svolgeva la funzione di sacerdote a Locri, nella parrocchia di Maria Santissima Immacolata di Moschetta. Il fatto singolare è che l’uomo rivestiva anche la funzione di vicario economo del Santuario della Madonna di Polsi in Aspromonte. Don Giuseppe non era, ahimè, solo ed esclusivamente persona di chiesa, ma personaggio terreno e potente che si scoprirà essere fortemente collegato ad ambienti mafiosi e, probabilmente, informato di pericolosi inenarrabili segreti.

 

Acqua santissima

«Sono quasi le sette di sera, quando l’orrore di quell’agguato scuote le pietre che incombono sul mare turchese della Calabria tragica e dolente di quel 1° giugno 1989. Dal fiume Bonamico sale una nebbia grigia e fitta che si insinua nei boschi togliendo spazio ai raggi del sole». Termina così, con un’esecuzione, la vita di un uomo stranamente collegato ai più potenti boss della ’ndrangheta dei quali conosceva bene l’influenza, sempre maggiore, soprattutto nel traffico di droga e nel settore degli appalti pubblici.

Un delitto apre dunque il libro-inchiesta Acqua santissima. La chiesa e la ’ndrangheta: storie di potere, silenzi e assoluzioni di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso (Mondadori, pp. 194, € 17,50). Il testo affronta in maniera asettica, dettagliata e pertinente l’oscura relazione chiesa-mafia, approfondendo aspetti e riportando aneddoti estrapolati da fatti realmente accaduti.

Il volume spiega come da sempre esista un tenace legame tra sacralità, sacramenti e ’ndrangheta, come da sempre sia radicato e inevitabile e come il senso di una forte religiosità alberghi nel cuore mafioso. Da una recente ricerca condotta nelle carceri, su un campione di detenuti, in particolare mafiosi, con il metodo delle domande su scheda anonima, è emerso infatti che il 98% degli intervistati prega Dio, la Madonna, i Santi.

A rafforzare il concetto che l’uomo mafioso è anche uomo fortemente osservante della religione e dei suoi dogmi, non possiamo non rilevare che, durante la cattura dei latitanti, nei bunker vengono quasi sempre ritrovate immagini sacre votive: in passato solo quelle della Madonna di Polsi e di S. Michele Arcangelo; negli ultimi tempi, invece, si sta diffondendo anche il culto per Padre Pio. Singolare ed emblematico che in un nascondiglio sia apparsa persino la scritta «Dio protegge questo bunker».

 

Il mafioso timorato Dio

Quello che più di tutto fa pensare e riflettere è che, nell’attimo prima di uccidere, il killer o il suo mandante preghi, quasi a riconciliarsi con la religione stessa, della quale sta pur infrangendo le regole, come atto supremo di una sacralità in cui si crede ciecamente. Questo comportamento, così “anomalo”, si verifica perché in questa particolare tipologia di assassino è forte il convincimento che sia stata invece la vittima designata a violare alcune direttive con la sua condotta irrispettosa e oltraggiosa, tanto da “indurre” e quasi “costringere” il malvivente a mettere in pratica il cosiddetto “codice di mafia”. Lo ’ndranghetista uccide dunque perché “spinto” dalla vittima stessa, consapevole o inconsapevole, ma pur sempre colpevole “di aver mancato di rispetto” a chi “le regole le fa e le fa rispettare”.

A sottolineare maggiormente il forte sentimento religioso che alberga nel cuore degli appartenenti alle cosche, accade che per il mafioso prendere parte alle processioni e soprattutto farsi notare vicino al parroco sia motivo di grande prestigio, così come anche gestire una confraternita. Addirittura peculiare, poi, il caso dei nuovi affiliati mafiosi che, durante la processione dell’Affruntata, portano la Madonna a spalla mettendo ancora una volta l’accento sull’importanza e il potere dell’uomo di ’ndrangheta che “può tutto”.

 

Gli autori

Nicola Gratteri è uno dei magistrati impegnati in prima persona nella lotta alla criminalità organizzata del nostro paese. È originario di Gerace, dove è nato il 22 luglio 1958. Nella veste di autore si occupa prevalentemente della stesura di testi di attualità sulla criminalità organizzata, nei quali si preoccupa di precisare quanto contro di essa ci sia ancora da fare ma anche quanto già si stia facendo.

Antonio Nicaso, non solo autore di libri, ma anche giornalista, è uno dei più importanti consulenti a livello mondiale sul tema “mafia”. In collaborazione con Gratteri, ha pubblicato altri testi sull’argomento, sempre con la casa editrice Mondadori, come Fratelli di sangue (2009), La Malapianta (2010), La giustizia è una cosa seria (2011), La mafia fa schifo (2011), Dire o non dire (2011). Recentemente, riferendosi al lavoro di saggista svolto insieme al magistrato, si è così espresso: «quando noi ci confrontiamo sulla necessità di scrivere un altro libro la prima cosa che ci chiediamo è “ma ne vale davvero la pena?” E noi abbiamo cercato di raccontare la mafia attraverso documenti, attraverso sentenze, attraverso atti giudiziari […] e abbiamo sempre cercato di spiegarla nella sua natura fatta di relazioni. La ’ndrangheta è come un ragno […]».

 

La presentazione del libro

Durante una delle giornate di presentazione di Acqua santissima, Gratteri ha fatto emergere particolari interessanti e significativi sul problema affrontato, partendo dal fatto che, da qualche anno a questa parte, si sta verificando un vero e proprio boom di pubblicazioni sull’argomento mafia. Si tratta di lavori che prendono spunto da altri testi ritenuti attendibili e soprattutto senza il controllo rigoroso delle fonti e che spesso, dunque, riportano anche errori e grossolanità. Questo libro è stato invece volutamente costruito grazie al lavoro di ricerca svolto per il 50% su documenti inediti, quindi informazioni nuove che, unitamente alla grande esperienza sul campo e alla pertinenza e qualità dei dettagli citati, lo hanno reso molto popolare e apprezzato da un eterogeneo e vasto pubblico di lettori.

Lo sottolineiamo con piacere: nelle giornate di presentazione del libro, a volte, in sale da 400 posti, gli spettatori non hanno potuto accedere a causa della massiccia affluenza. Ci siamo recati anche noi ad una di queste presentazioni, quella del 13 novembre 2013, presso la Libreria Feltrinelli di corso Giuseppe Mazzini, a Cosenza, dove il libro è stato analizzato e sviscerato in una giornata di pioggia battente, durante la quale la gente ha atteso, concentrata e paziente, in una stanza gremita, che gli autori terminassero la loro appassionata conferenza.

 

Conclusioni

Per la redazione di questo testo, Gratteri ha dichiarato di aver cercato in alcuni casi aiuto, in altri solo un po’ di collaborazione, a uomini di chiesa, semplici preti o eminenti personalità, non mancando tuttavia di sottolineare che la grande maggioranza ha preferito declinare l’invito trincerandosi dietro inutili e futili argomentazioni: «Abbiamo chiesto ad alcuni importanti uomini di chiesa perché ci sono vescovi che parlano di perdono e altri che invece negano i sacramenti ai mafiosi, perché non si riesce a mettere nero su bianco e indicare a tutti come bisogna comportarsi con mafiosi, ’ndranghetisti, camorristi e come bisogna tenerli fuori dalle chiese e dalle sagrestie. Ci hanno risposto che non avevano né il tempo né la tranquillità per soffermarsi sull’argomento».

Gratteri ha inoltre sottolineato con determinazione come la chiesa abbia da sempre mantenuto una posizione ferma contro massoni o comunisti, scomunicandoli ad esempio, o su come più semplicemente abbia negato i sacramenti ai divorziati, mentre non abbia mai ritenuto di dovere assumere una posizione netta contro i mafiosi. Per questo si deve invece faticosamente arrivare fino al 2012, anno fondamentale, quello in cui la Commissione episcopale ha definito finalmente “le mafie una struttura di peccato”.

Il magistrato ha ripetutamente rimarcato che Acqua santissima nasce dal rispetto e dall’amore nei confronti della chiesa ma soprattutto ha lo scopo di costruire consapevolezze: quelle della moralità e del rispetto.

Uno dei doveri principali della chiesa è difatti quello di “scegliere se stare dalla parte del potere o se stare dalla parte degli umili” affrontando con maggiore rigore e fermezza l’argomento sentimento religioso-appartenenza al clan e ricusandolo con decisione.

Confortante nell’anno appena trascorso la figura di papa Francesco che, durante l’Angelus domenicale del 26 maggio 2013, ha assunto una netta posizione sull’argomento, ricollegandosi al fervido «Convertitevi!» di Giovanni Paolo II. In occasione della veglia di preghiera per le vittime delle mafie dello scorso 21 marzo, nel rivolgersi ai presenti ha lanciato un messaggio indiretto anche agli omertosiGrazie per la vostra testimonianza, perché non vi siete chiusi, ma vi siete aperti, siete usciti per raccontare la vostra storia di dolore e di speranza»), cercando di smuoverne fortemente il senso civico e le coscienze.

Proprio in tale contesto riteniamo pertinente e valida la conclusione del saggio di Gratteri e Nicaso nell’esprimersi favorevolmente sul ruolo di papa Francesco all’interno della chiesa, con un augurio al suo lavoro, poiché rappresenta per l’umanità una forte e solida speranza in un futuro di giustizia e di prosperità.

 

Pamela Quintieri

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 82, giugno 2014)

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