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Anno VIII, n 81, maggio 2014
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Comunicazione e Sociologia (a cura di Vilma Formigoni) . Anno VIII, n 81, maggio 2014

Zoom immagine Generazione
“digitale”

di Federica Lento
Da Armando,
un saggio sostiene
i nuovi media


L’importanza del legame tra i mezzi di comunicazione e gli studi sull’infanzia è un argomento sul quale si soffermano con crescente interesse alcuni studiosi come David Buckingham, professore di Media and Communication presso la School of Social sciences della Lougborough University ed ex docente di Education alla University of London. Proprio in virtù di tali esperienze professionali, il suo lavoro di ricerca riguarda l’analisi delle relazioni tra bambini e media elettronici. In un’intervista del 29 ottobre 2010, condotta da Dee Morgenthaler e pubblicata sul sito del Center for media literacy, Buckingham sottolineava l’importanza della scelta e dell’uso consapevole, da parte dei bambini, dei nuovi mezzi di comunicazione e delle più recenti tecnologie. Dopo anni di studio e di approfondimento scientifico, oltre che di osservazione concreta e lavoro sul campo, egli esprime esaustivamente le sue riflessioni nel saggio Media Literacy per crescere nella cultura digitale (Armando editore, pp. 144, € 12,00).

 

Il consumatore bambino

Idea comunemente accreditata, specie nei decenni scorsi, era quella di ritenere i bambini delle figure astratte che vivevano immerse in un mondo fondamentalmente non commerciale, assolutamente immuni a tutto ciò che riguardava il consumismo. Causa o merito di questa condizione era l’assenza, più o meno totale, dei media, che oggi vengono accusati di favorire la diffusione di messaggi deleteri per il loro equilibrato sviluppo. Buckingham sottolinea come questo luogo comune che vede i bambini incapaci di resistere al potere mediatico non tenga affatto conto delle loro voci, dei loro punti di vista, ma privilegi soltanto il pensiero degli adulti. Il consumo, inoltre, è inteso come una sorta di tradimento dei valori umani fondamentali, come qualcosa di cui sospettare, una gratificazione effimera e non duratura. Il bambino, innocente e inerme, diventa dunque vittima dell’“uomo nero” del consumismo. L’autore invita invece a riconoscere all’infanzia il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza. I bambini vogliono sentirsi in una nuova posizione di controllo, perché sono consumatori estremamente potenti e influenti, e vengono infatti descritti con espressioni come «nativi digitali» o «nati con il mouse in mano».

L’idea di una generazione “digitale” potrebbe attribuire un potere assoluto alla tecnologia. I media vengono identificati prima di tutto come capri espiatori rispetto alle problematiche comportamentali dei ragazzi, capaci cioè di catalizzare l’attenzione a discapito di più importanti problematiche di disagio sociale; in secondo luogo, il “consumo di massa” viene collegato all’idea di “gente comune”, ossia priva di capacità selettive e di gestione dei contenuti mediali. Il bambino, pertanto, è il simbolo per eccellenza delle audience massificate. Al contrario, l’idea di audience attiva smonta questi preconcetti ed esalta il protagonismo dell’utente rispetto alle nuove tecnologie. David Buckingham valorizza l’idea di “individuo” nel rapporto tra media e culture giovanili. Secondo lui, i bambini e gli adolescenti, che più di ogni altro oggi utilizzano gli strumenti tecnologici, non devono essere demonizzati, soprattutto perché, se usati consapevolmente, tali mezzi permettono di sviluppare cognitivamente e criticamente nuove risorse consentendo loro di valutare le informazioni in modo razionale.

 

Apologia dei new media come risorsa educativa

La nostra paura della tecnologia spesso si estende all’uso personale che ne facciamo. Vincere questo timore e sfruttarne il potenziale potrebbe restituire un ruolo attivo non solo alle nuove generazioni, ma anche a chi guida i ragazzi nel processo di crescita ed educazione. I docenti spesso restano indietro nella conoscenza delle tecnologie esistenti, perdendo un’occasione per ricavare molteplici vantaggi dalle loro potenzialità applicative. Tutto ciò crea un notevole distacco tra le parti: da un lato insegnanti spaventati e, dall’altro, studenti incompresi. Imparare a conoscere il potenziale di queste straordinarie risorse restituisce l’effettivo ruolo decisionale ai più giovani e aiuta a condividere una cultura comune tra studenti e docenti.

David Buckingham si fa portavoce di questa cultura, intesa come esperienza dei media condivisa tra insegnanti (o genitori) e studenti, che ora si è persa e andrebbe urgentemente recuperata. Per questo motivo il suo saggio diventa uno strumento prezioso per gli adulti, affinché possano diventare coscienti delle potenzialità dei bambini che usano le nuove tecnologie soprattutto se guidati in maniera corretta e consapevole.

 

Federica Lento

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 81, maggio 2014)

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