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Anno VIII, n 78, febbraio 2014
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Storia (a cura di Fulvia Scopelliti) . Anno VIII, n 78, febbraio 2014

Zoom immagine I mondi dell’acqua:
le storie e i miti
di un bene primario
per l’intera esistenza

di Angela Patrono
Per Donzelli, un saggio esamina
le diverse visioni dell’elemento idrico
tra simbologia benefica e malefica


Elemento primordiale, misterioso e cangiante, l’acqua è simbolo di pulsioni inconsce e protagonista di riti ancestrali, bene primario e sostanza vivificante. Scrittori, miti e tradizioni orali hanno da sempre decantato la sua ambivalente facoltà di dare la vita o al contrario di toglierla, che si tratti di fonti cristalline o paludi malsane, di fiumiciattoli melmosi o di oceani sconfinati. In qualche modo, il sostrato di credenze popolari ed esperienze concrete ha contribuito a forgiare la contrapposizione tra “acqua buona” e “acqua cattiva”, antitesi che serve solo a rafforzare il fascino di questo prezioso e indispensabile liquido.

Allo scopo di raccontare i “mondi” dell’acqua, i valori e le simbologie idriche connessi alle più svariate culture, si è data alle stampe un’opera notevole e complessa: Storia dell’acqua. Mondi materiali e universi simbolici (Donzelli, pp. XLII-486, € 24,00), a cura di Vito Teti, ordinario di Etnologia presso l’Università della Calabria.

Il libro, che si avvale del contributo di numerosi studiosi, adotta un approccio interdisciplinare, affrontando il soggetto da una prospettiva socioantropologica, politica e geografica. Il progetto considera la funzione e il significato dell’acqua attraverso un triplice percorso, che parte dal Mezzogiorno d’Italia (e in particolare dalla Calabria) per giungere ai popoli del Mediterraneo e arrivare a un’analisi comparata di altri «mondi dell’acqua».

 

L’acqua, metafora della Calabria

È lo stesso Teti che, nel saggio iniziale, illustra il controverso rapporto tra i calabresi e l’acqua. A causa dei grandi contrasti climatici, geografici e storici della regione Calabria, l’acqua ha assunto nell’immaginario popolare una duplice caratterizzazione, insieme rigenerante e nociva. Se per secoli è stata usata in cucina come unico fondo di cottura e condimento, non dimentichiamo che, nel recente passato, le frequenti frane e alluvioni hanno dato origine a impaludamenti, a loro volta causa di malaria. Inoltre, la scarsità di acqua potabile costringeva a rifornirsi di acque sporche, pesanti, colme di detriti e causa di malattie. La compresenza di «due acque», una benefica e una malefica, ha giocato un ruolo di spicco nella percezione dell’elemento idrico, divenuto metafora della Calabria stessa. In fondo, spiega Teti, le due acque «non sono che lo stesso elemento con funzioni opposte, con valenze e manifestazioni diverse».

Massimo cantore del «sentimento dell’acqua» in Calabria è senza dubbio Corrado Alvaro, che ha descritto con parole dolenti la sete nostalgica dell’emigrante: a questo proposito, Teti riporta alcuni stralci significativi di brani del grande scrittore, evidenziando come la stanzialità e la mobilità siano interconnesse all’acqua. Nell’Introduzione Teti afferma: «La scelta dei siti e la costruzione dei luoghi sono state sempre legate alla presenza dell’acqua. La fondazione delle città e dei paesi avviene necessariamente in prossimità di sorgenti, torrenti, fiumi, coste. Le stesse vie religiose sono quasi sempre vie d’acqua; il centro religioso, il luogo di culto, è un luogo ricco di acqua. La ricerca dell’acqua ha ovunque qualcosa di religioso e di sacrale».

 

Un percorso tra mito e ritualità

L’acqua può diventare «un confine tra mondo dei vivi e dei defunti» e, in certi casi, rappresentare una soglia in cui ogni barriera tra vita e morte si annulla: in molte zone del Sud Italia era nota l’usanza di lasciare bevande per placare la sete dei defunti, specie nelle feste comandate o nei primi tre giorni del lutto. L’acqua è associata anche al culto dei santi, in una continuità di fondo tra devozioni pagane e cristiane: certi riti propiziatori portavano addirittura a “punire” i santi, colpevoli di non mandare la pioggia.

In questo caso, il fiume, oltre a essere un polo di aggregazione tra culture differenti, è anche un punto di congiunzione tra mondo degli inferi e mondo dei viventi. Nella Magna Grecia, in particolare, il fiume subisce un processo di antropomorfizzazione, arrivando a personificare la divinità. Nel suo saggio, Pietro Giovanni Guzzo commenta: «In Sicilia, l’acqua è concepita soprattutto come ctonia, presenta cioè legami stretti con il mondo dell’aldilà e ha nello stesso tempo un potere fertilizzante e agricolo intenso».

Nella mitologia greca e nelle avventure degli eroi omerici emerge un viscerale rapporto con l’acqua, dalla genealogia divina di Achille ai viaggi in mare di Ulisse. Quest’ultimo si ritrova ad affrontare le Sirene, simbolo di una femminilità inquietante e misteriosa, che rimanda all’aspetto oscuro e imprevedibile dell’acqua. Il saggio di Giovanni Sole si concentra in particolare sul mito di Scilla e Cariddi, gli spaventosi mostri marini con sembianze femminili che vivevano nello stretto di Messina: «Il mare è il luogo del non luogo, dello spazio che non è uno spazio; è il mondo delle paure ancestrali, del sogno e dell’inconscio. Nel mare non ci sono punti di riferimento, non vi è un centro, i limiti sono assenti, viaggiare verso l’orizzonte infinito del mare è pieno di rischi, il naufragio è possibile in ogni momento». Grazie all’invenzione mitica, però, le forze oscure della natura sono addomesticate e in qualche modo diventano intelligibili all’essere umano, che vede così sublimati i propri timori e desideri inconsci.

La carica simbolica dell’acqua non si esaurisce nella mitologia, ma ritorna nella tradizione cristiana del battesimo per abluzione. Secondo Antonio Giuseppe Caiazzo, «il simbolo dell’immersione nell’acqua è insieme figura e realtà dell’immersione nella morte di Cristo, per quindi rinascere». Del resto, molti artisti, come Hieronymus Bosch nel Trittico delle delizie, hanno rappresentato in pittura un paradiso terrestre ricolmo di fontane zampillanti, elargitrici dell’eterna giovinezza.

 

Un bene da preservare

Il saggio a cura di Teti, oltre a essere un valido strumento di studio e approfondimento, serve a sensibilizzare le coscienze di quanti credono che l’acqua sia una risorsa illimitata. Come spiega l’antropologo, «l’acqua è un bene dell’umanità, è un diritto umano e sociale» che troppo spesso, però, diviene oggetto dell’avidità di potentati e multinazionali: «Quasi due miliardi di persone nel mondo non hanno accesso oggi all’acqua potabile; due milioni e duecentomila persone, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, muoiono ogni anno a causa di malattie provocate dall’acqua insalubre a cui sono costretti. Ogni giorno circa seimila bambini muoiono per lo stesso motivo». Davanti a un simile scenario è necessario correre ai ripari e sviluppare una nuova cultura dell’acqua, una cultura inclusiva e accogliente, che recuperi memoria, tradizioni, identità perdute, per andare incontro all’Altro e placare finalmente la sua sete.

 

Angela Patrono

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VIII, n. 78, febbraio 2014)

 

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