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Anno II, n° 6 - Febbraio 2008
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno II, n° 6 - Febbraio 2008

Zoom immagine Bimbi e cure:
lotta alla mala
informazione

di Alessandra Sirianni
Un libro Magi Edizioni ci parla
dei rischi connessi ai farmaci
somministrati in età evolutiva


Giù le mani dai bambini. Iperattività, depressione e altre «moderne» malattie: la salute dei minori e il marketing del farmaco (Magi Edizioni, pp. 360, € 20,00) nasce a testimonianza e supporto dell’attività di sensibilizzazione svolta dall’omonimo comitato (o, secondo la definizione degli autori, «associazione di associazioni») su un tema particolarmente importante, quello che riguarda la somministrazione di psicofarmaci a bambini e adolescenti. Il libro, i cui proventi sono interamente devoluti alla campagna, è firmato da Federico Bianchi di Castelbianco, psicologo e psicoterapeuta dell’età evolutiva e membro della Commissione famiglia della Presidenza del consiglio dei ministri, e da Luca Poma, giornalista e portavoce in Italia della campagna in questione, con il contributo di molti altri esperti e cittadini. Come ci spiegano gli autori, infatti, la storia di questa campagna è, innanzitutto, una storia di persone, associazioni e realtà molto diverse fra loro che hanno accettato di collaborare e dedicare le proprie energie ad un progetto comune: fare luce su un aspetto fondamentale quale la tutela ed il diritto alla salute dei minori. L’obbiettivo dell’iniziativa, e conseguentemente del volume che ne è frutto, è quello di sensibilizzare e di informare i soggetti coinvolti (non soltanto medici ma specialmente genitori ed insegnanti) sui delicati aspetti collegati all’assunzione di psicofarmaci in età evolutiva, soprattutto su quelli meno noti e più allarmanti; si tratta in sostanza di un invito alla «massima prudenza» e ad un approccio etico nei confronti di quella che risulta essere una questione particolarmente importante e complessa.

 

Il manifesto di «Giù le Mani dai Bambini» e gli strumenti per una scelta consapevole

Uno dei meriti del libro è innegabilmente la capacità di fare informazione su un tema in genere precluso ai non addetti ai lavori, affrontando proprio gli aspetti controversi nell’uso di psicofarmaci sui minori in modo da consentire una scelta consapevole e informata a genitori e specialisti. Viene ribadito con forza proprio il concetto che esiste una possibilità di scelta, che la terapia farmacologica non è la sola cura possibile ma, in molti casi, una delle possibili o comunque solo una parte del percorso da svolgere.

Questo saggio non vuole essere una crociata sterile contro gli psicofarmaci, ritenuti di per sé utili, ma una denuncia contro un atteggiamento superficiale e sbrigativo che tende a semplificare la complessità dei fenomeni e dei disturbi curati, ignorandone le componenti ambientali, sociali e familiari, ed individuando in qualunque disagio una causa patologica. L’identificare il problema con un malessere di tipo organico (cioè con una specifica malattia) consente infatti di scegliere la «strada breve» degli psicofarmaci anziché un percorso di psicoterapia altrettanto efficace e privo di effetti collaterali ma indubbiamente più gravoso, in termini di energie e responsabilità, per medici, familiari ed insegnanti. Attraverso una serie di contributi scientifici ci viene spiegato come l’uso dei farmaci normalizzi il comportamento del bambino, ma sia assolutamente inadeguato a risolvere le problematiche profonde che possono aver scatenato il disagio; come una certa leggerezza o superficialità nella determinazione delle patologie e nell’utilizzo di sostanze capaci di alterare le funzionalità cerebrali sia particolarmente grave in età evolutiva, quindi in un momento cruciale per lo sviluppo e la formazione dell’individuo; come, infine, determinate cure comportino una serie di effetti collaterali tutt’altro che trascurabili (in alcuni casi affrontati con la somministrazione di ulteriori farmaci) e seri rischi di dipendenza.

 

Il campanello d’allarme da oltreoceano e la nascita della campagna

Gli autori ci raccontano che una prima reazione di sgomento è stata provocata dall’osservazione di dati provenienti dagli Stati Uniti: in America, infatti, il numero di bambini con patologie comportamentali curate con psicofarmaci sarebbe passato da 150.000 nel 1970, ad 8.000.000 nel 2003 fino all’esorbitante cifra attuale di 11.000.000. In un primo momento si è ritenuto che queste cifre raccapriccianti fossero il frutto di una «cultura dell’ipermedicalizzazione tutta americana» particolarmente incline ad individuare malattie psichiatriche per qualunque tipo di disagio (al punto che anche la timidezza può essere interpretata come una patologia curabile per via farmacologica) e ci si è rassicurati pensando che in Europa si fosse lontani da tali estremismi. Ma i risultati di un’analoga indagine in Francia (nazione affine, sotto molto punti di vista, all’Italia) hanno rapidamente minato tale certezza. Secondo una ricerca condotta su un campione di 609 istituti, il 12% dei bambini francesi che frequentano le scuole elementari ha già assunto almeno uno psicofarmaco (considerando classi di venticinque alunni equivarrebbe a dire tre bambini in ogni classe). La scelta degli autori, di fronte a questo dato sconvolgente è stata quella di giocare d’anticipo, dando origine ad una delle più importanti campagne di farmacovigilanza mai promosse in Italia. Il volume raccoglie le tappe di questo importante percorso: dopo una prima fase di test e la creazione di un sito internet, l’iniziativa ha incontrato rapidamente l’adesione di un gran numero di addetti ai lavori (220.000 in pochi mesi tra cui molti medici, specialisti e pedagogisti) nonché l’appoggio di associazioni e personalità pubbliche, in Italia come all’estero. I materiali contenuti nel libro sono i più disparati: oltre ad una notevole raccolta di pareri scientifici, volti a confutare le più comuni inesattezze sul tema degli psicofarmaci, il volume riporta alcuni documenti in grado di delineare il dibattito politico in Italia e la situazione internazionale in merito alla somministrazione dei farmaci ai bambini, un interessante capitolo sul conflitto d’interessi nel campo della ricerca farmacologia e una raccolta di lettere di genitori ed insegnanti.

 

Il caso dell’Adhd e la rischiosa superficialità della diagnosi

Uno dei disagi più frequentemente diagnosticati nei minori e trattato mediante la somministrazione di psicofarmaci, è il «Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività» (conosciuto con la sigla di Adhd) che renderebbe i bambini colpiti distratti, eccessivamente vivaci e irrequieti, poco gestibili e irrispettosi, al limite violenti verso compagni e insegnanti. Se si considera che negli Stati Uniti questa sindrome è stata diagnosticata al 15-20% dei bambini in età scolare (quindi almeno quattro o cinque bambini, in una classe di venticinque alunni, ne sarebbero affetti) appare chiaro che ci si trova davanti ad un fenomeno dalle proporzioni preoccupanti, quasi ad un’epidemia. Come emerge dal saggio, in realtà, gli strumenti per determinare l’Adhd sono come minimo contestabili in quanto a rigore scientifico; anche ad occhi inesperti appare chiara un’eccessiva facilità nel confezionare la diagnosi, che in qualche modo spiegherebbe il dilagare del fenomeno. Nel volume viene riportato il test correntemente utilizzato per individuare la patologia, che consiste in un questionario con due serie di nove domande; basta conseguire sei risposte affermative in una delle due schede per diagnosticare l’Adhd. Desta qualche perplessità il carattere poco “scientifico” del test, costituito da domande del tipo: «Evita, non gli piace o è riluttante ad affrontare impegni che richiedono uno sforzo mentale continuato (come i compiti di scuola)?», «Manifesta un’irrequietudine interna, correndo e arrampicandosi dappertutto?», «Interrompe o si intromette nelle conversazioni degli altri?»; descrizioni di comportamenti che, di per sé, potrebbero essere dovuti ai motivi più disparati (ad esempio alla volontà di attirare l’attenzione). Ancora più dubbiosi si rimane di fronte ai sistemi utilizzati per valutare tali comportamenti, basati su parametri del tutto soggettivi quali «mai», «qualche volta», «spesso». Come ci spiegano gli autori, i risultati del questionario risentono in modo eccessivo dell’interpretazione dell’intervistatore, della sua esperienza, sensibilità e tolleranza. Sono completamente assenti, inoltre, importanti riferimenti quali la durata e l’intensità del disturbo, informazioni sul contesto socio-familiare del bambino, addirittura dati riguardanti l’età del paziente in esame; vengono parimenti ignorate altre ragioni che potrebbero causare uno stato di iperattività (come una dieta eccessivamente ricca di zuccheri) o eventuali anomalie nel rapporto con compagni, genitori ed insegnanti. Un quadro, quindi, che la dice lunga sulla superficialità del metodo diagnostico e che risulta allarmante soprattutto perché a tale imprecisione corrisponde una cura tutt’altro che priva di effetti collaterali. I farmaci più correntemente utilizzati sono infatti derivati delle anfetamine (che per un effetto paradossale agiscono come calmante) il cui abuso è notoriamente molto dannoso se non letale. Tra gli effetti indesiderati è inoltre frequente la comparsa di tic nervosi incontenibili e invalidanti, estesi a tutto il corpo, oltre ad una serie di complicazioni che non sono riportate nelle confezioni in vendita al pubblico. Una sezione interessante, anche se tecnica, del saggio è dedicata, appunto, al confronto fra il foglio illustrativo di uno dei farmaci più correntemente prescritti e la scheda completa riservata agli addetti ai lavori, nella quale sono elencate una serie di informazioni e controindicazioni taciute invece nella versione in commercio. In appendice è riportato uno splendido saggio di William Carey sulle interpretazioni che la letteratura occidentale fornisce in merito al comportamento infantile e ai fattori che possono influenzarlo; un monito, diremmo, a non lasciarsi abbagliare dal sapere scientifico e a riscoprire il valore dell’osservazione e dell’ascolto nel rapporto con i bambini.

 

Alessandra Sirianni

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 6, febbraio 2008)

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