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Anno VII, N. 69, maggio 2013
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Letteratura contemporanea (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno VII, N. 69, maggio 2013

Zoom immagine Due storie d’amore che nascono
tra le rovine dell’antica Babilonia
e gli orrori della guerra in Iraq

di Angela Patrono
Il fascino di una terra tormentata
in un romanzo edito Arduino Sacco


Babilonia e Baghdad, due città così vicine e così lontane. Situate nella stessa terra, l’attuale Iraq, ma divise da secoli di storia e da un destino differente: la prima, capitale di un antico e glorioso impero sotto la guida del re Nabucodonosor II; la seconda, martoriata da un conflitto che, nonostante tutto, sembra non avere tregua e che vede contrapporsi diversi schieramenti, mossi da interessi non sempre cristallini.

Le due località, su due piani temporali diversi, sono lo sfondo del nuovo romanzo di Silvia Azzaroli, giovane milanese che ha mosso i primi passi da scrittrice nel mondo delle fanfiction ed è già alla seconda prova narrativa dopo La luna oscura del Neckar. In quest’opera, però, si distacca dallo scenario fantasy del romanzo d’esordio per narrarci una storia in cui l’elemento immaginifico si mescola a un vissuto drammatico e attuale. Il libro, Ho sognato Babilonia (Arduino Sacco editore, pp. 226, € 18,90), si rivela una piacevole lettura, non solo per le attente descrizioni della Mesopotamia del VI secolo a.C. e dell’Iraq di oggi, ma anche per la trama appassionante e lo spessore psicologico che l’autrice riesce a dare ai personaggi, sia antichi che contemporanei, facendo scattare quel processo di immedesimazione indispensabile per tenere i lettori incollati dalla prima all’ultima pagina. Si finisce, così, per simpatizzare letteralmente con i protagonisti, prendendo confidenza con il loro mondo interiore.

 

Cecilie e Samuel, tormentate anime gemelle

Silvia Azzaroli scava nel profondo dei personaggi, costruendo per ognuno di loro una storia coinvolgente e credibile, fatta di drammi irrisolti e cicatrici forse indelebili, ma anche di tanta speranza.

Ne sono un esempio i due protagonisti nel contesto della Baghdad contemporanea: Cecilie Martinelle e Samuel Lamont. La prima è una giovane archeologa francese che nel 2004, dopo la cattura di Saddam Hussein, si trova in Iraq assieme alla spedizione del museo archeologico di Londra di cui fanno parte anche i suoi migliori amici, i coniugi Jacqueline e Matthew Lanster. Romantica e sognatrice, un po’ insicura per timore di essere ferita, ma mossa da profondi ideali: questo il ritratto di Cecilie, affascinata dall’antica Babilonia al punto da lottare in prima linea per il recupero dei reperti archeologici finiti nelle trincee. Troverà un prezioso alleato in Samuel, celebre architetto, nonché collaboratore dell’Unesco, un giovane sensibile e a tratti ombroso, che tra le pieghe del passato nasconde uno straziante segreto. I due, uniti dall’indole riflessiva e dalla passione per la cultura, finiranno per innamorarsi, ma la loro storia saprà sopravvivere agli orrori della guerra e a un tragico vissuto mai dimenticato?

 

Il Nabucodonosor che non ti aspetti

Lo stile scorrevole e discorsivo dell’autrice, unito ad una fervida immaginazione e all’abilità nel tracciare ritratti psicologici, ha il pregio di ricostruire quella parte della storia a noi negata: i pensieri di un grande re e condottiero, in questo caso Nabucodonosor, che le fonti ci tramandano come un sovrano spietato, artefice della distruzione di Gerusalemme. Ho sognato Babilonia, tuttavia, rivaluta la figura del re dipingendolo come un uomo sì feroce in battaglia, ma anche amante del bello (fu lui a far edificare i celebri giardini pensili in onore della moglie) e rispettoso della cultura degli altri popoli, anche quelli sottomessi. Un uomo diviso tra due anime, quella di combattente e quella di padre di famiglia, lacerazione che si riflette nel diverso rapporto con le due figlie: Abigaille, figlia adottiva ma prediletta, schiava riscattata nel cui petto batte il cuore di un guerriero, e Fenema, la primogenita, nonché futura regina, una ragazza tranquilla e femminile che odia la guerra e soffre per non essere all’altezza delle aspettative paterne. Se i nomi delle figlie del re sono tratti dal Nabucco di Giuseppe Verdi, la storia se ne distanzia in toto, mettendo in primo piano le angosce contraddittorie di un re costretto suo malgrado ad attuare le proprie leggi anche se crudeli (come la decapitazione dei figli del traditore Sedecia), pur sognando la convivenza pacifica tra popoli diversi. Un uomo dal profondo senso religioso, che onora le proprie divinità, come Marduk e la “Grande Madre” Ishtar, ma che è anche contemporaneamente attratto da Jahveh, quel «dio invisibile» degli Ebrei, scorgendo nella distruzione di Gerusalemme, predetta dal profeta Geremia, un disegno arcano e imperscrutabile.

 

L’amore: rimedio ai conflitti interiori ed esteriori

L’uso del discorso diretto e del linguaggio colloquiale, con periodi brevissimi e frequenti andate a capo, rende l’opera di facile lettura, ma non per questo semplicistica. Anzi, le riflessioni “ad alta voce” dei personaggi esprimono un conflitto interiore originato da quella terra che «una volta era l’Eden» e che adesso è diventata un inferno a cielo aperto: «Siamo tutti schiavi, prigionieri di qualcosa, di un orrore, della paura, della voglia di libertà. È strano pensare che sia le truppe occidentali che quelle irakene combattano entrambe per la libertà dell’Iraq, eppure sono su due fronti opposti. Ma è davvero così? C’è chi dice che sotto questa guerra c’è altro: il petrolio di questo paese, non gli ideali. E io cosa penso? Temo e credo che sia vero, gli ideali non c’entrano, almeno non per chi ha voluto questa guerra».

L’autrice evita di trasformare la storia in una soap opera edulcorata con qualche esplosione di contorno; al contrario, la sua narrazione non risparmia, quando serve, dettagli cruenti: lo scoppio di una bomba al mercato che provoca morti e feriti, una delicata operazione chirurgica per l’estrazione di un proiettile o, tornando al VI secolo a.C., la violenza delle battaglie di Nabucodonosor. Particolari necessari perché il vero grande protagonista del romanzo, l’amore, emerga come forza capace di riscattare un’intera esistenza e di essere l’antidoto a qualsiasi ferita: un messaggio sussurrato in ogni pagina di questo libro scritto in egual misura con abilità e sentimento.

 

Angela Patrono

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 69, maggio 2013)

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