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Anno VII, n. 65, gennaio 2013
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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno VII, n. 65, gennaio 2013

Zoom immagine Delitti in Rai:
il mistero abita
nel backstage

di Pamela Quintieri
Da Rai Eri, un noir insolito
e ricco di colpi di scena,
primo al concorso “Narrerai”


«Gli scaffali neri a giorno con la collezione di porcellane cinesi céladon illuminate da uno spot si scontornano come per effetto “mosso” in fotografia. Una frazione di secondo e scoppia il dolore. Un calore vischioso scivola sul collo. Lo scontornamento si trasforma in vertigine e il dolore è insopportabile. Le forze, sorprese dal primo colpo, defluiscono  insieme con il calore vischioso sotto il colletto della camicia. Non serve difendere il capo con le mani. Passate tra i capelli, le mani tornano nel campo visivo incerto, grondanti di sangue. Alla vertigine s’unisce disperazione. La bocca muta, invasa dalla morte dolciastra». È sabato, il 28 ottobre del 1973, un giorno qualsiasi, quello della sconfitta della Roma in casa fulminata da un 2 a 1 del Milan all’Olimpico. Sono circa le ore 19:00, un assassino si aggira indisturbato, un uomo è stato brutalmente ucciso. Si apre così La maschera di Emanuele Gagliardi (Rai Eri, pp. 180, € 9,00), vincitore della seconda edizione del Premio letterario “Narrerai”. Il concorso nasce da un’idea della Eri con l’intento di ricordare e celebrare i suoi 60 anni di attività come casa editrice. Riservato ai dipendenti Rai che si dilettano nella scrittura, a salire sul podio sono in tre: oltre a Gagliardi si classificano pari a merito anche Il monocolo di Luigi Michele Perri e Nera la notte di Riccardo Besola.

 

La trama

La vittima è Guido Del Prà, milanese del 1927, coniugato e funzionario Rai, di ideologia maoista e collezionista di preziose porcellane cinesi, le note céladon citate nell’incipit. Muore con il cranio spappolato da un oggetto contundente. L’arma non viene né ritrovata né identificata inizialmente, si scoprirà in seguito essere proprio la maschera che dà il titolo al romanzo. Così appassionato della cultura e della tradizione cinese grazie alla traduzione di alcune tavole, si scopre che Del Prà seppur sposato era di fatto omosessuale. Da qui si apre un’analisi sul mondo Rai immaginario del libro, dove personaggi influenti chiedono favori sessuali e ricattano i dipendenti. Niente trasparenza o limpidezza, ma solo contorni sfocati animano vite costruite sulla menzogna. In fondo chi siamo veramente? La verità è sempre profondamente celata dietro una maschera. Quanto lasciamo trapelare del nostro vero io? Quanto mostriamo agli altri e quanto invece soffochiamo nelle profondità del nostro intimo? L’autore cerca di analizzare e dare una risposta a tale paradosso attraverso questo scritto autentico e appassionante.

Non parliamo di un giallo ma di un noir, e la differenza, lo spiega lo stesso Gagliardi, è sottile ma pertinente: «Chi legge un giallo si diverte a risolvere l’enigma criminoso, magari tentando di precedere gli investigatori. Chi legge un noir, invece, deve “sentirsi” nella storia». L’ambientazione è difatti superlativa: la Capitale, Roma dei primi anni Settanta. Come spiega lo stesso autore, la sua urbanistica ben si presta allo svolgersi della trama di un noir. «I grovigli e le stratificazioni del centro storico, così placentare, solenne ma un po’ decadente; il Tevere, spettatore lurido e sornione di una vita che procede sulle sue sponde da oltre due millenni, la freddezza delle periferie tirate su in fretta; quel sentore diffuso di fogna e cantiere, di mercato ortofrutticolo bruciato dal sole». Non un qualsiasi posto di Roma ma l’audacia di ambientare volutamente la storia negli uffici Rai. «Se nel palazzo di cristallo di viale Mazzini si respira l’aria della grande azienda moderna, scoppiettante di efficientismo un po’ taylorista un po’ fantozziano, a via Teulada si sente l’agitazione del dietro le quinte, quella baraonda artigianale dei teatri di posa, col sentore di fumo e di segatura. Una Cinecittà in scala, con illusioni, affabulazioni, seduzioni, ammassate dietro la maschera di un elettrodomestico».

È l’ambientazione ad essere fondamentale per un noir di qualità poiché essa è il posto dove tutto nasce e si sviluppa. Un libro che sa ben coinvolgere sin dalle prime righe anche se non ambientato ai giorni nostri, un testo di valore perché pone attenzione su temi sociali tanto alla ribalta quali omosessualità, mobbing, ricatto sessuale sul posto di lavoro. Il lettore mette in moto la logica solleticato da spunti di riflessione sempre nuovi e intelligenti.

 

Un noir all’italiana

L’impianto poliziesco ben congegnato e sapientemente presentato è volto a gettare luce sulle ombre della vita, tanto perfetta quanto oscura, di uomini inarrivabili. L’omicidio è un gesto che desta raccapriccio e orrore, mentre si configura quasi come una punizione inevitabile, solo presentata e mai giustificata. Un commissario dotato di grande intuito e un ispettore costantemente raffreddato districheranno la matassa grazie alla volontà e alla determinazione. Ma quanto è reale e quanto esattamente effimero? Se la maschera cade cosa mostriamo? La genesi del delitto è dunque l’incapacità dell’essere umano di strapparsi volontariamente la propria maschera? Il finale è sorprendente e tiene con il fiato sospeso, sembra quasi di muoversi in un film di Hitchcock alla ricerca del particolare che darà la soluzione.

 

L’autore

Dopo avere studiato presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, dove consegue la laurea come allievo del prof. Renzo De Felice, Emanuele Gagliardi è divenuto giornalista pubblicista. Molte le collaborazioni maturate nel tempo con le riviste Studi Cattolici, Nova Historica, Radici Cristiane, Corrispondenza Romana, Cultura & Identità. Lo scrittore noir è un esperto di Politica internazionale e di Storia contemporanea religiosa dell’Estremo Oriente. Presta lavoro presso la Rai, dove è ricercatore presso la Direzione teche dal 1999. In particolare il giornalista si occupa «della gestione degli archivi multimediali a supporto dell’attività di programmi e redazioni, nonché della formazione sugli stessi riservata all’utenza aziendale e ai ricercatori universitari».

 

Una grande capacità di scrittura

Uno stile solenne e lineare, ricco di ironia e mistero, disegna un romanzo tratteggiato a tinte forti dove niente è davvero come sembra. Il ritmo è serrato, regolare, scorrevole, la fluidità narrativa conduce il lettore alla soluzione dell’enigma con gradualità e sapienti colpi di scena. «Al di là del trauma per la morte violenta di una persona cara, credo che non ci sia cosa più penosa per i congiunti dell’attesa per poter dare sepoltura alla vittima».

Il linguaggio quasi sempre di facile comprensione diviene spesso ricercato, come quando si impreziosisce di termini altisonanti o di metafore pungenti: «le lenzuola sembravano una lapide».

La trama è ricca e la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Tutto appare solamente privato di consistenza ed esattezza. Ma la vera arma del delitto è proprio la maschera o il volere a tutti i costi mascherarsi cercando di mostrare agli altri e al mondo qualcosa che non siamo. Una recita non dura per sempre.

L’analisi psicologica dei personaggi è approfondita e caratterizzante, i protagonisti ne escono disegnati e contornati con nettezza e grande convinzione, sempre vivi e reali.

Un testo avvincente che il lettore divorerà con famelico interesse.

«Voglio che la scrittura mostri come sono complicate le cose e sorprendenti. Voglio emozionare i lettori, ma senza trucchi. Voglio che pensino sì, quella è vita. Perché è la reazione che ho io di fronte alla scrittura che ammiro di più. Una sorta di meraviglioso sbalordimento», diceva Munro e questo romanzo ne è assolutamente un esempio valido.

 

Pamela Quintieri

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VII, n. 65, gennaio 2013)

Redazione:
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