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Graziana Pecora
Anno VI, n. 62, ottobre 2012
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Problemi e riflessioni (a cura di Angela Galloro) . Anno VI, n. 62, ottobre 2012

Zoom immagine La rivolta morale
contro la burocrazia
che travolge dignità
e volontà umana

di Simona Baldassarre
Da Città del sole, un amaro romanzo
di Tonino Perna sul biotestamento


La regola di ogni amministrazione, al tempo d’oggi, è tagliare i costi dove possibile; la Sanità, purtroppo, è uno dei settori più colpiti. Nello specifico, i tagli che vengono richiesti al protagonista di questa storia, ambientata in Sicilia, nel Messinese per la precisione, riguardano le prestazioni sanitarie ed assistenziali nei confronti degli anziani; oltre a questo, il dottore dovrà far sottoscrivere ad ogni paziente presente nella sua lista il testamento biologico e la soft-death. Non sempre sarà un compito facile, specialmente nei casi più delicati, come, ad esempio, quando si troverà davanti persone debilitate nel fisico ma dalla forte volontà, o altre con situazioni familiari complicate; in quei momenti la coscienza di Tano Morgante, il medico geriatra protagonista del racconto, lo spingerà a sorvolare sulla firma dei moduli, questione inopportuna in quelle circostanze tanto delicate.

L’arduo compito di abbattere le spese sociosanitarie tagliando i servizi (che il protagonista paragona alla richiesta ad un falegname di «bruciare i mobili che ha costruito con tanta cura») è stato specificamente affidato al dottore dal direttore del Servizio sanitario nazionale, allarmato dagli aumenti di richieste di assistenza sanitaria fatte proprio da Morgante: il dottore viene messo alle strette e, pur di tornare al suo paese dopo vent’anni di servizio a Genova, accetta l’ingrato incarico che dovrà portare a compimento nel giro di un sola settimana.

È proprio durante questo breve lasso temporale che si snoda il racconto di Tonino Perna, La settimana del dottore Morgante (Città del sole, pp. 176, € 13,00).

L’autore ha fatto un’ottima scelta di stile: il linguaggio è semplice e l’utilizzo della lingua dialettale rende un po’ più leggero un tema complesso e un po’ più vivi i personaggi dipinti nel racconto; alcuni riescono così a diventare addirittura comici. A fare da fil rouge della storia c’è la tormentata relazione del protagonista con la sua compagna Laura, che per un motivo o per un altro lui non riesce mai a contattare.

Tonino Perna insegna Sociologia economica all’Università di Messina, è impegnato nel campo della solidarietà internazionale (è stato anche presidente del Parco nazionale di Aspromonte), si occupa di fair trade e ha scritto diversi saggi scientifici, oltre ad essersi cimentato nella scrittura creativa.

 

Persone, non semplicemente numeri

Il dottor Tano Morgante, dopo aver vissuto e lavorato tanti anni al Nord, torna nella sua città natale, dove nulla è più come una volta: i giovani hanno lasciato il nido per cercare fortuna altrove, mentre in città sono rimasti gli anziani, accuditi nella maggior parte dei casi dai badanti, un esercito di angeli custodi. Per il sistema sanitario, però, gli anziani sono solo un peso inutile, e quindi incaricano colui che in altri ambiti verrebbe chiamato un “tagliatore di teste” per dare un deciso taglio alla spesa.

Ciò che la burocrazia non sa, però, è che dietro ad ogni numero c’è una persona con la propria storia e i propri problemi: spesso il dottore, nel corso delle tante visite che farà durante la settimana narrata, rinuncerà a far firmare i moduli per il testamento biologico e per la soft-death perché rimarrà spiazzato dalle situazioni che gli si pareranno davanti; non solo, in alcuni casi cercherà di evitare di fare i tagli che gli sono stati richiesti.

Tano Morgante vivrà mille emozioni: dall’ammirazione per le vecchiette ancora legate alla vita, perché interessate alla politica (come la signora Gigliotti, che, dopo aver mandato avanti una famiglia da sola, a 85 anni ha ancora la forza di arrabbiarsi con la sinistra che si comporta da destra), o perché, nonostante il disfacimento fisico, dentro hanno «lo spirito di una bambina» come la signorina Margherita, dall’invidia per la vitalità per uomini come il cavalier Tarantelli il quale, a 87 anni, ancora guarda le donne e vuole un aiutino per sentirsi un “uomo vero”, alla tristezza nel vedere alcuni pazienti ridotti quasi a vegetali (come la signora Francesca, mantenuta in vita a forza con flebo e cure varie perché le sue figlie non si arrendono all’evidenza, ma anche perché non ha firmato il testamento biologico). Deve avere a che fare anche con anziani ipocondriaci che pretendono di fare continui esami medici che sono un salasso per il Servizio sanitario nazionale.

C’è spazio anche per momenti divertenti nella loro portata tragicomica: quando la signora Teresa si irrita perché il concorrente di un quiz non sa rispondere alle domande, la signora Elena si alza in continuazione per offrire al protagonista qualcosa e torna a sedersi senza porgergli nulla, o quando il dottor Morgante si ritrova a contare tutti i caffè e i bicchierini di liquore offerti dai pazienti e che non può permettersi mai di rifiutare.

 

Una burocrazia cieca

L’autore vuole comunicare al lettore quanto possa essere cieca la burocrazia, che in nome della regolarità dei conti passa come uno schiacciasassi sulla dignità, sulla vita e sui bisogni della gente. In alcuni momenti il dottor Morgante non riesce nemmeno a presentare al paziente in questione i moduli da compilare, e né ha il coraggio di dire che l’unico aiuto che fino ad allora riceveva, l’accompagnatore, non potrà più aiutarlo. Addirittura, in un caso, quello della signora Marina, scrive esplicitamente che sospendere cure e assistenza «sarebbe un delitto», perché annullerebbe i segnali di ripresa evidenti riscontrabili nello stato di salute della signora. Tano spesso si sente un verme nel fare quello che gli è stato ordinato di fare. E anche quando riesce a far firmare in poco tempo una gran quantità di «S.D.» (l’autore cita quasi sempre il testamento biologico e la soft-death usando solo le iniziali), ha sempre l’amaro in bocca, nonostante i complimenti del direttore.

La burocrazia non può imporre il modo in cui la vita di una persona deve concludersi, e a questo proposito c’è una bellissima premessa in cui l’autore paragona la fine della vita della persona ad un tramonto, dicendo che «nessun tramonto è uguale ad un altro» e per questo meritano tutti il massimo dovuto rispetto.

 

Simona Baldassarre

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 62, ottobre 2012)

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