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Anno II, n° 5 - Gennaio 2008
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Civiltà letteraria (a cura di Anna Guglielmi) . Anno II, n° 5 - Gennaio 2008

Zoom immagine Dieci racconti per delle inverosimili quotidianità
di Felicina Di Bella
Cosa succede quando il dubbio comincia ad insinuarsi nella mente?
Stravaganti viaggi in singolari mondi paradossali in un libro Joker


Ripulitori sociali, morti viventi, alieni, mamme amorevoli ma involontariamente assassine si mescolano a medici, forze dell’ordine, drogati e prostitute, in un cocktail di racconti in cui si fa singolare il rapporto tra realtà e fantasia.  Attori o spettatori della propria vita sono protagonisti di storie così concrete eppure paradossalmente irreali, sospese, ai limiti dell’inverosimile e dell’incredibile. Sono uomini o donne vittime del proprio passato e inconsapevoli delle proprie scelte, costretti a venire a patti con una vita che non sentono più loro e della quale sembrano aver smarrito il significato, se mai l’abbiano conosciuto.

Nulla è scontato tuttavia.

Come un’opera d’arte, dai contorni non ben delineati e dal significato a tratti enigmatico, lascia lo spettatore che vi si accosta per la prima volta attonito, così può accadere a chi s’immerge nelle pagine di Gelato al silicone (ovvero illusioni, allusioni e altro ancora) di Paolo Righini (Joker Edizioni, pp. 128, € 13,50).

È un viaggio verso la verità? È uno sguardo su un mondo vittima delle proprie fobie? Se da parte dell’autore c’è un tentativo di riflessione, questo non è comunque immediato.

In Hard Top, il primo dei dieci racconti di Gelato al silicone, Ronnie, ripulitore sociale che combatte contro gli agitatori, uomini sovversivi di un ordine sociale prestabilito da un deus ex machina, può compiere, attraverso un microchip cerebrale, azioni che un normale essere umano non sarebbe in grado di pensare. Ma Ronnie ha rubato la chiave d’accesso alla sua rete neurale e adesso riaffiorano quei ricordi che gli impediscono di essere quell’abile e valoroso condottiero che è stato finora.

In Prima visione - No Stop, la vita di Ilary e del figlio Colin è scandita dal trascorrere sempre uguale delle giornate: l’una aiutata da un robot da cucina, l’altro, quattordicenne, coi pensieri di un ragazzo della sua età. Vivono tranquilli, eppure Ilary, in attesa di qualcosa che non riesce a definire, prova un senso di inquietudine e insoddisfazione, cerca la felicità e si convince d’averla trovata nel sorriso del figlio. Solo allora si scopre che entrambi, come fossero attori su un palcoscenico, sono al centro dell’attenzione di curiosi spettatori che cercano di carpire l’essenza dell’esistenza attraverso l’osservazione della vita altrui.

E ancora, in La porta rossa, un banalissimo incidente stradale è la causa della “non morte” di Vicky la quale, dichiarata clinicamente priva di vita dai medici dell’ospedale di Lanzo, nei pressi di Torino, chiusa nella fredda cella dell’obitorio, continua a parlare e piangere, lasciando il suo soccorritore, e quasi certamente anche il lettore, in balia di una sconcertante confusione mentale.

 

Uno straniamento che pone importante interrogativi

Sono solo tre delle storie narrate da Righini, ma già in esse è chiaro che nessuna differenza passa tra alcuni dei protagonisti, artefici o vittime di situazioni di ordinaria follia, e il lettore, catapultato in una realtà altra, scandita non certo dal consueto trascorrere del tempo.

Straniamento, in una parola, è pertanto il processo in cui viene coinvolto il lettore. Egli, infatti, è condotto da subito a chiedersi se i personaggi appena conosciuti siano solo frutto di una fervida fantasia o se siano stati creati ad arte da una mano consapevole che, ricorrendo ad originali espedienti narrativi, lo induce a una percezione non abituale della realtà, rivelandone aspetti inconsueti e suggerendo significati alternativi.

Una lettura superficiale allora non basta, determinerebbe un senso di smarrimento che può tuttavia essere superato riaccostandosi per la seconda volta a quelle pagine incredibilmente “fantasiose”. Solo in questo caso emergono importanti interrogativi ed è possibile una riflessione.

Un filo conduttore sembra legare fra loro le dieci storie di Gelato al silicone. Apparentemente diversi, i suoi protagonisti, come appena risvegliatisi da un intorpidimento durato forse anni, si ritrovano a vivere una realtà che non gli appartiene, che pertanto fanno fatica ad accettare e che li invita a riflettere.

Sorgono così i problemi di coscienza: il senso di colpa che attanaglia Ronnie per aver obbedito senza mai protestare a un deus ex machina, supervisore che muove i fili di esseri umani ridotti a mere marionette, lo spinge a rivedere certe regole che destabilizzano la società e, soprattutto, a non accettarle passivamente, disposto a pagare di persona pur di conoscere la verità.

Ma quale verità? L’uomo seduto al tavolino di un Tropical Bar, fermo nelle sue certezze, è costretto a ricredersi davanti alla spremuta di salompas, “il frutto del pensiero”; non ne ha mai sentito parlare, è ovvio, ciò nonostante arguisce che «Tutto quello che è possibile, esiste». Da un racconto così frivolo dunque, una massima che valorizza la forza del pensiero e della fantasia: “basta pensare a qualcosa per farla vivere”.

Allo stesso modo è sufficiente pensare ad assurde circostanze per farle sussistere, come in Quel giorno, d’estate la cui protagonista, convinta della presenza nella propria casa del suo assassino, finisce con l’essere carnefice di una tra le persone a lei più chiare: il figlio Carlo.

È il prezzo del delirio, quel delirio a volte inconsapevole, a volte volutamente provocato per intraprendere un viaggio forse di non ritorno. È Lucy in the sky, infatti, che, dopo aver inveito contro l’uomo che l’ha salvata da un’overdose al pronto soccorso di un ospedale, puntandogli contro l’indice, gli dirà: «Cazzo, mi hai rovinato il viaggio». Un viaggio nei meandri della coscienza o piuttosto d’evasione dalla tanto stretta realtà quotidiana?

Quel titolo, Gelato al silicone, con le sue allusioni e illusioni, svela allora il suo significato.

 

Felicina Di Bella

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno II, n. 5, gennaio 2008)

Redazione:
Mariangela Monaco
Collaboratori di redazione:
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