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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Dibattiti ed eventi (a cura di Giulia De Concilio)

La collina del vento:
grande valore simbolico
che riporta alla memoria
una terra misteriosa

di Patrizia Piperis
L’ultimo romanzo dello scrittore Carmine Abate edito da Mondadori
è ancora una volta uno specchio delle tradizioni e sentimenti umani


Carmine Abate, ha recentemente presentato presso la libreria Ubik di Cosenza, il suo ultimo romanzo La collina del vento (Mondadori, pp. 264, € 17.50).

Aprire l’evento spetta al libraio padrone di casa, Alberto Abenante, al quale tocca il compito di raccontare la vita dell’autore: l’infanzia a Carfizzi (Kr), gli studi a Bari, l’emigrazione in Germania e il suo presente da insegnante in Trentino Alto Adige, i romanzi di successo e la traduzione in diverse lingue e paesi.

Dopo il preambolo sulla biografia dello scrittore, si è passato all’analisi del romanzo, agli aspetti salienti che costituiscono anche i punti cardini della “poetica” di Abate.

 

L’importanza della memoria

Primo fra tutti, il concetto di memoria.

Un principio che non va interpretato, secondo l’autore, come un sentimento nostalgico o retorico, piuttosto come mezzo per migliorare il nostro presente: citando Abate «la memoria è la strada per evitare errori». Dunque, non bisogna piangere per un perduto passato, o per la sofferenza subita in un tempo lontano, ma bisogna prendere esempio dalle generazioni precedenti, ereditarne la caparbietà e la capacità, come puntualizza lo stesso autore,«di affrontare la vita di petto».

Abate ha poi continuato esaminando la Calabria sotto vari aspetti; ha sottolineato come questa regione non abbia mai un ruolo marginale all’interno della Storia: anch’essa è stata vittima delle due guerre mondiali, come anche di alcune scelte politiche, ha combattuto per i propri diritti, in altre parole ha condiviso gioie e distruzioni con l’intera nazione. Eppure, spesso si commette il grave errore di soffermarsi o solo sugli aspetti negativi della Calabria (atteggiamento tipico dei forestieri) o solo su quelli positivi (sentimento appartenente agli autoctoni). Abate, invece, grazie alla sua posizione privilegiata di emigrato, riesce a cogliere in modo più obiettivo sia gli aspetti positivi sia quelli negativi della regione, ponendosi come un “ponte” tra Nord e Sud.

 

Spunti critici sul potere politico ed economico

Tornando al romanzo, non mancano i temi di un certo rilievo; difatti sono presenti critiche nei confronti del potere politico ed economico.

Questa avversione è ben esplicata nel corso della narrazione dove troviamo la famiglia Arcuri, protagonista del romanzo, che non si arrende davanti ai soprusi, indignandosi dinnanzi ad una tecnologia distruttiva per la salute ambientale, rappresentata dalla costruzione speculativa di pale eoliche. Argomento e fenomeno di pungente attualità, non solo nel crotonese.

La collina di Rossarco simboleggia per la famiglia Arcuri il pilastro della propria esistenza, in essa si racchiudono i sapori, gli odori e i misteri di una terra ricca di tradizioni, pertanto va difesa e tutelata come l’intera Calabria nel suo complesso.

Tra i personaggi del romanzo, anche due figure non calabresi ma che per la Calabria si spesero molto: l’archeologo Paolo Orsi e il filantropo ed educatore Umberto Zanotti Bianco.

 

La lingua e lo stile del romanzo

Il romanzo si legge piacevolmente, come ha sostenuto il libraio Abenante: «la scrittura è piana, asciutta, attenta, quasi trattenuta, nessuna parola è superflua o fuori posto».

Discutendo sulla lingua, Abate ha sottolineato che non usa il dialetto ma adopera dialettismi, ovvero contorna la sua scrittura con neologismi che conferiscono ritmo alla narrazione e che egli stesso definisce «esche vive che portano a galla la storia».

Eppure, come già nei romanzi precedenti dell’autore, tali dialettismi non trovano una esplicazione in note a piè di pagina perché sono facilmente traducibili tramite il contesto in cui sono inseriti.

Un carisma quello di Abate che esplica non solo nelle parole scritte, ma anche nel parlato: tanti i partecipanti alla presentazione, una libreria gremita di gente, fra i quali vi erano docenti universitari, semplici amanti della lettura, alcuni scrittori amici dell’autore e il sindaco di Acquaformosa, un paese arbëreshë della provincia di Cosenza.

 

Il rapporto tra Abate e la sua terra

Diverse sono state le domande poste a Carmine Abate, tra le altre quella sul rapporto tra la Calabria e lo stesso autore, alla quale il chiamato in causa ha risposto: «è un rapporto passionale, diverso dal classico amore e odio, nella passione si può litigare, ma io non posso odiare la Calabria e non posso provare nemmeno nostalgia della mia terra perché essa è sempre dentro di me, nel mio cuore».

Infatti la letteratura per lo scrittore, o per il narratore, come egli stesso ama definirsi, deve far emozionare trattando alcuni degli elementi vitali per la nostra esistenza tra cui: amore, morte, mistero, passione, amicizia.

A chiudere la presentazione, il libraio Abenante con la citazione di alcune righe tratte da La collina del vento: «Per sempre è un’espressione effimera che racchiude la nostra voglia caparbia di perdurare nel tempo. Non esiste nulla per sempre, a parte la cose tangibili, ritenute erroneamente inanimate, come le pietre di fiumara, le montagne della Sila, il mare nostro, il vento. Per sempre è la collina del Rossarco».

 

Patrizia Piperis  

(www.bottegascriptamanent.it, anno VI, n. 56, aprile 2012)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
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