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Anno V, n. 51, novembre 2011
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Letteratura contemporanea (a cura di Francesco Mattia Arcuri) . Anno V, n. 51, novembre 2011

Zoom immagine Un romanzo in cui fede e scienza
conoscono la forza di un amore
capace di travalicare la morte

di Maria Chiara Mazzillo
Gruppo Edicom offre un messaggio
ulla speranza della vita ultraterrena


I cerchi d’acqua, quelli che compaiono dopo aver lanciato un sasso in uno stagno o nel mare, rievocano il potere dell’amore di “risuonare”, ossia di incidere sulle cose materiali, nonostante la sua spiritualità, e di sconfiggere la morte, lasciando tracce visibili di sé anche dopo di essa, perché: «La morte può spezzare l’alleanza tra corpo e anima, ma non l’alleanza giurata in eterno tra due persone che si amano».

Si scopre questo leggendo l’ultimo romanzo della scrittrice siciliana Marisa Sturiale D’Agostino, la quale, dopo aver esordito con Pupa di Pezza (Abramo), torna con un romanzo psicologico-intimistico impegnativo, per la serietà dei temi, ma anche molto coinvolgente, per l’originalità con cui questi sono trattati, intitolato, appunto, Cerchi d’acqua (Gruppo Edicom, pp. 206, € 15,00). Due sono le protagoniste dell’opera, entrambe appassionate al mondo dell’inconscio: Denise, impegnata nella scoperta della verità su sua madre e nel racconto della propria vita, fortemente dipendente da quella della donna, tanto da sembrarne il riflesso, e Ada, madre di Denise, la cui storia è chiaramente segnata dalla perdita del compagno, Daniel, avvenuta dopo i primi mesi della sua gravidanza. Denise, nata dopo la morte del padre, conosce quindi quest’ultimo solo attraverso i racconti nostalgici, le descrizioni precise, particolareggiate della madre, ferma con la mente alla felice fase della sua vita condivisa con l’amato, cui segue, poi, un lungo periodo di silenzio della donna. Ada, infatti, parla alla figlia di Daniel solo in seguito all’episodio del papavero, che spetta al lettore interpretare perché nel testo non è rivelato se appartenga al sogno o alla realtà, e che rappresenta il momento del suo risveglio, quello che le restituisce la voglia di vivere.

 

Il papavero simbolo di un legame eterno

La vedova, ad un certo punto della sua vita, trova in riva al mare un papavero, fiore presente in diversi momenti della sua esistenza e assunto da lei e dal suo uomo a simbolo del loro amore, e lo considera un segno del marito morto, che dall’Aldilà ha voluto comunicarle la sua presenza, l’immortalità dell’anima umana, nonché quella del loro sentimento. Denise viene a conoscenza del significato attribuito dalla madre a questo avvenimento, spesso rappresentato nei suoi dipinti, solo grazie ai racconti di due amici dei suoi genitori, Delpho e Delia, che incontra dopo la morte di Ada. Questi le rivelano che sua madre e suo padre hanno fatto, prima che quest’ultimo morisse, e con il loro aiuto, un’esperienza riuscita di telepatia, ossia di “risonanza”, convinti che i forti legami d’affetto tra le persone, la “sintonia” fra esse, sia capace, attraverso l’energia delle onde-pensiero, di agire sulla materia, di influire, cioè, sulle cose. Solo alla luce di questa verità, Denise capisce che per Ada il fiore consegnatole dal mare ha rappresentato un’ulteriore prova del fatto che l’amore può “fare risonanza”, anche dopo la morte, ma non sa, così come capita al lettore, se la donna ha ragione o se la sua convinzione è solo il segnale della follia generata in lei dalla sofferenza per la prematura scomparsa del compagno.

Il romanzo della Sturiale D’Agostino offre una riflessione amara sulla vita e sui suoi aspetti fondamentali, come la precarietà dell’esistenza umana, la fragilità della creatura uomo, ben rappresentate dalla precoce e improvvisa morte di Daniel, giovane e sano, a causa di un terribile e inaspettato aneurisma, ma anche da quella di Ada, causata da un banale calabrone, che si verifica proprio quando la donna ha ritrovato la voglia di ricominciare a vivere e di riabbracciare sua figlia. Nel testo l’autrice evidenzia anche un’altra delle caratteristiche proprie dell’esistenza umana, e cioè l’antinomia tra i progetti dell’uomo e l’impossibilità di realizzarli, attraverso le vite di Ada e Daniel, per esempio, a cui la morte impedisce di realizzare il sogno di trascorrere insieme il resto della loro vita.

 

L’amore e la fede come chiavi di risposta alle nostre domande

Ma Cerchi d’acqua è soprattutto un romanzo sull’amore, sulla sua importanza, anzi “essenzialità”, e sul suo essere addirittura qualcosa di sovrasensibile, come si capisce analizzando il titolo dell’opera. L’amore è presente nel romanzo in tutti i sui aspetti: come sentimento verso il prossimo, ha il volto dell’attaccamento al proprio compagno, ai propri cari, ma anche quello dell’amicizia vera, disinteressata, autentica e solo l’amore, sembra dire l’autrice, è ciò che dà colore e sapore alla vita, ciò che la rende degna di essere vissuta. L’amore è presente, inoltre, anche come sentimento verso Dio, perché, come dice Delpho, e il fatto che questi sia uno scienziato non è secondario: «La scienza potrà spiegare i più nascosti meccanismi che regolano la vita, ma giammai potrà riuscire a capire il senso dell’esistenza. Solo la fede può farlo: additando il fine della vita terrena può giustificarne la fine». La fede è dunque la chiave di volta dell’esistenza, ciò che le dà senso, e che permette all’uomo di accettare la sua difficile condizione, fornendogli le risposte agli interrogativi sulla vita e sulla morte. L’importanza della fede, nel romanzo, emerge anche in maniera meno diretta: non rivelando il vero significato del papavero, se cioè esso sia qualcosa di terreno o di trascendente, facendo quindi sì che esso si presti a più interpretazioni, la scrittrice esemplifica lo scacco della ragione di fronte a tanti aspetti dell’esistenza, che rende naturale e necessario il ricorso alla religiosità.

Molto suggestive le descrizioni della Sicilia, del mare e dei suoi paesaggi tipici, che fanno della natura, oltre che una “prova” dell’esistenza di Dio, un rimedio, una consolazione, ciò che con la sua bellezza attenua, placa il dolore dell’uomo, elemento proprio e intrinseco del suo essere.

Cerchi d’acqua è un romanzo interessante, pieno di saggezza, che porta al lettore un messaggio positivo, di speranza, che abbraccia il sensibile e il trascendente, alla luce del quale, tutto, anche la sofferenza, può trovare un senso e si può guardare con occhi diversi perché, come afferma Ada: «Il corpo è semplicemente la parte tangibile dell’uomo. La sua essenza, vivificata dallo spirito, proseguirà incorrotta la Vita immortale».

 

Maria Chiara Mazzillo

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 51, novembre 2011)

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