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Anno V, n. 51, novembre 2011
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Filosofia e religioni (a cura di Maria Grazia Franzè) . Anno V, n. 51, novembre 2011

Zoom immagine Onore al liberalismo.
Quando gli opposti
non si attraggono

di Angela Galloro
Un saggio che analizza gli ideali
senza tempo. Armando editore


Gli argomenti trattati da Marco Ungarelli in questa sua seconda pubblicazione sono davvero tanti: si va dalla fisica all’etica, alla politica, all’economia, alla filosofia più pura, all’ideologia più cinica. Un bel po’ di carne al fuoco, forse, per un manager che ha elaborato da un curioso aneddoto (la Fiera antiquaria di Arezzo della quale è stato presidente) il titolo del suo volume, L’armonia degli opposti. Alla ricerca della libertà (Armando editore, pp. 160, € 15,00). Si tratta di un saggio completo e carico di nozioni di vario tipo che stimola il lettore a doverose e sempre varie riflessioni.

 

Alla libertà dal suo opposto

Ungarelli si avventura nel mondo filosofico degli antichi Greci, viaggiando fino ai giorni nostri senza mai lasciarsi nulla dietro. Eraclito, dal quale ha involontariamente preso in prestito il concetto della dinamicità del mondo attraverso i contrari, lascia il suo posto a Platone, a Gesù, a Hobbes e a Marx, e questi a loro volta passano il testimone a Popper e ad Einstein. Il melting’ pot, che l’autore azzarda, ha un unico scopo: la ricerca della libertà e la dimostrazione che solo determinati valori (spiegati sapientemente e in modo riassuntivo alla fine del saggio) ne possono vantare il raggiungimento. Scomodare i grandi del pensiero permette all’autore di argomentare la sua volontaria e precisa presa di posizione: lo storicismo materialista, che ha come padre Karl Marx, costituisce il male della società umana, l’annullamento completo del libero arbitrio, mentre il liberismo economico e l’atteggiamento politico reaganiano costituiscono l’affermazione della libertà, di una forma di disparità e di «invidia», più nobile, corretta e sana della meno competitiva uguaglianza.

 

Il metodo

Il percorso, ordinato e che l’autore porta avanti, passa necessariamente attraverso il metodo scientifico, che viene giustamente considerato come l’unica garanzia per delle corrette e verificate conclusioni. È proprio a questo proposito che entra in gioco tutto l’astio per il materialismo storico: l’autore critica la pretesa marxista di prevedere comportamenti sociali che, per la loro stessa definizione, risultano imprevedibili perché sottoposti a continue variabili, adducendo come motivazione il fatto che tutto quello che il comunismo andava predicando (lotta di classe, dominio assoluto del proletariato, sovvertimento del capitalismo e sua autodistruzione) non sia effettivamente avvenuto, sostituito invece da un progresso stabile e duraturo, basato sugli stessi mezzi di produzione.

Si potrebbe ribattere che tale progresso appare sempre più individuale, al limite settoriale, nei paesi capitalisti e liberali (dove di solito si assiste ad un declino dei valori etici inversamente proporzionale al progresso economico), ma “meglio per pochi che per nessuno” sarebbe la risposta sempre più comune al giorno d’oggi.

Interessante e piuttosto curata è la parte del saggio dedicata alla fisica quantistica prima, e al principio di indeterminazione di Heisenberg, poi. Quest’ultimo costituisce la prova sperimentale, matematica, inconfutabile che niente di quello che conosciamo è calcolabile e prevedibile nella sua essenza. Così come la misura della velocità di un corpo aumenta se diminuisce la misura della sua posizione – e viceversa – la libertà individuale e la libertà collettiva subiscono lo stesso contraccolpo: all’aumentare della libertà del singolo, della propria proprietà privata, della propria felicità diminuisce, in modo inevitabile la libertà di tutti, cioè dell’intera società. Sebbene l’autore ricada nello stesso errore che critica aspramente, quello cioè di ricondurre comportamenti sociali imprevedibili a formule precise (seppur di indeterminazione), bisogna ammettere che l’intuizione è frutto di una buona capacità di osservazione e di calcolo.

 

Etica e profitto

Peccato per la conclusione, che va decisamente a favore della libertà individuale in ogni campo: in politica il liberalismo, cioè il laissez faire è il rimedio all’arretratezza, al burocratismo e allo statalismo asfissiante. In economia, il suo corrispettivo, cioè il liberismo capitalista è l’unico modo per fronteggiare la crisi e perseguire l’ideale del progresso. In questo caso l’autore sfoggia l’economia statunitense con il suo minimo prelievo fiscale, criticando la nostra, vittima di corruzione continua, ignorando però che la corruzione, a cui assistiamo di giorno in giorno, proviene da un eccesso di quel laissez faire, che ha asservito il potere politico a quello economico concentrandolo nelle stesse mani. Certo, il progresso statunitense è encomiabile ma a scapito dell’assistenzialismo visto che, come sappiamo, le cure sanitarie, insostenibili nella grande democrazia federale, sono un lusso per molti.

A questo proposito dice bene l’autore quando ci fa notare come possa esistere democrazia senza libertà e anche il contrario, libertà senza democrazia: ma commette un errore etico quando considera in modo del tutto negativo le richieste e le rivendicazioni delle minoranze.

L’applicazione etica di tutto quello che l’autore scrive nella sua attualissima e pregnante dissertazione rappresenta un’apoteosi dell’anarchia individualista, e in tal modo, della disuguaglianza. Ne L’armonia degli opposti, infatti, l’uguaglianza è mancanza, come in fisica il freddo è semplicemente mancanza di calore. È morte termica, equilibrio non perfettibile, quindi stasi, limitazione della propria capacità decisionale, dell’iniziativa personale e libera, dell’arricchimento senza freni. In poche parole, l’uguaglianza consiste nel sacrificare il proprio individuale interesse a favore di quello collettivo, nella misura in cui la società o una persona sceglie: è uno scenario così insostenibile, così offensivo per la dignità umana?

 

«Balle galattiche»

Tra i pregi notevoli del saggio di Ungarelli, oltre all’abilità dell’autore di porgere ardui concetti scientifici alla portata di tutti, “abbassandoli” a fenomeni osservabili in ciò che ci circonda, c’è sicuramente, il coraggio di sfatare certe clamorose bugie con cui governi, associazioni e simili pretendono di lavarci il cervello: è il caso del Golden Rice e degli altri prodotti Ogm, vietati seppur utili allo scopo della denutrizione o del riscaldamento globale che costituisce forse la più grande presa in giro, della quale siamo costantemente vittime (leggere le prove per credere). In questi casi l’autore attribuisce tali errori a certi piccoli gruppi, o ad alcune personalità influenti, che si lascerebbero guidare dalla passione anziché dalla ragione alla quale, stabilisce il saggio, tutto dovrebbe essere sottoposto. Come si spiega, dopo questa fredda disquisizione scientifica di ogni campo dell’umano, l’accesa professione di fede, in Dio e insieme nella scienza, dell’ultimo capitolo? Con l’impossibilità dell’uomo di andare oltre certi limiti, oltre quelle Colonne d’Ercole che l’autore – insieme razionalista, umanista, illuminista – elenca.

 

Angela Galloro

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 51, novembre 2011)

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