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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Dibattiti ed eventi (a cura di Giulia De Concilio)

Sperimentalismo vario
e creatività senza tempo
attraverso opere diverse
tutte da interpretare

di Angela Galloro
Le opere dell’artista Scullari in una mostra postuma,
ne raccontano la vita e il ricco percorso intellettuale


Domenica 17 aprile si è aperta ufficialmente la mostra dedicata a Salvatore Scullari scomparso prematuramente l’anno scorso.

Numerose sono le sculture e le opere pittoriche che riempiono gli interni di Palazzo Gagliardi e che attendono gli sguardi di un pubblico interessato nel centro del capoluogo vibonese. La presentazione della mostra si è svolta alla presenza della famiglia dell’artista il quale, come ha raccontato commossa la figlia Alessia, avrebbe voluto organizzare di persona l’evento secondo un progetto già pronto da tempo. Si è parlato, durante l’inaugurazione, dell’avanguardismo di Salvatore Scullari e del suo instancabile sperimentalismo che l’ha portato – negli anni dal 1968 al 2010 – a ideare soluzioni sempre nuove dal punto di vista cromatico e materico, come lui stesso scrive nell’Autopresentazione all’inizio del catalogo (Salvatore Scullari 1968-2010, Intermezzi editore, pp.72, € 15,00), sempre «con l’unico intento di produrre “cose” interessanti».

Durante i ringraziamenti agli organizzatori e sponsor dell’evento e gli interventi dei relatori, scorrono, proiettate su un maxi schermo, le opere dell’autore. Dopo l’intervento del sindaco che ha rimarcato l’importanza dell’arte come strumento politico e di personalità come Scullari sul vivace territorio vibonese, viene invitato a parlare Franco Mellea, appassionato d’arte e molto amico dell’artista ha voluto dare un ricordo personale di Scullari, e nello stesso tempo delle sue opere, dal momento che i due aspetti (quello biografico e quello professionale) concorrono insieme alla continua ricerca pittorica.

 

Cognizione ed empatia

L’autore delle opere in mostra era un «vulcano di idee» racconta il relatore, sviluppava così un’intima relazione con le sue opere e soprattutto con il messaggio che esse trasmettono, trasferendo magicamente quest’empatia sul pubblico e sullo spettatore. Il soggetto che fruisce di opere come queste, non lo fa solo attraverso la cognizione pura e semplice, influenzato così da canoni estetici, dalla cultura di cui è permeato, dal momento storico in cui vive, ma da un rapporto antico e istintuale con la bellezza del dipinto di cui gode.

Mellea racconta di figure di cieli sovrapposti tagliati nel mezzo da una “V” in apertura con lo sfondo di una Vibo Valentia di qualche decennio fa, attraverso la quale l’autore vuole radicare la sua precisa identità nello spazio e nel tempo in cui ha vissuto, in quel mondo di colori tenui che lo ha visto crescere. E ancora la passione di Scullari per il caos, che esplicita nelle vivaci cromie di Cosmogonia dove la teoria del caos è raccontata nel modo più suggestivo possibile e diventa, per la prima volta, «un caos che distrugge e che crea» e che in altre opere si fa ordine di numeri e di lettere in fila consequenziale. Un ordine ritrovato, ma labile che ci mette poco a scomporsi e a far crollare le lettere in faccia a un uomo stupito di quella pioggia. Così la parola, primo elemento di evoluzione umana, va alla ricerca di sicurezze con Ho messo le puntine sulle i dove la ripetizione

ossessiva della lettera ricerca queste puntine da cancelleria, prima completamente su un «bianco allucinato», come racconta il relatore, e poi su sfumature colorate. Il cambio cromatico repentino che spezza la ripetitività è dovuto a dolori personali e aspetti biografici che entrano prepotentemente nelle opere e le modificano.

E ancora Senza parole raffigura un libro dove le parole tendono a formarsi, con sforzo sembra, e in quel medesimo equilibrio precario di certezze. Quella di Scullari è una continua decostruzione di domande e risposte (sono ricorrenti i punti interrogativi, di qualunque colore e costruiti con qualunque materiale) e «per questo motivo» conclude l’amico dell’artista «si vive un’esperienza di verità “heideggeriana” nell’approcciarsi a queste opere».

 

Un catalogo di avanguardie

Passeggiando tra i numerosi dipinti di Scullari si avverte l’impatto di diverse tendenze per nulla caotiche ma, che rispondono a un ordine biografico-cronologico. Ritratti di donne e uomini che alternano colori caldi e sciolti alla vivacità e al contrasto di rossi e gialli, contornati da linee geometriche e cubiste, e che quasi mai tendono al sinuoso, rappresentano il momento figurativo della mostra; mentre i codici a barre che nascondono insegne commerciali (la Coca Cola in primis), retaggio dell’arte riproduttiva e postmoderna degli anni ’60, tingono il periodo astratto/concettuale. Il Tempo si dipana su quattro tavole in cui le date, i giorni della settimana, i nomi dei mesi e degli anni si rincorrono sullo sfondo dei continui question marks. La spirale di violenza, riprodotta in varie forme e colori sempre più scuri, sembra una satira amara, come la Propaganda elettorale. Le Chiusure mentali su juta sembrano aprirsi utopicamente con una zip e la punteggiatura si sussegue ovunque delimitando pause, domande, bene, male, dolore, nascita e morte come nei dipinti La corruzione umana e Ho sollievo, dove le parole speculari perdono forma, rincorrono se stesse alla ricerca di un ordine.

 

Artematica

Ma è la cosiddetta “Artematica” il terreno di sperimentazione preferito dall’artista: un connubio fra l’arte e l’informatica, o meglio l’informatica raccontata attraverso un’arte tutto sommato tradizionale. I componenti interni del computer diventano parte integrante dei suoi dipinti, floppy disk e cd-rom volanti assumono speciali significati e il linguaggio binario diventa l’unico strumento utile a dirci qualcosa nel tempo della rivoluzione informatizzata. E finestre di Windows (come la scultura su infisso che apre la mostra sulle scalinate del palazzo) si alternano alla scoperta di altri sistemi operativi in una continua ricerca che utilizza colori brillanti e accesi e il linguaggio di programmazione per interrogare se stessa. Il tutto su materiale “povero” e sull’immancabile juta attraverso applicazioni di ogni oggetto possibile e quotidiano. L’informatica, sembra dirci Scullari, deve incuriosirci, interessarci e non trovarci passivi testimoni del nostro tempo, dal momento che invade tutti i campi di conoscenza. Sono messaggi criptati quelli del nostro artista, ma nello stesso tempo “democratici”, comprensibili e universalmente comprensibili.

La mostra si è tenuta fino al 23 aprile per limitata disponibilità dei locali. Per iniziativa della famiglia Scullari, il ricavato dall’acquisto del catalogo, accompagnato da un cd-rom con l’opera completa e la biografia dell’artista verrà devoluto all’Airc (Associazione italiana per la ricerca contro il cancro).

 

Angela Galloro

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 45, maggio 2011)

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT