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Anno I, n° 4 - Dicembre 2007
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Home Page (a cura di Tiziana Selvaggi) . Anno I, n° 4 - Dicembre 2007

Zoom immagine L’educazione delle masse
e il progresso intellettuale

di Daniela Graziotti
Apprendimento culturale e trasformazione sociale
da Sorel a Gramsci, in un volume della Rubbettino


C’è un filo che lega i vari saggi che compongono Il progresso intellettuale di massa (Rubbettino, pp. 288, € 22,00) di Vincenzo Orsomarso. Essi mostrano infatti un motivo in comune, rintracciabile nel nesso tra appropriazione collettiva del sapere e trasformazione sociale. Va detto che molti dei saggi riprendono considerazioni che l’autore ha espresso in alcuni articoli pubblicati sulla rivista Scuola e città nel periodo che va dal 1984 al 1999. Orsomarso è un insegnante di scuola media superiore, da sempre attento alle tematiche della divisione sociale del lavoro, e già autore di Lavoro, sapere e formazione: linee di ricerca (pubblicato dall’editore Sciascia). Degna di nota, nel nuovo libro, la Presentazione di Nicola Siciliani de Cumis, che dà qualche dritta utile a inquadrare meglio persino il significato del titolo. Sostiene infatti Siciliani de Cumis che «Il volume ha […] una propria chiave di lettura unitaria nell’ipotesi di un progresso intellettuale di massa, storicamente individuabile nelle diverse posizioni ideali e politico-culturali, di volta in volta prese in esame», ossia in quelle di Nikolaj Bucharin, Antonio Gramsci, Antonio Labriola, Pasquale Rossi, Georges Sorel ed altri.

 

Mastroianni e Siciliani de Cumis: la lezione gramsciana

Da rilevare, anche un’altra considerazione di Siciliani de Cumis secondo cui nel testo «è Gramsci l’Auctor di più esplicito riferimento storiografico e educativo [nella misura in cui] esprime l’esigenza di mettere in circolazione Labriola e […] ne critica duramente l’“oggettivismo” [e considerando inoltre che] un po’ come Bucharin (nonostante le differenze), affronta e risolve a suo modo il problema dei rapporti individuo-collettivo, libertà-disciplina, cultura di massa-alta cultura, struttura-sovrastruttura, pedagogia-antipedagogia». Gramsci, tuttavia, lo sappiamo bene, è un autore conteso da più parti e spesso male interpretato. Ma è il pensiero dello stesso Siciliani de Cumis a sembrarci un riferimento molto presente nell’opera di Orsomarso.

Accanto a Siciliani de Cumis, molto citato è un altro importante studioso, Giovanni Mastroianni. E non solo nel saggio su Bucharin, che riprende un articolo pubblicato in occasione della versione italiana, curata proprio da Mastroianni, del testo del 1921 del pensatore russo, La teoria del materialismo storico. Testo popolare della sociologia marxista (Unicopli, 1983). A proposito, di questa edizione, condotta sull’originale, Orsomarso sottolinea i pregi, ponendo il confronto con quella de La Nuova Italia di sei anni prima contenente una Presentazione di Valentino Gerratana e a cura di Andrea Binazzi (studioso che però Orsomarso non cita), la quale edizione si basava su una traduzione francese risalente al 1927. La posizione di Mastroianni viene riassunta nell’invito perentorio a «smetterla “con la registrazione acritica e unilaterale della lettura del meccanicismo buchariniano impostata da Antonio Gramsci nei Quaderni”».

 

La ricerca storiografica e la complessità del presente

Ne Il progresso intellettuale di massa si coglie l’evidente tentativo di legare la ricerca storiografica, svolta sulle opere di pensatori attivi tra la fine dell’Ottocento e la prima parte del secolo seguente, con l’analisi della complessità educativa, politica e sociale degli ultimi anni del millennio appena concluso. Così le riflessioni pedagogiche di Labriola sono segnalate come modello di una posizione che indica finalità opposte a quell’«appiattimento sulla logica dell’impresa capitalista», che caratterizzerebbe invece le nostre attuali istituzioni formative. Le stesse tesi di Pasquale Rossi sull’educabilità della folla sarebbero da interpretate come anticipatrici del concetto di “educazione permanente”.

Del resto proprio nelle opere di Rossi viene ravvisata una tappa importante del pensiero socialista: nello psicologo della folla cosentino «il fondamentale progetto di educazione di massa sembra essere l’inizio di un percorso […] di fuoriuscita dalle secche dell’evoluzionismo in cui era imbrigliata la cultura democratica e socialista tra i due secoli». In alcune considerazioni del Labriola concernenti il tema del colonialismo vi sarebbe poi la dimostrazione della difficoltà del pensiero socialista, nella sua storia, di «pensare e operare nella coscienza della longue durèe e di stabilire in questo quadro l’equilibrio tra libertà e necessità, fermo restando il prezioso deposito rappresentato dall’opera del Cassinate».

L’atteggiamento di Gramsci verso l’educazione si differenzia da quello mostrato da Labriola. In particolare, per il pensatore sardo la scuola è «acceleramento e disciplinamento» del processo di formazione, laddove per Labriola «il carattere sociale [dell’educazione] è costituito dall’accomodazione esistente».

Avendo già rilevato la presenza di un nesso che accomuna i saggi del testo, aggiungiamo che lo stesso ha un merito nel presentare, accanto all’Indice dei nomi, anche un Indice analitico, che aiuta il lettore nella ricerca di concetti quali, ad esempio, “Educazione permanente” o “Postfordismo” o ancora “Riforma intellettuale e morale”.

 

Il ruolo della pedagogia in Gramsci

Fin dal 1914 Gramsci avrebbe mosso la sua critica all’oggettivismo, giudizio che, secondo l’autore, risentirebbe di motivi soreliani e bergsoniani.

L’influenza di Mastroianni su Orsomarso sembra evidente nelle linee portanti del testo: «C’è da chiedersi se […] Gramsci non si apra piuttosto “nel fastidio della ragion pigra del socialismo tradizionale agli slanci bergsoniani del Sorel […], se il suo angolo visuale non sia piuttosto quello di tanti giovani socialisti che non per niente si raccolgono attorno a un Mussolini ridondante di sorelismo, bergsonismo, pragmatismo, misticismo attivistico”». E ancora nel seguente passo: «Per Gramsci, nei Quaderni, il problema diventa proprio quello di un “marxismo filosoficamente all’altezza dei suoi risultati politici”, consapevole della tendenzialità del movimento reale che è impasto di atti intellettuali, passioni e sentimenti imperiosi con premesse materiali».

Negli anni del carcere Gramsci avrebbe infatti operato una rivisitazione della filosofia della prassi, diretta a eliminare qualsiasi traccia di determinismo. Proprio nel passaggio da una concezione determinata ad una “aperta” del processo storico emergerebbe il ruolo di una pedagogia che «da supporto agli eventi diventa uno dei fattori centrali della costruzione politica». Gramsci avrebbe rilevato in Karl Marx la scoperta di un’innovazione filosofica a partire dallo studio, compiuto dal pensatore tedesco, dei lavori dell’economista Ricardo. Centrale allora la scoperta di una nuova “immanenza”, di un nuovo concetto di “necessità”. In conclusione, secondo Orsomarso «l’elemento pedagogico permanente e del tutto originale che caratterizza l’opera dell’intellettuale sardo, è rilevabile solo considerando il contesto in cui si inserisce, la riforma della filosofia della praxis, liberata tanto dal determinismo quanto dal volontarismo».

 

Bonaventura Scalercio

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno I, n. 4, dicembre 2007)
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