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Anno V, n. 42, febbraio 2011
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Problemi e riflessioni (a cura di Francesca Rinaldi) . Anno V, n. 42, febbraio 2011

Zoom immagine Parole, verità e coscienza
per combattere l’illegalità

di Serena Poppi
Da Luigi Pellegrini editore una denuncia antimafia
nell’antologia sulla ’ndrangheta rivolta alle scuole


È sicuramente attuale fare ricorso al rispetto della legalità come valore da cui non è possibile prescindere, basti ricordare le motivazioni di alcuni recentissimi scompigli di governo o gli slogan, spesso strillati, di alcuni partiti politici italiani.

L’antologia inizia con Giovanni De Nava, nato  ben più di un secolo fa, ovvero nel 1873, per proporre un esempio di letterato che accusa, per la prima volta in una poesia, le associazioni organizzate nate nella malavita, parlando esplicitamente di “picciotteria”, termine utilizzato solo nelle aule giudiziarie:

«Sarannu i camurrista ’e i picciottedda / chi campunu ’nto sgarru».

Una “picciotteria” che sfruttava il degrado sociale, economico ed ambientale in cui versava la Calabria.

Si continua con altri autori (16 in totale) in questa raccolta di testi letterari sulla ’ndrangheta dal titolo Senza Onore (Luigi Pellegrini editore, pp. 112, € 15,00) che l’autore, Antonio Nicaso, vuole destinare alla scuola, con la convinzione che l’opera letteraria possa far capire meglio allo studente le dinamiche degli oppressori, che crescendo nella malavita producono ’ndrangheta, perché «Lo scrittore vede e, dunque, consente di vedere».

 

Lo stato si muove, ma…

Sono opere che, per lo più, traggono la propria ispirazione dalle condanne di associazione a delinquere che il Tribunale di Reggio Calabria, ma non solo, infligge a persone, paesani, tutte con una professione altra, perfettamente legale, che non quella malavitosa. Dai magistrati, infatti, parte e si sviluppa il coraggio di vedere e riconoscere come tali alcuni comportamenti criminali, ma è ai letterati che spetta il compito di diffondere questa nuova coscienza e renderla comprensibile a tutti. Non sempre, però, gli autori italiani ci sono riusciti, anzi, hanno faticato a cogliere la vera essenza di organizzazione che origina le proprie attività dalla “picciotteria”, dai sequestri di persona, ma che ha saputo trasformarsi per adattarsi alle nuove pressioni delle autorità, al punto che oggi raggiunge un fatturato annuo di 36 miliardi di euro (N. Gratteri, A. Nicaso, Fratelli di sangue, Luigi Pellegrini editore). Viene definita un’organizzazione fluida, capace di specializzarsi in molti settori e rimanere allo stesso tempo ancorata ad arcaiche tradizioni (S. Lupo, La storia della mafia, Donzelli). Molte azioni sono state intraprese: gli aiuti che lo stato ha accordato al Meridione al fine di riscattarlo ed eliminare l’atavica disuguaglianza con il resto del paese sono stati manipolati e dirottati verso la mafia stessa (R. Sciarrone, Mafie vecchie mafie nuove, Donzelli). Si è capito allora che dovevano essere adottati nuovi strumenti per colpire le mafie: sul versante economico si vedano le leggi sulla confisca dei beni (ad esempio la legge Rognoni-La Torre, 1982) o sulla possibilità di utilizzare i beni confiscati alle mafie per un uso sociale (legge 109 del 1996); manovre più efficaci rispetto all’assegnazione incontrollata di finanziamenti. La consapevolezza di dover adottare strategie più mirate per colpire la ’ndrangheta rappresenta un cambiamento, una maturazione nel processo di lotta e di presa di coscienza di quanto la malavita abbia permeato la società, la politica e l’economia del nostro Belpaese. Proprio su questo nuovo modo di pensare Nicaso concentra i propri sforzi di educatore: «Naturalmente, il problema non è soltanto normativo, ma anche culturale, sociale. E quindi è necessario promuovere la cultura della legalità, soprattutto tra i giovani» (Francesca Viscone, www.bottegascriptamanent.it, anno I, agosto 2007). «Quello della lotta alla mafia è un problema anche culturale, di mentalità [...] Bisognerebbe investire di più nell’istruzione e nella ricerca [...] Il ruolo della scuola è fondamentale. Legalità e cittadinanza sono valori fondamentali che si acquisiscono sui banchi e tra le mura domestiche [...] Per potere agire nella legalità, bisogna essere soprattutto buoni cittadini, uomini e donne che non devono barattare diritti e bisogni con favori» (Rosa Frammartino, www.noidonne.org, agosto 2010).

 

Uno strumento didattico

In Senza Onore emerge come la ’ndrangheta abbia nascosto dietro il volto agrario e la rozza ruralità delle origini un’altra faccia terribilmente violenta, che trae la propria forza nei legami di sangue dei calabresi, e non solo, che hanno ceduto alle lusinghe e alle minacce di questa parte oscura. Con La famiglia Montalbano (1973) di Saverio Montalto, vero nome Francesco Barillaro, autore di un omicidio oltre che del romanzo, si assiste per la prima volta ad una narrazione basata su avvenimenti reali, in cui la ’ndrangheta è rappresentata come protagonista di crudeltà e violenza, resa ancora più forte dalla volontà di silenzio, di tacere ciò che si sa. Un principio saldo dell’organizzazione, dovuto al fatto che la maggior parte delle “’ndrine” (piccole organizzazioni locali) è costituita da famigliari, sangue del proprio sangue, rendendone quasi impossibile la denuncia.

Una proposta fuori dal coro viene da Francesco Perri (1885-1974) per il quale l’unica possibilità per la massa di elevarsi è il «canto d’amore» di fronte ad un mondo che esclude i più deboli e costringe l’uomo a farsi giustizia per difendere il proprio onore, un altro dei principi cardini della ’ndrangheta.

Con quali strumenti poter affrontare e promuovere la cultura alla legalità, Nicaso ce lo propone con questo testo che, affiancato a documentazioni scientifiche e fonti reperibili, stimola riflessioni che vanno diritte alle coscienze, ai cuori di quelli che formeranno la società futura e decideranno, quindi, se alzare la testa e mettere fine ad una vita fatta di paure e vendette.

 

Serena Poppi

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 42, febbraio)

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