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A. XVIII, n. 199, aprile 2024
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Politica ed Economia (a cura di Maria Franzè)

Zoom immagine La capacità di rinnovo
del passato, ispirazione
per moda, linguaggio
e vita quotidiana oggi

di Rosina Madotta
Da Meltemi editore un saggio per approfondire il concetto di vintage
da intendersi come rielaborazione e riciclo di miti e idee evergreen


In uno spot pubblicitario “anti- rétro” di una nota casa automobilistica francese, alcuni testimonial come John Lennon, Marcello Mastroianni e Marilyn Monroe, in spezzoni di filmati “resuscitati” dal passato e alquanto discutibili, criticano le persone che rivangano il passato. Uno degli slogan recita: «Il passato è il passato. Perché questa nostalgia degli anni Sessanta e Settanta? Cercare l’ispirazione guardandosi indietro, copiando il passato, questo non è rock ‘n roll. Fate qualcosa di nuovo, siate voi stessi. Vivete la vita adesso». Il saggio della semiologa e docente di Sociolinguistica all’Università di Bari, Patrizia Calefato, Gli intramontabili. Mode, persone, oggetti che restano (Meltemi, pp. 192, € 18,00) espone una tesi diametralmente opposta a quella dei pubblicitari sottolineando, invece, il concetto di vintage, di rétro come rielaborazione e restituzione del passato, di evergreen. Il riciclo, il riuso, la rielaborazione di oggetti, indumenti, concetti. I segni che vivono e si consumano, che passano e cadono nel disuso, si evolvono e si trasformano, ritornano e poi restano. La semiologia applicata al campo della moda, delle mode e del costume. Si potrebbe riassumere in queste proposizioni chiave il saggio – accademico ma non troppo – dell’esperta in semiologia, la quale analizza i “classici”, gli oggetti, le tendenze, le persone che non vengono dimenticate con il trascorrere degli anni e, dopo la loro scomparsa, ritornano di moda con il loro stile di vita e i modi di fare.

 

Classico o vintage?

La Calefato inizia la sua analisi con la definizione data da Italo Calvino dei “classici” che «si nascondono nelle pieghe della memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale» e «ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume)». Calvino si riferiva al mondo dei libri e della lettura ma la definizione si apre agevolmente a interpretazioni, a significati più ampi e in settori diversi, per cogliere nelle forme di comunicazione del passato i segni che, riplasmati in nuove strutture, ricompaiono come citazioni.

Il filo conduttore che attraversa tutto il libro è la moda del vintage. «Oggi molti oggetti, segni e persone vengono, per così dire, rimescolati nella “centrifuga” di ciò che si definisce vintage» sottolinea la semiologa nell’introduzione, e continua «il riciclo, il riuso, la rielaborazione di oggetti, materiali e indumenti sono pratiche sociali ed estetiche che si manifestano entro una pluralità di ambiti espressivi: design, arredamento, moda». Un disco in vinile dei Beatles, la vecchia Cinquecento degli anni ’60 rimessa a nuovo oppure il nuovo modello della Fiat che ne trae ispirazione e la cita nel nome e nelle forme, una giacca con le spalline stile anni ’80, Grace Kelly e Jacqueline Kennedy: una lista di cose, oggetti, personaggi, fenomeni che non hanno – apparentemente – nessun legame tra loro ma che, al contrario, sono accomunati da un unico concetto, sono tutti evergreen.

Il riuso, principalmente di oggetti, suppellettili d’arredamento e capi di vestiario si esprime in modi diversi: riproduzione industriale e in serie per ri-popolare il mercato del lusso; al contrario recupero, nato dalle esigenze economiche delle classi sociali meno abbienti, dei rifiuti con consequenziale riciclo dei materiali come plastica, vetro, legno e messa a nuovo di oggetti vari; rivalutazione dei mercatini dell’usato nei quali gli appassionati spulciano per ore e ore ritrovando e riportando alla luce pezzi di storia, frammenti di vita appartenuti ad altri.

E rifacendosi al mondo della moda l’autrice propone dieci parole che hanno segnato e creato la moda nel secolo scorso, una sorta di dizionario-promemoria per segnalare la persistenza da decenni nei nostri armadi di alcuni capi diventati ormai d’uso scontato e quotidiano: bikini, cerniera, collant, impermeabile, jeans, minigonna, nylon, reggiseno, t-shirt, top model.

L’autrice non tralascia l’Italian style che nasce e spopola nel Secondo dopoguerra dalla collisione della grande tradizione sartoriale italiana con l'interpretazione della moda di strada e segna un passaggio fondamentale nella storia del vestito e del costume: dalle confezioni su misura create da un sarto si passa al consumo massificato e in serie degli abiti con la standardizzazione dei corpi tramite le taglie.

 

Il mito della “tigre di Cremona”

Patrizia Calefato dedica un intero capitolo ad analizzare il mito di Mina durante il periodo compreso dalla metà degli anni Cinquanta fino agli anni Settanta e propone un’interpretazione in chiave semiotica dello stile, delle apparizioni televisive, dei testi delle canzoni. Un personaggio che con la sua figura ha accelerato alcuni fenomeni importanti nella cultura di massa delle giovani generazioni e nell’affermarsi dei mezzi di comunicazione quali la televisione. Gli spettacoli televisivi trasmessi da un mezzo di diffusione pubblico entrano nella spazialità e nella temporalità della vita privata familiare con il loro linguaggio via via in trasformazione con il passare dei decenni. E Mina è protagonista assoluta entrando in scena con le sue movenze, i suoi abiti, interagendo con il pubblico presente negli studi televisivi, con l’orchestra, con i telespettatori. Grazie ai testi delle sue canzoni la lingua quotidiana, e soprattutto quella dei più giovani, si arricchisce di nuove accezioni sottolineando l’importante legame tra le trasformazioni delle forme linguistiche nel dopoguerra e i mass media. E proprio a voler sottolineare il modo di comunicare di quest’artista racchiuso in una figura poliedrica, la studiosa afferma «Sono proprio le parole a incrociarsi nella dimensione costitutivamente dialogica non solo dei testi delle canzoni, ma anche e in modo speciale nella figura di Mina come presentatrice-conduttrice-intrattenitrice-diva-personaggio complessivo che ospitava nel suo spazio figure illustre del tempo».

Nel 1978 la cantante si ritira definitivamente dalle scene evitando ogni sorta d’apparizione pubblica, ma il suo ricordo, la sua rievocazione è, dopo tre decenni, ancora viva. E proprio negli ultimi anni l’artista Nicky Nicolai è la citazione vivente di Mina: ne ripropone lo stile, l’accento, le inflessioni vocali facendone rivivere l’unicità.

La lettura del saggio è interessante e divertente. Il testo è permeato dalla prima all’ultima pagina da una meta-testualità essendo esso stesso intriso di citazioni, riferimenti tratti dal passato, da film famosi, da canzoni ritornati grazie alla penna e alla scrittura, originale e scorrevole della semiologa barese. Tramite le mode che hanno accompagnato la corporeità privata l’autrice allarga il suo sguardo per intravedere le mutazioni della collettività. Il grande pregio della Calefato è, difatti, quello d’aver esaminato e scavato in fenomeni quotidiani, apparentemente insignificanti, per trarne i segni del cambiamento del costume, dei modi di vivere nella società italiana durante gli anni del boom economico, le motivazioni e le dinamiche che hanno accompagnato queste mutazioni, per molti aspetti radici della società odierna.

 

Rosina Madotta

 

(www.bottegascriptamanent.it, anno V, n. 41, gennaio 2011)

 

Collaboratori di redazione:
Elisa Guglielmi, Ilenia Marrapodi
Progetto grafico a cura di: Fulvio Mazza ed Emanuela Catania. Realizzazione: FN2000 Soft per conto di DAMA IT